Se Silvio Berlusconi non fosse stato prescritto per il processo Mills, sarebbe probabilmente stato assolto per insufficienza di prove perché la ‘prova regina’, ovvero la lettera-confessione scritta dell’avvocato inglese ai propri fiscalisti nel 2004, non può essere utilizzata contro il Cavaliere. Sono paradossali le motivazioni della prescrizione del 15 febbraio nei confronti di Berlusconi, imputato per avere corrotto il teste David Mills, depositate dalla giudice Francesca Vitale, e riportate oggi dal Corriere della Sera. Motivazioni scritte e depositate in solitaria. La presidente Vitale ha scelto infatti di redarre e firmare il testo senza coinvolgere i giudici a latere Caterina Interlandi e Antonella Lai. E di non sottoporlo alle colleghe prima di inviarlo alla cancelleria del Tribunale di Milano, con qualche giorno d’anticipo sui tempi previsti. Una scelta consentita dalla legge, ma inusuale, soprattutto in un processo così importante. E per una decisione che contiene passaggi davvero sorprendenti.
A cominciare, appunto, dalla valutazione della lettera-confessione. Per il giudice Vitale, infatti, il documento in cui Mills ammetteva di aver ricevuto 600.00 dollari dall’ex premier va buttato nel cestino. Per giustificare la scelta, il presidente cita una sentenza della Corte di Cassazione del 2009 , secondo la quale le dichiarazioni a danno di altri, se contenute in un documento, non hanno valore di prova “a meno che non siano accompagnate da una ulteriore illustrazione orale da parte dell’autore nella cornice dialettica garantita dal meccanismo orale di domanda e risposta”. Mills però, sostiene il giudice, il contenuto del documento non lo ha voluto illustrare. Anche se il legale è stato a lungo sentito dalle parti. E nel suo interrogatorio al processo, tra emicranie lancinanti e anche una presunta crisi cardiaca, ha ritrattato la precedente confessione davanti ai pubblici ministeri, sostenendo di essere sì stato l’autore della lettera, ma di averci scritto sopra cose false. Per paura del fisco che gli chiedeva conto di quei soldi.
Attenzione. Il giudice fa capire chiaramente di non credere alla ritrattazione di Mills. Sottolinea come nelle ore e ore di domande e risposte “con un atto di contrizione (mal) recitato per tentare di allontanare da Berlusconi ogni sospetto”, l’avvocato inglese abbia dato una versione “infarcita di incongruenze, imprecisioni, inverosimiglianze”. Ma tutto questo non importa, perché, secondo il giudice Vitale, la deposizione in cui Mills “nega la veridicità di quanto rappresentato nella lettera”, pur “in sé non credibile”, svuota “di significato quale mezzo probatorio anche la lettera, e a cascata le stesse deposizioni dei fiscalisti Drennan e Barker, genuini e attendibili” che “perdono la loro forza probante”.
Insomma per il giudice Vitale – che a inizio processo aveva tentato inutilmente di evitare di presiederlo – visto che la lettera non vale come prova, non valgono nemmeno le dichiarazioni di Mills e pure quelle dei due fiscalisti che però, al contrario di quanto scritto nella sentenza, non si sono limitati a deporre sul contenuto della lettera, ma hanno spiegato per ore cosa Mills aveva riferito loro, confermamdo che il legale inglese aveva detto di aver ricevuto del denaro da Berlusconi dopo averli evitato “un mare di guai”.
Del tutto diversa era stata la valutazione dei giudici di primo grado che avevano condannato David Mills, poi prescritto in Cassazione, per essere stato corrotto nell’interesse di Silvio Berlusconi: “Quanto dichiarato, a partire dalla lettera del 2 febbraio 2004, trova pieno riscontro nelle emergenze dibattimentali. Tanto che da tale lettera si potrebbe tranquillamente prescindere: è quanto accertato nel presente procedimento a trovare riscontro” in quel testo.
