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Il totem sul Colle

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Nella storia repubblicana essere bersagliati da critiche e campagne di stampa è capitato a molti inquilini del Quirinale.

A Gronchi, per esempio, i comunisti rinfacciarono di aver agevolato la nascita del famigerato governo Tambroni. Così come a Saragat fu rimproverato, da sinistra, di aver ridotto la contestazione studentesca a un problema di ordine pubblico. Segni fu accusato di golpismo, per non parlare di Leone costretto a dimettersi per un uso, si disse, troppo spregiudicato del potere. Sul carattere insofferente di Pertini sono state scritte biblioteche.

Di Cossiga si disse e si scrisse che non ci stava tanto con la testa. Scalfaro finì sulla graticola per i fondi riservati del Sisde. E perfino la popolarità di Ciampi fu scalfita dall’accusa di non aver sempre fatto da argine alle leggi vergogna berlusconiane.

Mai, però, in sessant’anni di democrazia un capo dello Stato aveva goduto di una così totale, assoluta, cieca, muta e sorda immunità come Giorgio Napolitano. Da sei anni sul Colle siede una sorta di totem intoccabile, inviolabile e irascibile a cui rivolgere non diciamo un appunto, ma perfino la più blanda osservazione equivale a un delitto di lesa maestà. Non ripeteremo quanto già scritto su queste pagine da Paolo Flores d’Arcais a proposito di questa bizzarra “sacralità” tutta italiana: e se da noi funziona così, a poco serve ricordare che nella Germania della Merkel due capi di Stato (l’uno per una gaffe diplomatica, l’altro per un prestito agevolato) sono andati a casa anzitempo.

Ma, appunto, perché da noi funziona così? Chi mai potrebbe impedire, oggi, all’ambaradam quirinalesco l’indecente negazione dell’evidenza telefonica e l’interferenza continuata nell’indagine dei pm di Palermo sulla oscena trattativa Stato-mafia? Il governo Monti che a Napolitano deve la propria esistenza in vita? Il tremebondo Pd? Il disastrato Pdl che subito si è accodato al monito sul bavaglio lanciato dal capo dello Stato per fatto personale? Via, non scherziamo. Il totem sul Colle fa comodo a tutti (loro). Lasciatelo lavorare.

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