“Il popolo giapponese rifiuta per sempre la guerra e il potere intimidatorio oppure l’uso della forza militare come strumenti di risoluzione delle controversie internazionali”. Così si legge all’articolo 9 della Costituzione del Giappone. “A questo fine”, continua, “non vengono mantenute forze militari di terra, mare, aria e altri strumenti bellici: il nostro Paese rinuncia al diritto di belligeranza”. Poche le differenze con l’articolo 11 della costituzione italiana per cui “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Entrambi, tuttavia, appaiono ormai superati nella prassi.
Il 29 giugno scorso il ministero della Difesa di Tokyo ha reso pubblico un contratto d’acquisto con gli Usa per quattro caccia F35. Il prezzo: 10,2 miliardi di yen (circa 10 milioni di euro) l’uno. L’operazione rientra nel Joint Strike Fighter program (JSF), un programma del Dipartimento della Difesa americano che assicura il ricambio di armamenti per otto tra gli alleati strategici degli Usa: Australia, Canada, Danimarca, Giappone, Gran Bretagna, Italia Olanda e Turchia. Ma che soprattutto assicura margini di profitto alle grandi industrie del settore come Lockheed-Martin, che degli F35 è prima produttrice. L’Italia aveva annunciato l’acquisto dei primi tre F35 l’8 febbraio scorso, circa quattro mesi prima del Giappone. Il Ministero della Difesa italiano dovrebbe acquistare un totale di 131 nuovi aerei tra quest’anno e il 2023. Il costo totale è stato stimato da Segredifesa, l’organo preposto all’acquisizione di forniture militari, in 15,87 miliardi di euro. In totale, fonti Reuters segnalano che il JSF porterà alle casse della Lockheed-Martin nei prossimi vent’anni poco meno di 400 miliardi di dollari (circa 320 milioni di euro).
Nel dicembre dello scorso anno, il governo giapponese, durante la sessione dell’assemblea nazionale per la sicurezza presieduta dallo stesso premier Noda Yoshihiko, annunciò l’intenzione di firmare un contratto d’acquisto attraverso il JSF per ampliare il comparto aereo delle forze di autodifesa nipponiche. In tutto 42 aerei al prezzo di 9,9 miliardi di yen (circa 9 milioni euro) l’uno. Secondo un articolo dello Asahi Shimbun del 20 dicembre 2011, il costo totale di mantenimento dei nuovi velivoli, ripartito in 20 anni, sarebbe pari a più di un trilione di yen (circa 10 miliardi di euro). Aerei militari di “quinta generazione”, gli F35 erano stati individuati dai vertici dell’aviazione giapponese come “ideali per la futura capacità di autodifesa aerea” del Paese, grazie al loro altissimo tasso tecnologico. Tuttavia, al momento della decisione del governo giapponese, i caccia erano ancora in fase di sviluppo. Nonostante governo americano e Lockheed avessero avvertito Tokyo di possibili ritardi sulla consegna dei velivoli, i giapponesi erano sicuri che tutto sarebbe proceduto senza errori. A febbraio gli stealth non erano ancora pronti ma il loro prezzo, intanto, era aumentato a causa di un taglio agli ordini statunitensi; tanto da spingere il ministro della Difesa giapponese, Tanaka Naoki, a minacciare un ritiro del Giappone dall’accordo il 29 febbraio. A maggio, però, le spese per il comparto militare, già inserite nel bilancio dello Stato per l’anno 2012, vengono corrette al rialzo: il Giappone comprerà i 42 aerei a 300 milioni di yen in più per unità.
Secondo il quotidiano economico online SankeiBiz si tratta di “un contratto pieno di incertezze”. Tra queste l’annuncio del Dipartimento della Difesa americano per cui lo sviluppo degli F35 potrebbe essere terminato solo nel 2019. “Anche comprando quattro F35 ogni anno da qui al 2018, non potranno essere usati perché incompleti”. Insomma per il portale informativo giapponese, gli F35 sono solo “ali che non possono volare a un prezzo sconsiderato”. Subito dopo l’annuncio del governo giapponese, le azioni di Lockheed sulla borsa di New York hanno comunque fatto registrare un rialzo del 2,4%.
di Marco Zappa