Bollette in aumento e nuovo allarme per l’industria della raffinazione italiana. “A fine anno – ha detto il presidente dell’Unione petrolifera (Up), Pasquale De Vita, all’assemblea annuale – sarà fermo oltre il 20% della capacità produttiva”. Oltre agli impianti di Cremona (già chiusa) e di Roma (in via di chiusura), bisogna infatti contare anche le sospensioni temporanee. Sempre più salata anche la fattura energetica italiana, ovvero quella che il Paese paga per approvvigionarsi all’estero. Nel 2012 toccherà infatti un nuovo record salendo oltre i 66 miliardi di euro (dai 62,7 del 2011), con 37 miliardi di sola bolletta petrolifera (34,7 nel 2011). E’ la stima dell’Up, che sottolinea “l’effetto dirompente” del cambio euro-dollaro.
La crisi del comparto, però, non riguarda solo l’Italia. Tra i “malati gravi” c’è tutta l’Europa, ha spiegato De Vita, “e ciò è motivo di preoccupazione, sia per gli operatori che per le istituzioni europee, che solo di recente sembrano avere preso atto delle difficoltà del settore”. “La prova – ha proseguito – è nei numeri: su 98 raffinerie attive nel 2009 in Europa, 6-7 hanno chiuso (Gb, Francia, Germania, Italia e Romania); 13 hanno cambiato assetto proprietario (Gb, Francia, Germania, Olanda, Svezia e Spagna); 4 sono state messe in vendita senza successo (Gb, Francia e Germania); 5 sono fallite di cui 2 hanno trovato un compratore (Petroplus). In totale si tratta di oltre il 30% della capacità di raffinazione europea persa in due anni e il fenomeno non sembra essere destinato ad arrestarsi. Major come Bp, Shell, Conocophillips, Chevron, Exxonmobil e Total arretrano, sostituite da nuove realtà come Petrochina, Lukoil, Vitol, Gunvor, Klesch’’.
Di fronte a una crescente competizione da parte dell’industria asiatica, nient’affatto ad armi pari, vista la quasi totale assenza di regole che vige in Asia, “dall’inizio della crisi nei paesi occidentali sono stati chiuse raffinerie per circa 3 milioni barili al giorno (di cui 2,6 concentrati in Europa), mentre nei paesi non-Ocse nello stesso periodo ne sono entrati in esercizio 4,2 milioni barili al giorno, cui nel corso del 2012 dovrebbero aggiungersene altri 1,8 milioni”. In una simile situazione e di fronte al crollo dei consumi degli ultimi anni, anche in Italia il ridimensionamento in atto “sembra ormai irreversibile e, stando ai numeri, almeno il 20-25% della capacità attuale appare in eccesso. Lo conferma il fatto che dall’inizio del 2011 la capacità interessata da chiusure e/o sospesioni è stata di oltre 22 milioni di tonnellate, il 21% del totale”.
La bolletta energetica, prevista in crescita di circa 4 miliardi di euro, dovrebbe attestarsi a 66,5 miliardi di euro. E “nonostante il calo dei consumi”, sulla fattura energetica “pesa l’effetto euro”. Nel 2011 tutte le varie fonti hanno rilevato aumenti rispetto all’anno precedente. In particolare, dopo quella petrolifera, la spesa netta per l’approvvigionamento del gas, passata da 18,998 a 21,075 miliardi di euro (+10,9%), con circa 2,1 mld di euro in più ha fornito il maggior contributo alla spesa energetica.Il peso della fattura energetica sul pil è salito del 3,7% del 2010 al 4,4%, contro una media del 5,2% nel periodo 1980-85 e del 2,2% fra il 2000 e il 2004.