L’obiezione contro le quote rosa la conosciamo: ma come volete rinchiudere le donne in una riserva indiana! Volete trattarle da minoranza etnica imponendo delle percentuali di presenza femminile in parlamento! No, è l’Italia che deve cambiare permettendo finalmente alle donne che valgono di farsi strada anche in politica! Non serve una legge ma un grande mutamento sociale e culturale.

Beh, consentiteci di dire, che l’obiezione non ci convince. Secondo noi, se non si fa qualcosa subito passeranno, ad essere ottimisti, almeno 50 anni prima che da noi si arrivi a una effettiva parità tra i generi. E non solo per una questione di maschilismo. Ma perché chi è al Potere, se non viene in qualche modo costretto, non farà mai nulla per mettere ai rischio le proprie portone (occupate in prevalenza da uomini).

Così, dopo averne molto discusso in redazione, qui a Ilfattoquotidiano.it siamo giunti alla conclusione che per rifondare davvero il nostro Paese, serve una norma chiara, semplice, che obblighi i partiti a candidare il 50 per cento di donne e che stabilisca una rappresentanza in proporzioni analoghe anche alla Camera e al Senato. Serve insomma una legge d’iniziativa popolare, corredata non da 300mila,  ma da alcuni milioni di firme che mettano la nostra maschia partitocrazia in difficoltà sempre più grandi davanti all’opinione pubblica.

Una legge sulle quote rosa va infatti approvata, non solo perché è giusta – serve per contrastare quella non scritta, ma da sempre in vigore, sulle quote di maggioranza azzurre – ma pure perché è un buon sistema per cambiare in fretta e, con tutta probabilità in meglio, le nostre classi dirigenti.

Un parlamento che per legge fosse composto per la metà da donne, scardinerebbe le attuali oligarchie. Nei nostri partiti, ormai da 15 anni in cronica emorragia di iscritti, le donne in posizione di vertice sono pochissime. Se, in occasione delle elezioni politiche, si dovesse davvero trovare migliaia di candidati donna, le varie formazioni sarebbero costrette ad andare a pescare le aspiranti parlamentari anche fuori dai loro apparati: una rivoluzione.

Certo, visto che siamo in Italia, pure con una norma del genere i furbi rimarrebbero tali. I Berlusconi di turno tenterebbero d’imporre le loro Olgettine. Altri, proprio come ci racconta Vincenzo Iurillo, in un articolo dalla Campania, ne approfitterebbero per trovare nepotisticamente spazio a mogli e figlie. È tutto vero. Ma per i capi-bastone della politica la vita sarebbe più difficile di adesso. Anche perché l’esperienza e le statistiche ci dicono che mediamente le donne sono più oneste degli uomini.

Per quanto ci riguarda possiamo, comunque, fare una cosa sola. Impegnarci con i lettori e le lettrici a tenere alta l’attenzione contro tutte le discriminazioni di genere. A fornire più informazioni e a raccontare storie (di ogni tipo) anche con un punto di vista femminile. Per questo (ma non solo) nasce oggi la nuova sezione Donne di Fatto, ideata e scritta (in grande maggioranza) da colleghe.

Nel corso di questi mesi ci siamo infatti resi conto che una sezione di questo tipo era necessaria per obbligare la redazione ad occuparsi con costanza di temi che per conformismo (ma non solo) spesso finivamo per ignorare.

Donne di Fatto sarà così per noi una sorta di legge che alla lunga, speriamo, finirà per cambiare molte nostre convinzioni e modi di intendere questo mestiere. E, forse, alla fine ci renderà migliori.

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