Una morte prematura al giorno e 1.8 miliardi di euro di danni ogni anno (scarica il pdf). È il bilancio provvisorio dei “crimini” di Enel, prima azienda italiana e seconda in Europa per la fornitura di energia elettrica. Che, invece di investire su fonti di energia più pulite, punta sul carbone. A rivelare questi numeri da capogiro, che potrebbero addirittura crescere, è uno studio-choc commissionato da Greenpeace all’istituto di ricerca indipendente Somo. L’Ente nazionale per l’energia elettrica è dunque “il killer numero uno del clima” nel nostro Paese. E va fermato, secondo l’associazione ambientalista. Come? Portando la cittadinanza a prendere atto dei danni sanitari e dei veri costi che pesano su di essa. Per farlo, da questa mattina, centinaia di attivisti stanno recapitando nelle case degli italiani centomila “bollette sporche”. L’azienda ha risposto annunciando in una nota un’azione legale, bollando le accuse come “denigrazioni senza fondamento”.
Il carbone è la peggiore minaccia in termini di emissioni di gas serra. A livello globale, infatti, è responsabile di oltre il 40% della CO2 prodotta. In Italia, invece, le 13 centrali a carbone (8 di cui proprietà di Enel) producono il 14% dell’energia elettrica totale, ma emettono il 30% delle emissioni del settore termoelettrico.
“Ciò significa che su 37,3 milioni di tonnellate di CO2 emesse nel solo 2010, 26 milioni sono provenute dagli impianti Enel”, ricorda Andrea Boraschi, responsabile della campagna “Energia e clima” di Greenpeace Italia: “Emissioni che superano di molto quelle dell’intero trasporto su gomma del nostro Paese”. Se si dividono i danni economici per il numero delle famiglie italiane, poi, si scopre che il carbone costa circa 75 euro l’anno a nucleo familiare: “Molto più di quanto costino gli incentivi alle rinnovabili”.
I dati dello studio Somo raccolti, sono riferiti al solo 2009. Ma il miliardo e ottocento milioni di euro può passare a 2,1 miliardi, con la centrale di Civitavecchia a pieno regime. E gli impatti sanitari? Anche peggio: se i casi di mortalità prematura sono stati 366 nell’anno in questione, con l’impianto di Civitavecchia al massimo delle sue capacità diventerebbero addirittura 400. Ci sono poi anche quelli di Porto Tolle (provincia di Rovigo) e Rossano Calabro (provincia di Cosenza), che da anni Enel vuole convertire a carbone, che porterebbero i costi a crescere di altri 700 milioni di euro e le morti premature ad essere 95 in più ogni anno.
Cifre da record, che hanno portato Greenpeace ad impegnarsi in una massiccia campagna di sensibilizzazione. L’operazione “bollette sporche” (leggi la bolletta) è infatti parte di una della campagna mediatica “Facciamo luce su Enel”, una “caccia al serial killer del clima” che vede coinvolti migliaia di volontari. “Enel agisce sempre nello stesso modo, e le sue mosse sono riconoscibili, come quelle di un vero e proprio serial killer del clima”, accusa l’investigatore Greenpeace: “Su 37,3 milioni di tonnellate di CO2 emesse in Italia nel 2010, 26,2 provenivano dalle centrali Enel”.
“Enel non interloquisce più con noi, da quando abbiamo avviato questa campagna”, spiega Andrea Boraschi a ilfattoquotidiano.it: “All’inizio ci eravamo anche accordati per incontrarci”. Ciò che contesta Enel a Greenpeace, però, “non sono tanto i dati raccolti, quanto la metodologia utilizzata – aggiunge Boraschi – che è però la stessa utilizzata dall’Agenzia europea per l’ambiente (Eea) per stimare i danni delle emissioni atmosferiche degli impianti industriali in Europa, applicata su dati pubblici e di fonte istituzionale”.
La cosa peggiore, secondo gli attivisti, è che non sembra esserci nessuna intenzione di cambiare rotta, da parte dell’Ente nazionale per l’energia elettrica: “Quando ha acquisito la società spagnola Endesa, Enel ha tenuto per sé gli impianti a carbone (e le vecchie centrali nucleari) cedendo l’intero parco eolico”. Una scelta inaccettabile, che porta ora Greenpeace a chiedere a Enel “di dimezzare la produzione elettrica da carbone da qui al 2020 e di portarla a zero al 2030, investendo contemporaneamente in fonti rinnovabili per compensare la perdita di produzione”.