In ogni caso il risultato straordinario dei ragionamenti del giudice, che ha depositato la sentenza con dieci giorni di anticipo sul previsto, e non ha avvisato le altre due sue colleghe del collegio, Lai e Interlandi, è uno solo: cancellare le prove in virtù di un’interpretazione procedurale.
Francesca Vitale così scrive che “nessuna verità, neppur processuale, può dirsi raggiunta” se si osserva “il rispetto che si deve alle norme anche quando siano scomode e conducano a risultati insoddisfacenti non solo per la pubblica accusa, ma anche per l’imputato”. Anche se Berlusconi ha di che gioire, perché una volta cancellata la lettera e le deposizioni conseguenti, per il giudice resta “il quadro di incertezza” che ” non consente di affermarne l’assoluta estraneità ai fatti” e “non fornisce prova evidente dell’innocenza”, ma nemmeno l’assoluta prova della colpevolezza.
Eppure proprio la corte di Cassazione aveva affermato l’esatto contrario. Per i supremi giudici il quadro era infatti molto chiaro (qui l’articolo di Peter Gomez e Antonella Mascali sulle motivazioni della Cassazione su Mills): il legale inglese era stato corrotto nell’interesse dell’ex premier. Anche se per una ventina di giorni era scattata la prescrizione e Mills aveva evitato la pena detentiva venendo però condannato a un salato risarcimento danni.
Le motivazioni della sentenza a carico di Berlusconi riservano comunque altre sorprese. Perché, secondo il giudice Vitale, sono chiare le resposabilità di chi ha fatto prescrivere il processo. Nelle 77 pagine del documento viene a questo proposito fornito un lungo (e presunto) elenco. Si parte con i pm, che hanno indagato troppo a lungo (e ci si dimentica che la legge ex Cirielli nel 2005 ha di fatto dimezzato i termini di prescrizione, ndr), si prosegue con il tempo trascorso tra il rinvio a giudizio nel 2006 e la prima udienza del 2007, per arrivare a sorpresa fino al collegio presieduto da Nicoletta Gandus che, iniziò il primo dibattimento contro Berlusconi e Mills, per poi stralciare la posizione del premier quando il lodo Alfano (alla fine dichiarato incostituzionale, ndr) rese di fatto impossibile pensare di arrivare a conclusione in tempi certi e rapidi. Quella scelta, secondo il giudice Vitale, “le cui ragioni, al di là della motivazione formale, restano sinceramente oscure”, ha “posto una pesantissima ipoteca sul processo all’allora premier”.
Le cose però stanno in tutt’altro modo. Come è noto, infatti, se il collegio presieduto dalla Gandus non avesse separato le posizioni il procedimento a carico di Mills sarebbe poi arrivato solo al primo grado come avvenuto con Berlusconi.
Nelle pagine della motivazioni, per un processo che è costato oltre 600mila dollari tra perizie e controperizie, ci sono anche le critiche alla Procura di Milano per “le inopportune e reiterate sollecitazioni del pm sulla fissazione del calendario” e, riporta il Corriere “circa l”accoglimento della disponibilità dell’imputato a celebrare i suoi processi il lunedì in cambio della non opposizione di legittimi impedimenti, rimarca che questa linea “con il dissenso ripetutamente manifestato dal pm”, ma “condivisa dallo stesso presidente del Tribunale di Milano” Livia Pomodoro e da “tutti i giudici” dei quattro processi al premier “ha consentito un evidente risparmio di attività processuale”.
