Il referendum in Sardegna non è bastato. Lo slogan della consultazione era “Si cambia”, ma all’atto pratico nulla cambia. O almeno, non subito. Le quattro province sarde (Ogliastra, Medio campidano, Sulcis e Olbia – Tempio) cancellate venti giorni fa dalla consultazione ribattezzata anticasta sopravviveranno per altri nove mesi, fino a febbraio del 2013. Con tutto l’apparato: presidenti, giunte e assemblee. Lo ha deciso il consiglio regionale con una leggina approvata in modo trasversale da tutti i gruppi e partiti (Pdl, Pd, Udc, Psd’Az, Idv e Sel), con l’eccezione dei Riformatori sardi, sfrenati sostenitori della consultazione popolare. Al voto si è arrivati poco prima della mezzanotte, con una riunione fiume iniziata alle 19 che ha visto anche momenti di alta tensione e scontri verbali e fisici. Sono volate parole e anche gli occhiali tra Angelo Stochino, ogliastrino del Pdl e Paolo Maninchedda (Psd’Az), secondo quanto riportato da l’Unione sarda e la Nuova Sardegna.
Per le province da oggi ci sarà una sorta di gestione transitoria per l’ordinaria amministrazione e la ricognizione dei beni e del personale (oltre 500 dipendenti), nonché per scongiurare quello che i quattro giuristi consultati dal consiglio avevano definito il “caos giuridico”. La cancellazione immediata delle nuove avrebbe travolto anche le storiche (Cagliari, Sassari, Oristano e Nuoro) per via della delimitazione territoriale e avrebbe portato addirittura allo scioglimento degli organi regionali (consiglio e giunta).
L’iter. La norma prevede, dopo il promulgamento del decreto, una legge di riforma generale del sistema degli enti locali entro il 31 ottobre. Altra tappa il 31 dicembre, quando è prevista l’attuazione del procedimento. Il territorio sarà poi affidato ai comuni e alle Unioni dei comuni, in linea con il decreto Monti, ed è prevista anche una nuova consultazione popolare. Obbligatoria secondo la Costituzione e lo Statuto sardo quando si parla di territorio.
I super partes. Per garantire l’applicazione politica del risultato delle urne (il sì per l’abrogazione delle province ha superato il 97 per cento) si era costituito un comitato super partes di dodici intellettuali per rappresentare la scelta gli oltre 500mila elettori. E in molti interpretano la norma del consiglio come un tradimento: sulla bacheca Facebook del movimento referendario scoppia la rabbia: e la legge è già stata ribattezzata “salva province”. Duro attacco anche dal nuovo “Comitato anticasta” promotore nell’isola della raccolta firme per abbattere la diaria dei parlamentari: ” Il presidente Ugo Cappellacci si è dimostrato ignavo, la Giunta vergognosa complice e il Consiglio regionale simbolo del potere più cupo e meno incline ad ascoltare i sardi”. Gioisce invece Roberto Deriu (Pd), presidente della provincia di Nuoro e dell’Ups, in prima linea contro la consultazione tanto da aver presentato ben tre ricorsi al tribunale amministrativo e civile. Punta il dito sui soldi spesi (sono stati stanziati dalla Finanziaria 6 milioni di euro) e sulla confusione, ma soprattutto aspetta il risultato dell’ennesimo ricorso contro il voto. E la leggina che rivitalizza province non pone più scadenze immediate.
L’opposizione. Contro il governatore Ugo Cappellacci (Pdl) e la sua campagna pro referendum si scaglia anche l’opposizione di centrosinistra. Il capogruppo del Pd in consiglio regionale, Giampaolo Diana, contesta il suo atteggiamento poco propositivo per risolvere il rebus giuridico. E Luciano Uras (Sel), capogruppo del Misto chiede le sue dimissioni. Entrambi polemizzano sulla sue assenze.
E gli stipendi? Resta ora l’ultimo quesito abrogativo (gli altri cinque erano consultivi), quello che riguarda la modifica delle indennità dei consiglieri regionali (pari all’80 per cento di quella dei parlamentari). Sarà necessaria una legge anche in questo caso per colmare il vuoto amministrativo, e chissà che succederà in aula.