“La tanto reclamizzata ‘Energia che ti ascolta’, oltre a essere sorda alle contestazioni che in molti le muovono, è anche bugiarda – sottolinea Andrea Boraschi – Nelle bollette nessuno leggerà mai i veri costi inflitti dall’azienda alla salute, all’ambiente e all’economia dell’Italia”. Cosa che, ora, sarà invece possibile fare con le “bollette sporche” che molti di noi riceveranno.
Enel ha annunciato l’avvio di un’azione giudiziaria contro Greenpeace, con una richiesta di risarcimento dei danni. L’azienda energetica “ritiene che la campagna di Greenpeace sia gravemente denigratoria e priva di fondamento”, anche perché “le attività sono sottoposte alle norme e ai controlli delle istituzioni locali, nazionali e internazionali”. Nel dettaglio, prosegue la nota, “circa la metà della energia elettrica che il Gruppo produce è priva di qualunque tipo di emissione, compresa l’anidride carbonica: una percentuale tra le più alte rispetto a tutte le altre grandi utilities al mondo. Inoltre attraverso la controllata Enel Green Power, Enel ha in programma investimenti nelle fonti rinnovabili per oltre sei miliardi di euro nei prossimi cinque anni, un impegno che ha ben pochi paragoni a livello globale”.
Aggiornato dalla redazione web alle 19.39
Ambiente & Veleni
“Bollette sporche”: parte la mobilitazione di Greenpeace contro Enel
Gli attivisti hanno recapitato centomila facsimili in cui viene dimostrato quanto realmente costa la produzione elettrica a carbone dell’azienda numero uno in Italia per emissioni di CO2: "Una morte prematura al giorno e circa un miliardo e ottocento milioni di euro di danni l’anno". L'azienda annuncia azioni legali: "Denigrazione priva di fondamento"
Una morte prematura al giorno e 1.8 miliardi di euro di danni ogni anno (scarica il pdf). È il bilancio provvisorio dei “crimini” di Enel, prima azienda italiana e seconda in Europa per la fornitura di energia elettrica. Che, invece di investire su fonti di energia più pulite, punta sul carbone. A rivelare questi numeri da capogiro, che potrebbero addirittura crescere, è uno studio-choc commissionato da Greenpeace all’istituto di ricerca indipendente Somo. L’Ente nazionale per l’energia elettrica è dunque “il killer numero uno del clima” nel nostro Paese. E va fermato, secondo l’associazione ambientalista. Come? Portando la cittadinanza a prendere atto dei danni sanitari e dei veri costi che pesano su di essa. Per farlo, da questa mattina, centinaia di attivisti stanno recapitando nelle case degli italiani centomila “bollette sporche”. L’azienda ha risposto annunciando in una nota un’azione legale, bollando le accuse come “denigrazioni senza fondamento”.
Il carbone è la peggiore minaccia in termini di emissioni di gas serra. A livello globale, infatti, è responsabile di oltre il 40% della CO2 prodotta. In Italia, invece, le 13 centrali a carbone (8 di cui proprietà di Enel) producono il 14% dell’energia elettrica totale, ma emettono il 30% delle emissioni del settore termoelettrico.
“Ciò significa che su 37,3 milioni di tonnellate di CO2 emesse nel solo 2010, 26 milioni sono provenute dagli impianti Enel”, ricorda Andrea Boraschi, responsabile della campagna “Energia e clima” di Greenpeace Italia: “Emissioni che superano di molto quelle dell’intero trasporto su gomma del nostro Paese”. Se si dividono i danni economici per il numero delle famiglie italiane, poi, si scopre che il carbone costa circa 75 euro l’anno a nucleo familiare: “Molto più di quanto costino gli incentivi alle rinnovabili”.
I dati dello studio Somo raccolti, sono riferiti al solo 2009. Ma il miliardo e ottocento milioni di euro può passare a 2,1 miliardi, con la centrale di Civitavecchia a pieno regime. E gli impatti sanitari? Anche peggio: se i casi di mortalità prematura sono stati 366 nell’anno in questione, con l’impianto di Civitavecchia al massimo delle sue capacità diventerebbero addirittura 400. Ci sono poi anche quelli di Porto Tolle (provincia di Rovigo) e Rossano Calabro (provincia di Cosenza), che da anni Enel vuole convertire a carbone, che porterebbero i costi a crescere di altri 700 milioni di euro e le morti premature ad essere 95 in più ogni anno.
