Venti ore di tenace lavoro per non rischiare di lasciare i partiti senza soldi. Tutto avviene con uno strano silenziatore perché bisogna passare in fretta da un comma all’altro, dal mio emendamento al tuo, tanto vogliono tutti la stessa cosa. Soldi (un po’ meno di prima) per ciascun partito, e l’onorabilità perduta. “Perché non siamo tutti Belsito e Lusi”. Anzi, dobbiamo ascoltare un vigoroso discorso in difesa dei tesorieri. Non stanno pensando altro, fuori, in Italia, specialmente nelle zone del terremoto e fra le tribù degli esodati. E Beppe Grillo li aspetta. Poi toccherà ai sociologi spiegare lo strano voto “né di destra né di sinistra”. Giusto.

Qui, tranne i Radicali, Di Pietro, Arturo Parisi e alcuni di noi (noi: coloro che hanno dichiarato il dissenso) sparsi nel compatto Pd, tutti votano uguale. Sembra che sia al lavoro un bravo scenografo che di volta in volta fa apparire, e poi cancella, due paesaggi diversi. Il primo è pauroso al punto che le autorità di governo avvertono: non possiamo aiutare le vittime del terremoto. Ma improvvisamente la scena si illumina e compare una politica seria e affidabile che compie un grande gesto: dona metà del suo finanziamento pubblico ai bisogni del Paese. Il problema è che i soldi, sia quelli da incassare sia quelli da donare, non ci sono più, come ha già avvisato il governo, come ci stanno dicendo gli altri Paesi europei. Allora come pagare la politica? È un problema che condividiamo con il resto del mondo. Ma gli italiani non solo hanno già detto che cosa pensano del finanziamento pubblico dei partiti nel famoso e stravinto e rimosso referendum dei Radicali. Sono stati anche costretti ad assistere all’acquisto di diamanti da parte della vicepresidente del Senato e del suo collega Stiffoni e alla distribuzione delle “paghine” ai ragazzi Bossi, tutto (e ben altro) con soldi pubblici. Episodi di colore, direte. Ma c’è la solida testimonianza del senatore Lusi a darci notizie, in parte false e in parte vere, sullo stato di degrado e il livello di vergogna.

Ma il vero, disorientante problema è la ferma linea di condotta del versante presentabile dei partiti. Possibile che nessuno abbia intravisto il dislivello fra ciò che accade qui dentro e ciò che sta succedendo là fuori, dove ci sono abbandono, isolamento, paura e rischio di rivolta? Il treno del Parlamento, affollato di maggioranza senza partito e di partiti senza maggioranza, continua a correre, confidente e veloce, su un binario morto. Dispiace, ma andrà a sbattere.

Il Fatto Quotidiano, 25 Maggio 2012

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