Il 12 ottobre inizierà l’udienza preliminare a Milano per il caso delle firme false presentate per consentire alle liste Pdl di partecipare alle elezioni amministrative del 2010. La Procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio del presidente della Provincia di Milano, Guido Podestà, in qualità all’epoca di coordinatore regionale lombardo del Pdl, perché sarebbe stato il promotore della presunta falsificazione delle firme a sostegno della lista di Roberto Formigoni e di quella provinciale del Pdl per le regionali del 2010.
Il procuratore aggiunto, Alfredo Robledo, ha chiesto il processo per altre nove persone, tra cui Clotilde Strada, all’epoca responsabile della raccolta firme del partito e che è stata anche collaboratrice della consigliera regionale Nicole Minetti. L’accusa per l’attuale presidente della Provincia di Milano è quella di falso ideologico.Le firme, stando alle indagini, sono state riconosciute come fasulle dalle persone il cui nome risultava posto a sostegno della lista, ma che hanno detto agli inquirenti di non avere mai firmato. L’indagine era stata chiusa a fine aprile quando era emerso il coinvolgimento di Podestà. L’udienza, per Podestà e alcuni consiglieri, si terrà davanti al giudice Stefania Donadeo. L’ipotesi accusatoria è che che siano state falsificate molte firme e precisamente 608 per le elezioni regionali, per cui era candidato alla poltrona di governatore Roberto Formigoni, e 308 per le provinciali, per cui era candidato proprio Podestà. Le firme erano necessarie per la presentare la lista regionale “Per la Lombardia ” e quella provinciale “Il popolo della Libertà – Berlusconi per Formigoni”. La maggior parte dei presunti sottoscrittori, che sono stati ascoltati dagli investigatori dell’Arma dei carabinieri, non hanno riconosciuto le loro firme oppure hanno dichiarato di averle apposte, ma per altre liste elettorali.
A mettere nei guai il presidente è stata proprio Strada che ha raccontato come andò. “Podestà mi disse: ‘avete i certificati elettorali usateli’. Del resto sarebbe difficile sostenere il rinnovo dei contratti se ci saranno problemi sulla presentazione delle liste. Nonostante tutti gli sforzi, giunti verso le 18 non si era raggiunto il minimo di firme necessario per la presentazione delle liste. Non sapendo cosa fare chiamai Podestà, essendo lui il responsabile politico, e gli rappresentai la situazione per la quale mancavano le firme. Podestà mi chiese se io ritenessi vi fosse la necessità della sua presenza in sede, cosa che io gli confermai subito. Venne in sede due ore dopo – è la ricostruzione della ex collaboratrice di Nicole Minetti – intorno alle venti, mentre tutti noi stavamo mangiando qualcosa in sede. Podestà si sedette insieme a me e alle altre persone presenti, chiacchierando. Poi si alzo’ per andarsene. Io lo fermai nel corridoi e gli chiesi indicazioni su cosa fare, poiché non si era raggiunto il numero di firme necessario e non c’era più tempo di farlo, unico motivo per cui gli avevo chiesto di venire in sede. Gli ribadii che ormai avevamo raschiato il fondo del barile delle nostre possibilità e che certamente non eravamo in grado di raccogliere le firme necessarie”. A questo punto, stando al racconto della Strada, Podestà avrebbe consigliato di usare i certificati elettorali, anche in vista dell’imminente scadenza dei contratti dei collaboratori del partito, il 30 agosto 2010. “Tornai nella sala riunioni dove c’erano gli altri, ivi compresi i consiglieri provinciali rimasti, Mardegan, Martino, Turci e Calzavara. Dissi loro che Podestà aveva detto di usare i certificati elettorali, e a quel punto ciascuno dei consiglieri ha preso gli elenchi, compilandoli con le generalità delle persone e apponendone invece loro le firme e poi autenticandole”. “Ovviamente – conclude la Strada – a questa compilazione degli elenchi parteciparono anche altri presenti, ma non sono in grado di dire chi, perché c’era un notevole via vai, mentre io, dopo avere trasmesso ai consiglieri e agli altri le direttive di Podestà, mi sono recata nella stanza del coordinatore regionale per raccogliere gli elenchi che cominciavano ad arrivare dalle altre province”.