“Il governo mi ha delegittimato, sono quindi stato costretto a dimettermi”. Echeggiano ancora le parole di Tano Grasso rivolte al ministro Scajola il 30 ottobre 2001. Il sessantaquattrenne imprenditore di Capo d’Orlando che nel 1990 aveva promosso la Fondazione Antiracket e poi da parlamentare dell’allora Pds (eletto nel ’92 e rieletto nel ’94) era diventato nel ’99 primo commissario antiracket.

E’ lui il protagonista del documentario girato da Maria Martinelli e Vincenzo Vasile, il capitolo uno (L’antiracket) di Viaggio nel mondo dell’estorsione, che lunedì 21 maggio alle ore 17.30 sarà al cinema Lumiere di Bologna e lunedì 28 maggio alle ore 21 al cinema Nosadella sempre a Bologna.

Cinquantadue minuti che prendono vita nel novembre 2009 concentrandosi sul lavoro di Tano Grasso, ideatore dell’associazionismo Antiracket in Italia e per molti anni Presidente nazionale della Federazione delle Associazioni antiracket e antiusura italiane. Di seguito, nel suo sviluppo, il progetto incontra le realtà delle Associazioni di Lamezia Terme in Calabria e di Libero Futuro e Addio Pizzo a Palermo, per poi ritornare cronologicamente agli inizi dell’associazionismo negli anni novanta.

Al centro del racconto la battaglia compiuta ogni giorno contro l’estorsione e l’idea di un possibile futuro senza mafia. “Mentre lavoravo alla realizzazione del documentario mi rendevo conto che la novità del racconto stava nella lucidità e determinatezza con cui un collettivo, l’associazionismo anti-racket, formulava la sua strategia, come in una guerra”, ha spiegato Maria Martinelli, “Guerra che una parte del nostro paese è costretta a combattere mentre l’altra, troppo spesso, rischia di viverla come una problematica a lei estranea e si limita a guardare”.

“C’è un anno alfa dell’antiracket. E’ il 1991, l’anno in cui Libero Grassi, un industriale palermitano, si dissocia clamorosamente dalla normalità dei comportamenti dell’imprenditoria palermitana, sfida il suo estortore con una lettera aperta: “non ti pago”, scrive, va in tv e ripete il suo rifiuto, viene ucciso dalla mafia, vilipeso dai suoi colleghi in vita e in morte, “condannato” da Confindustria”, si legge tra gli appunti a margine del regista Vasile, “In quel 1991 prende corpo sempre in Sicilia il primo movimento organizzato contro il pizzo. In un’altra Sicilia, a Capo d’Orlando, un centro turistico bellissimo in provincia di Messina, fino ad allora considerato immune dalla mafia, anzi immunizzato da una vivace attività economica, commercianti, imprenditori, assaltati in quell’anno a colpi di bombe omicidi e intimidazioni da una organizzazione mafiosa che ha sede in un paese vicino, aggrappato alle montagne che sovrastano la costa”.

“In questo luogo simbolo le scorrerie degli estortori vengono respinte perché i commercianti e gli imprenditori orlandini si ribellano, trovano il coraggio di denunciare con nomi e cognomi chi vuol imporre la legge dell’estorsione mafiosa”, chiosa Vasile, “Al processo, il primo nella storia giudiziaria italiana che abbia origine dalla denuncia di imprenditori associati, questi sconosciuti commercianti e imprenditori siciliani segnano a dito e fanno condannare i mafiosi. Si uniscono nella prima organizzazione antiracket, l’Acio, creata da Tano Grasso, uno di quei commercianti che diventerà per un breve periodo commissario nazionale antiracket, con un ufficio di coordinamento al Viminale. Verrà cacciato da Berlusconi. E costruirà una rete nazionale di associazioni antiracket”.

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