“La “madre” se avesse saputo fare la madre, non avrebbe allevato un “cucciolo di maiale”, ma un uomo!”.  Sono le parole che si leggono su Facebook. Le firma tale Sergio Bandoli sulla bacheca di Prima Difesa Due, l’account dell’omonima associazione che si prefigge la difesa a oltranza delle forze dell’ordine. Nel processo Aldrovandi era presente sia in Appello che in Cassazione, dove ha portato addirittura il legale di Silvio Berlusconi, Niccolò Ghedini, a perorare la causa dei quattro poliziotti condannati con sentenza definitiva per l’omicidio colposo di Federico Aldrovandi.

Prima difesa tutela gratuitamente per cause di servizio tutti gli appartenenti alle Forze dell’Ordine e Forze Armate, noi tuteliamo i primi difensori” scrive nella presentazione la presidente Simona Cenni, che in un post di commento alla sentenza della Cassazione del 21 giugno “grida” in maiuscolo il proprio disappunto – qui usiamo noi un eufemismo – per l’intervista di Patrizia Moretti, la madre del ragazzo ucciso nel settembre del 2005 a Ferrara: “Avete sentito la mamma di Aldrovandi… fermate questo scempio per dio… vuole che i 4 poliziotti vadano in carcere… io sono una bestiaaaaa”.

L’amo è lanciato. Il primo ad abboccare è questo iscritto al gruppo, Sergio Bandoli. Avatar con foto e cappello di alpino con penna nera. Ma la penna che gli fa paragonare Federico a un “cucciolo di maiale” riesce a gelare le vene ai polsi. I commentatori continuano sulla stessa lunghezza d’onda, fino a uno dei poliziotti condannati, Paolo Forlani, che interviene direttamente.

“Che faccia da culo che aveva sul tg – così descrive la madre orfana del figlio su cui lui e i suoi colleghi hanno rotto due manganelli -… una falsa e ipocrita… spero che i soldi che ha avuto ingiustamente (il risarcimento da parte dello Stato, ndr) possa non goderseli come vorrebbe… adesso non sto più zitto dico quello che penso e scarico la rabbia di sette anni di ingiustizie…”.

Forlani fortunatamente premette di avere “massimo rispetto per Federico”, ma sui suoi genitori usa il pugno duro. Come ha fatto d’altronde con loro figlio: “non vi auguro nulla di simile – scrive sulla pagina di Prima Difesa – ma vi posso dire che siamo stati calpestati nei nostri diritti e ripeto prima di parlare dovete leggere gli atti e non i giornali […], io sfido chiunque a leggere gli atti e trovare un verbale dove dice che Federico e morto per le lesioni che ha subito… […] noi paghiamo per le colpe di una famiglia che pur sapendo dei problemi del proprio figlio non hanno fatto niente per aiutarlo e stiamo pagando per gli errori dei genitori”.

Quanto agli atti, forse bastano le sentenze per rispondere all’agente. In quella di primo grado il giudice Caruso parlò di “grossolanità, incontrollato e abnorme uso della violenza fisica da parte degli agenti, dissociata da effettive necessità”; “un furioso corpo a corpo tra gli agenti di polizia e Federico, durante il quale vennero rotti due manganelli, con i quali colpirono l’Aldrovandi in varie parti del corpo, continuando dopo che lo stesso era stato costretto a terra e qui immobilizzato al suolo, nonostante i verosimili ma impari tentativi del ragazzo di sottrarsi alla pesante azione di contenimento che ne limitava il respiro e la circolazione”.

Stesso discorso per gli atti del secondo grado: i giudici della Corte d’Appello sottolinearono la “manovra di arresto, contenimento e immobilizzazione” attuata “con estrema violenza e con modalità scorrette e lesive, quasi volessero ‘punire’ Aldrovandi”.

Ora si aprirà inevitabilmente un altro capitolo della vicenda, con la querela per diffamazione che la Moretti ha depositato oggi pomeriggio davanti ai carabinieri di Ferrara. Destinatari Forlani, Bandoli e Cenni.

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