Politica
Referendum Sardegna, il voto non basta. Le province sopravviveranno fino al 2013
Il consiglio regionale, con una legge approvata da tutti i gruppi - con l'eccezione dei riformatori sardi - ha deciso di affidare ad una gestione transitoria la scomparsa delle quattro province cancellate con il voto popolare. I partiti si difendono: "Necessario per evitare il caos istituzionale". Ma per i comitati si tratta di un tradimento della volontà popolare
Il referendum in Sardegna non è bastato. Lo slogan della consultazione era “Si cambia”, ma all’atto pratico nulla cambia. O almeno, non subito. Le quattro province sarde (Ogliastra, Medio campidano, Sulcis e Olbia – Tempio) cancellate venti giorni fa dalla consultazione ribattezzata anticasta sopravviveranno per altri nove mesi, fino a febbraio del 2013. Con tutto l’apparato: presidenti, giunte e assemblee. Lo ha deciso il consiglio regionale con una leggina approvata in modo trasversale da tutti i gruppi e partiti (Pdl, Pd, Udc, Psd’Az, Idv e Sel), con l’eccezione dei Riformatori sardi, sfrenati sostenitori della consultazione popolare. Al voto si è arrivati poco prima della mezzanotte, con una riunione fiume iniziata alle 19 che ha visto anche momenti di alta tensione e scontri verbali e fisici. Sono volate parole e anche gli occhiali tra Angelo Stochino, ogliastrino del Pdl e Paolo Maninchedda (Psd’Az), secondo quanto riportato da l’Unione sarda e la Nuova Sardegna.
Per le province da oggi ci sarà una sorta di gestione transitoria per l’ordinaria amministrazione e la ricognizione dei beni e del personale (oltre 500 dipendenti), nonché per scongiurare quello che i quattro giuristi consultati dal consiglio avevano definito il “caos giuridico”. La cancellazione immediata delle nuove avrebbe travolto anche le storiche (Cagliari, Sassari, Oristano e Nuoro) per via della delimitazione territoriale e avrebbe portato addirittura allo scioglimento degli organi regionali (consiglio e giunta).
L’iter. La norma prevede, dopo il promulgamento del decreto, una legge di riforma generale del sistema degli enti locali entro il 31 ottobre. Altra tappa il 31 dicembre, quando è prevista l’attuazione del procedimento. Il territorio sarà poi affidato ai comuni e alle Unioni dei comuni, in linea con il decreto Monti, ed è prevista anche una nuova consultazione popolare. Obbligatoria secondo la Costituzione e lo Statuto sardo quando si parla di territorio.
I super partes. Per garantire l’applicazione politica del risultato delle urne (il sì per l’abrogazione delle province ha superato il 97 per cento) si era costituito un comitato super partes di dodici intellettuali per rappresentare la scelta gli oltre 500mila elettori. E in molti interpretano la norma del consiglio come un tradimento: sulla bacheca Facebook del movimento referendario scoppia la rabbia: e la legge è già stata ribattezzata “salva province”. Duro attacco anche dal nuovo “Comitato anticasta” promotore nell’isola della raccolta firme per abbattere la diaria dei parlamentari: ” Il presidente Ugo Cappellacci si è dimostrato ignavo, la Giunta vergognosa complice e il Consiglio regionale simbolo del potere più cupo e meno incline ad ascoltare i sardi”. Gioisce invece Roberto Deriu (Pd), presidente della provincia di Nuoro e dell’Ups, in prima linea contro la consultazione tanto da aver presentato ben tre ricorsi al tribunale amministrativo e civile. Punta il dito sui soldi spesi (sono stati stanziati dalla Finanziaria 6 milioni di euro) e sulla confusione, ma soprattutto aspetta il risultato dell’ennesimo ricorso contro il voto. E la leggina che rivitalizza province non pone più scadenze immediate.
L’opposizione. Contro il governatore Ugo Cappellacci (Pdl) e la sua campagna pro referendum si scaglia anche l’opposizione di centrosinistra. Il capogruppo del Pd in consiglio regionale, Giampaolo Diana, contesta il suo atteggiamento poco propositivo per risolvere il rebus giuridico. E Luciano Uras (Sel), capogruppo del Misto chiede le sue dimissioni. Entrambi polemizzano sulla sue assenze.
E gli stipendi? Resta ora l’ultimo quesito abrogativo (gli altri cinque erano consultivi), quello che riguarda la modifica delle indennità dei consiglieri regionali (pari all’80 per cento di quella dei parlamentari). Sarà necessaria una legge anche in questo caso per colmare il vuoto amministrativo, e chissà che succederà in aula.
Articolo Precedente
Il binario morto del Parlamento
Articolo Successivo
Lombardia, ticket sanitari vecchi e nuovi
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Mondo
Starmer chiede “pressioni su Putin” e annuncia una “riunione militare” dei Paesi ‘volenterosi’. Meloni: “L’Italia non invierà truppe. Lavoriamo con Ue e Usa”
Mondo
Attacco Usa su larga scala contro lo Yemen controllato dagli Houthi. “È anche un avvertimento all’Iran”
Cronaca
Manifestazione per l’Europa, “Siamo 50mila”. In piazza bandiere Ue, arcobaleno e “Bella ciao”. Dalla difesa comune al riarmo: le parole
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Gli attacchi aerei non scoraggeranno i ribelli yemeniti, i quali risponderanno agli Stati Uniti. Lo ha scritto sui social Nasruddin Amer, vice capo dell'ufficio stampa degli Houthi, aggiungendo che "Sana'a rimarrà lo scudo e il sostegno di Gaza e non la abbandonerà, indipendentemente dalle sfide".