Cifre da record, che hanno portato Greenpeace ad impegnarsi in una massiccia campagna di sensibilizzazione. L’operazione “bollette sporche” (leggi la bolletta) è infatti parte di una della campagna mediatica “Facciamo luce su Enel”, una “caccia al serial killer del clima” che vede coinvolti migliaia di volontari. “Enel agisce sempre nello stesso modo, e le sue mosse sono riconoscibili, come quelle di un vero e proprio serial killer del clima”, accusa l’investigatore Greenpeace: “Su 37,3 milioni di tonnellate di CO2 emesse in Italia nel 2010, 26,2 provenivano dalle centrali Enel”.
“Enel non interloquisce più con noi, da quando abbiamo avviato questa campagna”, spiega Andrea Boraschi a ilfattoquotidiano.it: “All’inizio ci eravamo anche accordati per incontrarci”. Ciò che contesta Enel a Greenpeace, però, “non sono tanto i dati raccolti, quanto la metodologia utilizzata – aggiunge Boraschi – che è però la stessa utilizzata dall’Agenzia europea per l’ambiente (Eea) per stimare i danni delle emissioni atmosferiche degli impianti industriali in Europa, applicata su dati pubblici e di fonte istituzionale”.
La cosa peggiore, secondo gli attivisti, è che non sembra esserci nessuna intenzione di cambiare rotta, da parte dell’Ente nazionale per l’energia elettrica: “Quando ha acquisito la società spagnola Endesa, Enel ha tenuto per sé gli impianti a carbone (e le vecchie centrali nucleari) cedendo l’intero parco eolico”. Una scelta inaccettabile, che porta ora Greenpeace a chiedere a Enel “di dimezzare la produzione elettrica da carbone da qui al 2020 e di portarla a zero al 2030, investendo contemporaneamente in fonti rinnovabili per compensare la perdita di produzione”.
“La tanto reclamizzata ‘Energia che ti ascolta’, oltre a essere sorda alle contestazioni che in molti le muovono, è anche bugiarda – sottolinea Andrea Boraschi – Nelle bollette nessuno leggerà mai i veri costi inflitti dall’azienda alla salute, all’ambiente e all’economia dell’Italia”. Cosa che, ora, sarà invece possibile fare con le “bollette sporche” che molti di noi riceveranno.
Enel ha annunciato l’avvio di un’azione giudiziaria contro Greenpeace, con una richiesta di risarcimento dei danni. L’azienda energetica “ritiene che la campagna di Greenpeace sia gravemente denigratoria e priva di fondamento”, anche perché “le attività sono sottoposte alle norme e ai controlli delle istituzioni locali, nazionali e internazionali”. Nel dettaglio, prosegue la nota, “circa la metà della energia elettrica che il Gruppo produce è priva di qualunque tipo di emissione, compresa l’anidride carbonica: una percentuale tra le più alte rispetto a tutte le altre grandi utilities al mondo. Inoltre attraverso la controllata Enel Green Power, Enel ha in programma investimenti nelle fonti rinnovabili per oltre sei miliardi di euro nei prossimi cinque anni, un impegno che ha ben pochi paragoni a livello globale”.
