La BSA (Business Software Alliance) ha emesso anche quest’anno il suo rapporto sulla pirateria chiamato ‘Shadow Market‘, giunto alla nona edizione e curato dal Global Software Piracy Study. I dati che emergono confermano ancora una volta l’andamento già fatto registrare negli scorsi anni per quanto riguarda la pirateria a livello casalingo e negli ambienti di lavoro. Secondo il rapporto, il 48% del software installato nei pc italiani è illegale: questo significa che quasi un programma su 2 è stato scaricato ed installato in modo non legale. Se si osserva la stessa statistica riferita al 2010, si vede che l’Italia è scesa di un punto percentuale passando dal 49 al 48, ma ad essere significativo è il confronto con la media europea, anche lei scesa, ma dal 35 al 33%. Il Bel Paese rappresenta quindi un traino negativo in termini di legalità a livello informatico per l’Europa Occidentale, secondo solamente alla Grecia al 61% e a pari merito con Cipro e Islanda. In modo particolare si evince inoltre che il 57% degli intervistati ha chiaramente ammesso di aver fatto uso di software non originale, e tra questi il 5% in modo sistemico ed il 9% con una certa frequenza. Se a questi dati si aggiunge un 5% di indecisi o che non hanno voluto rispondere al sondaggio, i dati sono diventati davvero preoccupanti.
A destare un certo effetto sono state le stime del valore commerciale del software illegale installato nei computer di tutto il mondo: si è passati dai 58,8 miliardi del 2010 a 63,4 miliardi di dollari del 2011. Il ‘mercato ombra’ italiano contribuisce con 1,945 milioni di dollari ponendolo all’ottavo posto della classifica mondiale. Il primato spetta invece agli Stati Uniti seguiti a poca distanza dalla Cina e più indietro Russia, India, Brasile, Francia e Germania.
Sui dati del rapporto è intervenuto Matteo Mille, presidente di BSA Italia: “Se il 48% dei consumatori taccheggiasse i prodotti sugli scaffali dei negozi, questo sicuramente indurrebbe le istituzioni a intensificare la sorveglianza da parte delle forze dell’ordine e ad appesantire le pene per i trasgressori della legge. Invece il nostro Paese si trova ancor oggi privo di una salda normativa per la tutela della proprietà intellettuale in Rete, laddove altre nazioni europee stanno già traendo positivi risultati da innovazioni regolamentari che noi da tempo chiediamo alle Istituzioni, insieme alle altre associazioni di categoria dei titolari di diritti d’autore”.
Per contrastare il download illegale, è notizia proprio degli scorsi giorni l’investimento di 100mila dollari da parte di Microsoft per un progetto chiamato Pirate Pay, con il quale si riuscirebbe a disturbare la connessione dei potenziali pirati. Individuati i clienti ‘incriminati’, viene generata una certa quantità di traffico che funziona come una sorta di velo per nascondere i reali indirizzi ai clienti che vengono in qualche modo costretti a disconnettersi.