La Cassazione, ancora una volta, ha detto ‘no’ alla richiesta di revisione del processo avanzata dall’ex numero due del Sisde Bruno Contrada, condannato a 10 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. I giudici della seconda sezione penale hanno, infatti, respinto l’istanza accogliendo la tesi del sostituto procuratore generale della Cassazione Sante Spinaci che aveva “escluso” l’esistenza “di nuove prove in grado di mettere in discussione la condanna” di Contrada. Ad avviso del pg anche l’indagine difensiva sul pentito Scarantino “non ha portato alcun elemento dal quale dedurre sostegno alla tesi di un complotto dei pentiti ai danni di Contrada: Scarantino non ha riferito di aver ricevuto sollecitazioni dalla Polizia per fargli dire il falso su Contrada”.

Per queste ragioni, secondo il pg, meritava di essere confermata la decisione con la quale la Corte d’appello di Caltanissetta, lo scorso 8 novembre, aveva negato la celebrazione di un nuovo processo. Per quanto, inoltre, riguarda il contenuto del libro del magistrato siciliano Antonio Ingroia, “Il fallimento degli dei”, che la difesa di Contrada ha indicato come prova nuova del complotto, il pg Spinaci ne aveva “esclusa la consistenza” osservando che non sono state nemmeno “indicate nel dettaglio le circostanze a suffragio della tesi del complotto”. Recentemente, circa un anno fa, la Suprema Corte aveva già negato la revisione a Contrada e nelle motivazioni del verdetto che, nel 2007, ha reso definitiva la condanna di Contrada, aveva sottolineato come contro l’ex “superpoliziotto” non c’erano solo le parole dei pentiti ma anche quelle di numerosi suoi colleghi e servitori dello Stato. Tra i colleghi di Contrada che diffidavano di lui, c’era anche – ha ricordato la Cassazione – Boris Giuliano, il capo della squadra mobile di Palermo assassinato dalla mafia. E proprio i favori fatti a Cosa Nostra hanno portato alla condanna di Contrada. Almeno nove le vicende nelle quali l’ex numero due del Sisde ha contribuito a sventare le retate della polizia contro gli appartenenti ai clan e a favorire la latitanza, e la fuga di boss di rilievo come John Gambino.

Contrada, per motivi di salute, non ha potuto essere presente all’udienza in Cassazione – ha informato il suo legale, Giuseppe Lipera – nonostante fosse stato autorizzato dalla magistratura di sorveglianza di Palermo. Nel capoluogo siciliano il condannato sta scontando, agli arresti domiciliari, la sua pena che dovrebbe terminare, sempre in base a quanto reso noto dal suo difensore, entro il prossimo ottobre.

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