“Certamente – osserva la presidente – la ricusazione proposta da Berlusconi il 27 gennaio e decisa dalla Corte d’Appello il 23 febbraio ha costituito l’ostacolo finale alla tempestiva definizione almeno in primo grado del processo”, la cui prescrizione cadeva al 15 febbraio. Anche perché quel giorno il giudice avrebbe, a leggere queste motivazioni, probabilmente sentenziato l’innocenza dell’imputato, anche se con la formula dell’assenza carenza o contraddittorietà della prova. Adesso si attendono le mosse del pm di Milano Fabio De Pasquale il quale aveva fatto sapere che solo dopo la lettura delle motivazioni avrebbe valutato l’eventuale impugnazione del verdetto. Ma visto che in sede di udienza aveva sostenuto che la prescrizione per la Procura cadeva in estate non è improbabile che il ricorso verrà presentato.
Giustizia & Impunità
Processo Mills, le scelte solitarie del giudice Vitale e la lettera “cancellata”
La presidente del collegio ha scritto e depositato la sentenza su Silvio Berlusconi senza coinvolgere le colleghe Interlandi e Lai. Il documento contiene passaggi paradossali: il documento con cui il legale inglese confessò al suo fiscalista di aver ricevuto 600mila dollari dal Cavaliere non vale come prova perché avrebbe dovuto essere accompagnata da "una ulteriore illustrazione orale" di Mills
Se Silvio Berlusconi non fosse stato prescritto per il processo Mills, sarebbe probabilmente stato assolto per insufficienza di prove perché la ‘prova regina’, ovvero la lettera-confessione scritta dell’avvocato inglese ai propri fiscalisti nel 2004, non può essere utilizzata contro il Cavaliere. Sono paradossali le motivazioni della prescrizione del 15 febbraio nei confronti di Berlusconi, imputato per avere corrotto il teste David Mills, depositate dalla giudice Francesca Vitale, e riportate oggi dal Corriere della Sera. Motivazioni scritte e depositate in solitaria. La presidente Vitale ha scelto infatti di redarre e firmare il testo senza coinvolgere i giudici a latere Caterina Interlandi e Antonella Lai. E di non sottoporlo alle colleghe prima di inviarlo alla cancelleria del Tribunale di Milano, con qualche giorno d’anticipo sui tempi previsti. Una scelta consentita dalla legge, ma inusuale, soprattutto in un processo così importante. E per una decisione che contiene passaggi davvero sorprendenti.
A cominciare, appunto, dalla valutazione della lettera-confessione. Per il giudice Vitale, infatti, il documento in cui Mills ammetteva di aver ricevuto 600.00 dollari dall’ex premier va buttato nel cestino. Per giustificare la scelta, il presidente cita una sentenza della Corte di Cassazione del 2009 , secondo la quale le dichiarazioni a danno di altri, se contenute in un documento, non hanno valore di prova “a meno che non siano accompagnate da una ulteriore illustrazione orale da parte dell’autore nella cornice dialettica garantita dal meccanismo orale di domanda e risposta”. Mills però, sostiene il giudice, il contenuto del documento non lo ha voluto illustrare. Anche se il legale è stato a lungo sentito dalle parti. E nel suo interrogatorio al processo, tra emicranie lancinanti e anche una presunta crisi cardiaca, ha ritrattato la precedente confessione davanti ai pubblici ministeri, sostenendo di essere sì stato l’autore della lettera, ma di averci scritto sopra cose false. Per paura del fisco che gli chiedeva conto di quei soldi.
Attenzione. Il giudice fa capire chiaramente di non credere alla ritrattazione di Mills. Sottolinea come nelle ore e ore di domande e risposte “con un atto di contrizione (mal) recitato per tentare di allontanare da Berlusconi ogni sospetto”, l’avvocato inglese abbia dato una versione “infarcita di incongruenze, imprecisioni, inverosimiglianze”. Ma tutto questo non importa, perché, secondo il giudice Vitale, la deposizione in cui Mills “nega la veridicità di quanto rappresentato nella lettera”, pur “in sé non credibile”, svuota “di significato quale mezzo probatorio anche la lettera, e a cascata le stesse deposizioni dei fiscalisti Drennan e Barker, genuini e attendibili” che “perdono la loro forza probante”.