"Questa aggressione non passerà senza una risposta e le nostre forze armate yemenite sono pienamente pronte ad affrontare l'escalation con l'escalation", ha affermato l'ufficio politico dei ribelli in una dichiarazione alla televisione Al-Masirah.
In un'altra dichiarazione citata da Ynet, un funzionario Houthi si è rivolto direttamente a Trump e a Netanyahu, che "stanno scavando tombe per i sionisti. Iniziate a preoccuparvi per le vostre teste".
Damasco, 15 mar. (Adnkronos) - L'esplosione avvenuta nella città costiera siriana di Latakia ha ucciso almeno otto persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale Sana, secondo cui, tra le vittime della detonazione di un ordigno inesploso, avvenuta in un negozio all'interno di un edificio di quattro piani, ci sono tre bambini e una donna. "Quattordici civili sono rimasti feriti, tra cui quattro bambini", ha aggiunto l'agenzia.
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Almeno nove civili sono stati uccisi e nove feriti negli attacchi statunitensi su Sanaa, nello Yemen. Lo ha dichiarato un portavoce del ministero della Salute guidato dagli Houthi su X.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Sono lieto di informarvi che il generale Keith Kellogg è stato nominato inviato speciale in Ucraina. Il generale Kellogg, un esperto militare molto stimato, tratterà direttamente con il presidente Zelensky e la leadership ucraina. Li conosce bene e hanno un ottimo rapporto di lavoro. Congratulazioni al generale Kellogg!". Lo ha annunciato su Truth il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Oggi ho ordinato all'esercito degli Stati Uniti di lanciare un'azione militare decisa e potente contro i terroristi Houthi nello Yemen. Hanno condotto una campagna implacabile di pirateria, violenza e terrorismo contro navi, aerei e droni americani e di altri paesi". Lo ha annunciato il presidente americano Donald Trump su Truth. Senza risparmiare una stoccata all'ex inquilino della Casa Bianca, il tycoon aggiunge nel suo post che "la risposta di Joe Biden è stata pateticamente debole, quindi gli Houthi sfrenati hanno continuato ad andare avanti".
"È passato più di un anno - prosegue Trump - da quando una nave commerciale battente bandiera statunitense ha navigato in sicurezza attraverso il Canale di Suez, il Mar Rosso o il Golfo di Aden. L'ultima nave da guerra americana ad attraversare il Mar Rosso, quattro mesi fa, è stata attaccata dagli Houthi più di una decina di volte. Finanziati dall'Iran, i criminali Houthi hanno lanciato missili contro gli aerei statunitensi e hanno preso di mira le nostre truppe e i nostri alleati. Questi assalti implacabili sono costati agli Stati Uniti e all'economia mondiale molti miliardi di dollari, mettendo allo stesso tempo a rischio vite innocenti".
"L'attacco degli Houthi alle navi americane non sarà tollerato - conclude Trump - Utilizzeremo una forza letale schiacciante finché non avremo raggiunto il nostro obiettivo. Gli Houthi hanno soffocato le spedizioni in una delle più importanti vie marittime del mondo, bloccando vaste fasce del commercio globale e attaccando il principio fondamentale della libertà di navigazione da cui dipendono il commercio e gli scambi internazionali. I nostri coraggiosi Warfighters stanno in questo momento portando avanti attacchi aerei contro le basi, i leader e le difese missilistiche dei terroristi per proteggere le risorse navali, aeree e di spedizione americane e per ripristinare la libertà di navigazione. Nessuna forza terroristica impedirà alle navi commerciali e navali americane di navigare liberamente sulle vie d'acqua del mondo".
Whasington, 15 mar. (Adnkronos) - Funzionari statunitensi hanno affermato che gli attacchi aerei contro l'arsenale degli Houthi, gran parte del quale è sepolto in profondità nel sottosuolo, potrebbero durare diversi giorni, intensificandosi in portata e scala a seconda della reazione dei militanti. Lo scrive il New York Times. Le agenzie di intelligence statunitensi hanno lottato in passato per identificare e localizzare i sistemi d'arma degli Houthi, che i ribelli producono in fabbriche sotterranee e contrabbandano dall'Iran.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - Funzionari statunitensi hanno detto al New York Times che il bombardamento su larga scala contro decine di obiettivi nello Yemen controllato dagli Houthi - l'azione militare più significativa del secondo mandato di Donald Trump - ha anche lo scopo di inviare un segnale di avvertimento all'Iran. Il presidente americano - scrive il quotidiano Usa- vuole mediare un accordo con Teheran per impedirgli di acquisire un'arma nucleare, ma ha lasciato aperta la possibilità di un'azione militare se gli iraniani respingono i negoziati.