Aggiornato dalla redazione web alle 19.39
Articolo Precedente
Aria, acqua, terra. Risorse preziose da tutelare
Articolo Successivo
I veri pirati siamo noi
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Giustizia & Impunità
Albania, la Corte non convalida: liberi i 43 migranti. Opposizioni: ‘Fallimento di Meloni’. Da destra riparte l’attacco ai giudici: ‘Si sostituiscono al governo’
Politica
Almasri, ora la maggioranza vuole eliminare l’obbligatorietà dell’azione penale. M5s e Pd: “Così pm sotto il governo e politici impuniti”
FQ Magazine
Vespa scatenato difende il governo: “Ogni Stato fa cose sporchissime”. Opposizioni: “Superato il limite”
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "Altri 43 migranti tornano in Italia dai centri in Albania. Presidente Meloni, errare è umano, perseverare è diabolico. Quanti altri viaggi a vuoto dovremo vedere prima che si metta fine a questa pagliacciata costosa per i contribuenti?”. Così Matteo Ricci, europarlamentare Pd, in un post sui social.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "Terzo flop del ‘modello Albania’: la Corte d’Appello di Roma smonta l’ennesima trovata propagandistica del governo Meloni, sospendendo i trattenimenti e disponendo il trasferimento in Italia dei migranti deportati. Per la terza volta, la destra ha provato a forzare la mano e per la terza volta è stata bocciata. Hanno sprecato milioni di euro pubblici, violato diritti fondamentali e messo in piedi un’operazione disumana, solo per alimentare la loro propaganda. Un fallimento su tutta la linea, mentre il Paese affonda tra tagli alla sanità, precarietà e crisi sociale. Ora che farà Meloni? Toglierà la competenza anche alle Corti d’Appello per accentrarla a Palazzo Chigi?”. Così Alessandro Zan, responsabile Diritti nella segreteria nazionale Pd ed europarlamentare.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "La Corte d’Appello di Roma libera di nuovo immigrati irregolari per i quali potevano essere eseguite rapidamente le procedure di rimpatrio e rimette ancora la palla alla Corte di Giustizia Europea sulla questione dei Paesi sicuri. Le ordinanze che non convalidano i trattenimenti nel centro in Albania e che rimettono alla Corte di Giustizia la questione pregiudiziale, insistono sull’individuazione in via generale ed astratta dei “paesi sicuri”, ripercorrendo le motivazioni delle decisioni precedenti, senza giudicare delle posizioni dei singoli migranti. Peccato che la Corte di Cassazione ha ampiamente chiarito, lo scorso dicembre, che questa è una competenza del Governo e non della magistratura. Incredibile che la Corte d’Appello di Roma abbia considerato irrilevante questo principio e insista nel voler riconoscere ai singoli magistrati un potere che è esclusiva prerogativa dello Stato”. Lo dichiara la deputata di Fratelli d’Italia, Sara Kelany, responsabile del Dipartimento immigrazione.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "Non stupisce la decisione della Corte d’Appello di Roma di bloccare, per l’ennesima volta, una misura, tra l’altro apprezzata anche in Europa, con cui l’Italia vuole fronteggiare l’immigrazione massiccia e garantire la sicurezza nazionale. I magistrati non usino il loro potere per contrastarne un altro, riconosciuto dalla costituzione e legittimato dagli italiani”. Lo dichiara il deputato della Lega Igor Iezzi.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - “La Corte d’Appello di Roma libera ancora dei migranti irregolari che potevano essere rapidamente rimpatriati, rimandando di nuovo alla Corte di Giustizia Europea sulla questione dei paesi sicuri. Ma la Corte di Cassazione aveva chiarito che questa è una competenza del Governo. Evidentemente alcuni tribunali italiani considerano irrilevanti i principi fissati dalla Suprema Corte. Di fronte a questo non posso che esprimere profondo stupore". Lo dichiara il capogruppo di Fratelli d’Italia al Senato, Lucio Malan.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - “E anche oggi si certifica il fallimento di Meloni. I Centri per i migranti in Albania non sono la risposta al fenomeno migratorio, che richiede rispetto per i diritti umani e condivisione delle responsabilità a livello europeo. Nei comizi Meloni potrà continuare a dire che fun-zio-ne-ran-no ma nella realtà sono solo uno spreco immane di risorse. Se quei fondi fossero stati spesi per assumere infermieri e medici, o per aumentare gli stipendi di quelli che già lavorano nella sanità pubblica, allora si’ che sarebbero stati utili agli italiani!”. Così in una nota Marina Sereni, responsabile Salute e sanità nella segreteria nazionale del Pd.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - “Quella dei Cpr in Albania è una gigantesca buffonata. Siamo di fronte a centri totalmente inutili nella gestione del fenomeno migratorio, pasticciato sul piano giuridico, lesivi dei più elementari diritti umani e anche costosissimi. Il governo dovrebbe scusarsi pubblicamente, chiudere i centri e destinare gli ottocento milioni di euro che finiranno in questi luoghi inutili e dannosi a sostegno della sanità pubblica”. Così in una nota, Pierfrancesco Majorino, responsabile immigrazione nella segreteria nazionale del Pd.