Insomma per il giudice Vitale – che a inizio processo aveva tentato inutilmente di evitare di presiederlo – visto che la lettera non vale come prova, non valgono nemmeno le dichiarazioni di Mills e pure quelle dei due fiscalisti che però, al contrario di quanto scritto nella sentenza, non si sono limitati a deporre sul contenuto della lettera, ma hanno spiegato per ore cosa Mills aveva riferito loro, confermamdo che il legale inglese aveva detto di aver ricevuto del denaro da Berlusconi dopo averli evitato “un mare di guai”.
Del tutto diversa era stata la valutazione dei giudici di primo grado che avevano condannato David Mills, poi prescritto in Cassazione, per essere stato corrotto nell’interesse di Silvio Berlusconi: “Quanto dichiarato, a partire dalla lettera del 2 febbraio 2004, trova pieno riscontro nelle emergenze dibattimentali. Tanto che da tale lettera si potrebbe tranquillamente prescindere: è quanto accertato nel presente procedimento a trovare riscontro” in quel testo.
In ogni caso il risultato straordinario dei ragionamenti del giudice, che ha depositato la sentenza con dieci giorni di anticipo sul previsto, e non ha avvisato le altre due sue colleghe del collegio, Lai e Interlandi, è uno solo: cancellare le prove in virtù di un’interpretazione procedurale.
Francesca Vitale così scrive che “nessuna verità, neppur processuale, può dirsi raggiunta” se si osserva “il rispetto che si deve alle norme anche quando siano scomode e conducano a risultati insoddisfacenti non solo per la pubblica accusa, ma anche per l’imputato”. Anche se Berlusconi ha di che gioire, perché una volta cancellata la lettera e le deposizioni conseguenti, per il giudice resta “il quadro di incertezza” che ” non consente di affermarne l’assoluta estraneità ai fatti” e “non fornisce prova evidente dell’innocenza”, ma nemmeno l’assoluta prova della colpevolezza.
Eppure proprio la corte di Cassazione aveva affermato l’esatto contrario. Per i supremi giudici il quadro era infatti molto chiaro (qui l’articolo di Peter Gomez e Antonella Mascali sulle motivazioni della Cassazione su Mills): il legale inglese era stato corrotto nell’interesse dell’ex premier. Anche se per una ventina di giorni era scattata la prescrizione e Mills aveva evitato la pena detentiva venendo però condannato a un salato risarcimento danni.
Le motivazioni della sentenza a carico di Berlusconi riservano comunque altre sorprese. Perché, secondo il giudice Vitale, sono chiare le resposabilità di chi ha fatto prescrivere il processo. Nelle 77 pagine del documento viene a questo proposito fornito un lungo (e presunto) elenco. Si parte con i pm, che hanno indagato troppo a lungo (e ci si dimentica che la legge ex Cirielli nel 2005 ha di fatto dimezzato i termini di prescrizione, ndr), si prosegue con il tempo trascorso tra il rinvio a giudizio nel 2006 e la prima udienza del 2007, per arrivare a sorpresa fino al collegio presieduto da Nicoletta Gandus che, iniziò il primo dibattimento contro Berlusconi e Mills, per poi stralciare la posizione del premier quando il lodo Alfano (alla fine dichiarato incostituzionale, ndr) rese di fatto impossibile pensare di arrivare a conclusione in tempi certi e rapidi. Quella scelta, secondo il giudice Vitale, “le cui ragioni, al di là della motivazione formale, restano sinceramente oscure”, ha “posto una pesantissima ipoteca sul processo all’allora premier”.
Le cose però stanno in tutt’altro modo. Come è noto, infatti, se il collegio presieduto dalla Gandus non avesse separato le posizioni il procedimento a carico di Mills sarebbe poi arrivato solo al primo grado come avvenuto con Berlusconi.
