“L’unico modo per sconfiggere il terremoto è costruire case in grado di resistergli”. Una frase scontata per le orecchie di un giapponese o di un californiano che però suona come avvertimento sinistro per quelle di un calabrese. Sì, perché quella regione, non solo è uno dei territori con il maggiore rischio sismico al mondo, ma è anche la patria di un abusivismo edilizio diffuso e selvaggio. Una situazione resa ancora più pericolosa dalle norme anti-sismiche regionali che, per usare un eufemismo, sono all’acqua di rose. La legge numero 7 del 1998 parla chiaro: “Chiunque intenda procedere a nuove costruzioni, ristrutturazioni o sopraelevazioni” deve presentare una denuncia presso l’ufficio tecnico regionale (l’ex genio civile). In questa situazione, negli studi dei sismologi si legge nero su bianco che un terremoto di potenza simile ad altri già registrati in passato, nell’area tra Reggio Calabria e Messina potrebbe provocare “decine di migliaia di vittime”.
Fin qui tutto bene, ma i problemi arrivano dopo, al capitolo dedicato alle verifiche sui manufatti. “Il controllo è eseguito con il metodo a campione, mediante sorteggi”, recita l’articolo 5. E qui casca l’asino, perché la percentuale delle verifiche effettuate sui progetti è a dir poco esigua: fra il 2 e il 5 per cento. E se i piloni del restante 95 per cento degli edifici sono pieni di sabbia o di cemento armato, lo certificherà, eventualmente, una scossa di terremoto. Non di certo i funzionari dell’ex genio civile. “E paradossale che in una delle aree più esposte al rischio sisma del mondo, che negli ultimi dieci anni ha visto un’impressionante bulimia edilizia, centinaia di migliaia di progetti non siano mai stati controllati”, attacca Carlo Tansi, geologo del Cnr da sempre in prima linea affinché la regione cambi la normativa sui controlli.
VIDEO – ABUSI EDILIZI E POCHI CONTROLLI, CALABRIA A RISCHIO CATASTROFE
Eppure a livello nazionale le leggi parlano chiaro. E non da ieri. E’ il 1974 quando la cosiddetta Legge sismica stabilisce che “non si possono iniziare i lavori senza preventiva autorizzazione scritta dell’ufficio tecnico della regione o dell’ufficio del genio civile”. In altre parole non si posa neanche una pietra prima che i tecnici incaricati non abbiano controllato la bontà del progetto. Troppo per la Regione Calabria che nel 1994 rimuove l’obbligo della “preventiva autorizzazione” sostituendolo con una semplice denuncia d’inizio attività introducendo il meccanismo dei controlli a campione. Passano gli anni e nel 2001 il governo decide di riunire tutte le norme in materia edilizia in un unico testo ripristinando l’obbligatorietà delle regole sancite nel ’74 per parte di tutti gli uffici regionali italiani.
E la Calabria che fa? Continua per la sua strada come se niente fosse ribadendo, in una normativa del 2007, il concetto che a Catanzaro e dintorni controlli troppo stringenti non sono graditi: “L’autorizzazione preventiva dell’art 94 del D.P.R. 6.6.2001, n. 380, è sostituito da una dichiarazione di inizio attività, fatto sempre salvo il controllo a campione”. Il caso deflagra nel 2009 grazie a due episodi: il primo è un’inchiesta di Presadiretta durante la quale l’inviato Domenico Iannaccone riesce a presentare e a farsi approvare da un ufficio tecnico calabrese un progetto totalmente falso e inventato; il secondo è una sentenza emessa dal giudice del Tribunale di Cosenza, Francesco Luigi Branda. Il caso riguarda un piccolo abuso edilizio che però consente al magistrato di fotografare il meccanismo delle autorizzazioni: per quanto riguarda le norme antisismiche, in Calabria sono fuori legge tutte le costruzioni effettuate dal 2001. Perché la normativa nazionale, a contrario di quella locale, prevede il controllo preventivo su tutti i progetti e quest’ultima “deve interpretarsi come abrogativa della legge regionale”.
L’onda emotiva per il sisma che ha distrutto L’Aquila nell’aprile 2009 è ancora forte e l’allora presidente Agazio Loiero, incalzato dall’opinione pubblica, decide finalmente di estendere le regole nazionali anche sul territorio calabrese. Una legge che però non entra in vigore e viene ereditata dalla giunta regionale di centrodestra uscita dalla tornata elettorale del marzo 2010. A quel punto il nuovo governatore Giuseppe Scopelliti non trova di meglio che rinviare l’approvazione del testo di sei mesi in sei mesi. Così si arriva ai giorni nostri e, dopo l’Abruzzo, un nuovo terremoto sconvolge le province di Modena e Ferrara. A quel punto Scopelliti, non può più tergiversare e finalmente fa il grande annuncio: la legge sismica regionale entrerà in vigore a partire dal 1 luglio 2012.
Un lieto fine quindi? Manco per niente, perché – come spiega una fonte qualificata dell’ex genio civile – gli uffici tecnici regionali non riescono nemmeno a effettuare i controlli a campione: “Il presidente fa i suoi annunci, ma non conosce la realtà. Io, per quanto riguarda i controlli, sono indietro di quattro mesi. Molti non riuscirò nemmeno a effettuarli. Qualcuno mi può spiegare come faremo a verificare e autorizzare tutti i progetti che verranno presentati?”. Nuove regole, ma vecchie pratiche. E l’unico esame sulla solidità che gli edifici calabresi dovranno affrontare sarà quello, speriamo mai, di una scossa di terremoto.