Nelle pagine della motivazioni, per un processo che è costato oltre 600mila dollari tra perizie e controperizie, ci sono anche le critiche alla Procura di Milano per “le inopportune e reiterate sollecitazioni del pm sulla fissazione del calendario” e, riporta il Corriere “circa l”accoglimento della disponibilità dell’imputato a celebrare i suoi processi il lunedì in cambio della non opposizione di legittimi impedimenti, rimarca che questa linea “con il dissenso ripetutamente manifestato dal pm”, ma “condivisa dallo stesso presidente del Tribunale di Milano” Livia Pomodoro e da “tutti i giudici” dei quattro processi al premier “ha consentito un evidente risparmio di attività processuale”.
“Certamente – osserva la presidente – la ricusazione proposta da Berlusconi il 27 gennaio e decisa dalla Corte d’Appello il 23 febbraio ha costituito l’ostacolo finale alla tempestiva definizione almeno in primo grado del processo”, la cui prescrizione cadeva al 15 febbraio. Anche perché quel giorno il giudice avrebbe, a leggere queste motivazioni, probabilmente sentenziato l’innocenza dell’imputato, anche se con la formula dell’assenza carenza o contraddittorietà della prova. Adesso si attendono le mosse del pm di Milano Fabio De Pasquale il quale aveva fatto sapere che solo dopo la lettura delle motivazioni avrebbe valutato l’eventuale impugnazione del verdetto. Ma visto che in sede di udienza aveva sostenuto che la prescrizione per la Procura cadeva in estate non è improbabile che il ricorso verrà presentato.
B.COME BASTA!
di Marco Travaglio 14€ AcquistaArticolo Precedente
Mediaset. Chiuso dibattimento, requisitoria il 4 giugno e sentenza in autunno
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Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "La sinistra radicale vuole cancellare la nostra storia, minare la nostra identità, dividerci per nazionalità, per genere, per ideologia. Ma non saremo divisi perché siamo forti solo quando siamo insieme. E se l'Occidente non può esistere senza l'America, o meglio le Americhe, pensando ai tanti patrioti che lottano per la libertà in America Centrale e Meridionale, allora non può esistere nemmeno senza l'Europa". Lo ha detto la premier Giorgia Meloni al Cpac.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Il Cpac ha capito prima di molti altri che la battaglia politica e culturale per i valori conservatori non è solo una battaglia americana, è una battaglia occidentale. Perché, amici miei, credo ancora nell'Occidente non solo come spazio geografico, ma come civiltà. Una civiltà nata dalla fusione di filosofia greca, diritto romano e valori cristiani. Una civiltà costruita e difesa nei secoli attraverso il genio, l'energia e i sacrifici di molti". Lo ha detto la premier Giorgia Meloni alla conferenza dei conservatori a Washington.
"La mia domanda per voi è: questa civiltà può ancora difendere i principi e i valori che la definiscono? Può ancora essere orgogliosa di sé stessa e consapevole del suo ruolo? Penso di sì. Quindi dobbiamo dirlo forte e chiaro a coloro che attaccano l'Occidente dall'esterno e a coloro che lo sabotano dall'interno con il virus della cultura della cancellazione e dell'ideologia woke. Dobbiamo dire loro che non ci vergogneremo mai di chi siamo", ha scandito.
"Affermiamo la nostra identità. Affermiamo la nostra identità e lavoriamo per rafforzarla. Perché senza un'identità radicata, non possiamo essere di nuovo grandi", ha concluso la Meloni.
(Adnkronos) - "Il nostro governo - ha detto Meloni - sta lavorando instancabilmente per ripristinare il legittimo posto dell'Italia sulla scena internazionale. Stiamo riformando, modernizzando e rivendicando il nostro ruolo di leader globale".
"Puntiamo a costruire un'Italia che stupisca ancora una volta il mondo. Lasciate che ve lo dica, lo stiamo dimostrando. La macchina della propaganda mainstream prevedeva che un governo conservatore avrebbe isolato l'Italia, cancellandola dalla mappa del mondo, allontanando gli investitori e sopprimendo le libertà fondamentali. Si sbagliavano", ha rivendicato ancora la premier.
"La loro narrazione era falsa. La realtà è che l'Italia sta prosperando. L'occupazione è a livelli record, la nostra economia sta crescendo, la nostra politica fiscale è tornata in carreggiata e il flusso di immigrazione illegale è diminuito del 60% nell'ultimo anno. E, cosa più importante, stiamo espandendo la libertà in ogni aspetto della vita degli italiani", ha concluso.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - L'Italia è "una nazione con un legame profondo e indistruttibile con gli Stati Uniti. E questo legame è forgiato dalla storia e dai principi condivisi. Ed è incarnato dagli innumerevoli americani di discendenza italiana che per generazioni hanno contribuito alla prosperità dell'America". Lo ha detto la premier Giorgia Meloni al Cpac a Washington. "Quindi, a loro, permettimi di dire grazie. Grazie per essere stati ambasciatori eccezionali della passione, della creatività e del genio italiani".
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - Standing ovation dalla platea della convention Cpac a Washington al termine dell'intervento video della premier Giorgia Meloni. Un intervento nel quale la presidente del Consiglio ha richiamato valori e temi che uniscono conservatori europei e americani, a partire dalla difesa dei confini, ribadendo la solidità del legame tra Usa e Ue. "I nostri avversari - ha detto Meloni- sperano che il presidente Trump si allontani da noi. Ma conoscendolo come un leader forte ed efficace, scommetto che coloro che sperano nelle divisioni si smentiranno".
"So che alcuni di voi potrebbero vedere l'Europa come lontana o addirittura lontana o addirittura perduta. Vi dico che non lo è. Sì, sono stati commessi degli errori. Le priorità sono state mal riposte, soprattutto a causa delle classi dominanti e dei media mainstream che hanno importato e replicato nel Vecchio Continente", ha affermato la premier.
La presidente Meloni ha fatto un passaggio sull'Ucraina ribadendo "la brutale aggressione" subito dal popolo ucraino e confidando nella collaborazione con gli Usa per raggiungere una "pace giusta e duratura" che, ha sottolineato, "può essere costruita solo con il contributo di tutti, ma soprattutto con forti leadership".
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - Le "elite di sinistra" si sono "recentemente indignate per il discorso di JD Vance a Monaco in cui il vicepresidente ha giustamente affermato che prima di discutere di sicurezza, dobbiamo sapere cosa stiamo difendendo. Non stava parlando di tariffe o bilance commerciali su cui ognuno difenderà i propri interessi preservando la nostra amicizia". Mo ha sottolineato la premier Giorgia Meloni nel suo intervento al Cpac.
"Il vicepresidente Vance stava discutendo di identità, democrazia, libertà di parola. In breve, il ruolo storico e la missione dell'Europa. Molti hanno finto di essere indignati, invocando l'orgoglio europeo contro un americano che osa farci la predica. Ma lasciate che ve lo dica io, da persona orgogliosa di essere europea - ha detto ancora - Innanzitutto, se coloro che si sono indignati avessero mostrato lo stesso orgoglio quando l'Europa ha perso la sua autonomia strategica, legando la sua economia a regimi autocratici, o quando i confini europei e il nostro stile di vita sono stati minacciati dall'immigrazione illegale di massa, ora vivremmo in un'Europa più forte".
(Adnkronos) - "I nostri avversari - ha detto Meloni- sperano che il presidente Trump si allontani da noi. Ma conoscendolo come un leader forte ed efficace, scommetto che coloro che sperano nelle divisioni si smentiranno. So che alcuni di voi potrebbero vedere l'Europa come lontana o addirittura lontana o addirittura perduta".
"Vi dico che non lo è. Sì, sono stati commessi degli errori. Le priorità sono state mal riposte, soprattutto a causa delle classi dominanti e dei media mainstream che hanno importato e replicato nel Vecchio Continente".