E’ stato il giorno più lungo per SuperMario, quello in cui il premier si è dovuto misurare con la capacità di andare finalmente a recidere i mastodontici costi della macchina statale, il vero scoglio su cui hanno naufragato per intere legislature esecutivi di ogni natura e colore. Entro la notte il governo sorretto dalla “strana” maggioranza dovrà dare il via al decreto sulla spending review con una corsa contro tutti: ministri, partiti, Regioni, sindacati. E soprattutto con una corsa contro il tempo: il consiglio dei ministri si dovrà chiudere con un testo approvato che quantifichi i tagli necessari (anche per scongiurare il rialzo dell’Iva da ottobre) da trasmettere al Quirinale. E da far pubblicare in fretta in Gazzetta. Questo, sostengono fonti ben informate, è quanto sarebbe stato richiesto anche dal Capo dello Stato. “Il cammino della politica economica interna deve tenere il passo con questa accelerata dinamica europea – ha spiegato il presidente del Consiglio Mario Monti, che oggi è intervenuto alla Camera per riferire sul vertice europeo della scorsa settimana – Per questo intendo a breve presentare al Parlamento i provvedimenti per la riqualificazione e riduzione della spesa pubblica”. 

Per evitare estenuanti lotte interne all’esecutivo, per non dare adito a speculazioni di sorta, soprattutto quelle che sui mercati già oggi sono tornate ad incidere sul differenziale con i bund tedeschi. Anche per questo il presidente del Consiglio ha riunito oggi l’esecutivo per comunicare ai diversi componenti del governo che il dado ormai è tratto. Non ci saranno altri rinvii: le proteste saranno inutili. Il testo del provvedimento che solo per quest’anno dovrà portare risparmi per 7-8 miliardi, è scritto e di lì non ci si muove per quanto riguarda gli obiettivi.

Resta, tuttavia, l’altissima tensione tra enti locali e governo. La sforbiciata prevista dal decreto, dalla Pubblica amministrazione alla sanità alla giustizia, non piace inoltre a molte delle categorie coinvolte che minacciano battaglia. Già domani gli avvocati hanno annunciato lo stop dei tribunali. Ma quello che fa più arrabbiare sono i tagli alla sanità. A poco sono servite le rassicurazioni del ministro della Salute Renato Balduzzi che ha smentito che esistano già liste dei piccoli ospedali (sotto gli 80 posti letto) che potrebbero essere chiusi per effetto del decreto del governo: “Non esistono liste di ospedali da chiudere, né nessuno le sta predisponendo”. Nel frattempo, però, è saltato almeno il dimezzamento del fondo per le vittime dell’uranio impoverito

La bozza in Consiglio. Sono 17 in tutto gli articoli della bozza all’esame del consiglio dei ministri. Una riunione che si è protratta dalle 18 fino a tarda notte per via della chiara convinzione del presidente del Consiglio Mario Monti di “andare avanti a oltranza”. Sono previsti tra l’altro tagli in due anni per 15 milioni a Palazzo Chigi e 60 ai ministeri senza portafoglio, ma è ancora rinviato il taglio delle Province. Il testo sarà esaminato dalla Camera dal 31 luglio. 

Rimangono le altre misure pensate da Enrico Bondi per risparmiare quei circa 4 miliardi necessari a evitare l’aumento dell’Iva. Tra queste il taglio di dipendenti e dirigenti della pubblica amministrazione, la stretta sulle auto blu, la riduzione del numero di province, la chiusura di 300 uffici giudiziari periferici. Ed è esplosa la polemica sul nuovo taglio all’università: “Sarebbe una situazione apocalittica” hanno chiarito i rettori.

I tagli alla sanità. Tagli alla spesa per farmaci, acquisti e anche per i posti letto. Anche se alla fine di un braccio di ferro nel governo proseguito per tutta la giornata si dovrebbero essere salvati i “mini-ospedali” al di sotto degli 80 (o 120) posti letto. Misura impopolare e osteggiata dalle Regioni e che avrebbe lasciato nelle casse dello Stato all’incirca 200 milioni, che dovrebbero però essere compensati da un abbassamento del tetto della spesa per i dispositivi medici, visto che nelle diverse bozze questo taglio è via via aumentato (al momento ci sarebbe per il 2012 un – 5%, con un tetto di spesa che passerà dal 5,2% al 5% a partire dal 2013).

La “partecipazione” della sanità alla revisione della spesa, infatti, non si sarebbe spostata dal miliardo previsto per il 2012, cui si aggiungeranno per 2013 e 2014 “risparmi” per due miliardi l’anno. Somme “insostenibili” secondo le Regioni, che si vedranno sforbiciare il Fondo sanitario già a partire da quest’anno, mentre le decisioni di spesa già sono state prese, e che rischiano di tradursi, per le autonomie, in “tagli ai servizi ai cittadini”. Per le Regioni, insomma, si tratta “di una manovra” e non di una revisione della spesa, che toccherà indiscriminatamente ‘virtuosì e non virtuosi con un “taglio lineare”. Tanto che si è al limite della “rottura sul fronte istituzionale” visto che l’intervento è “unilaterale da parte del governo”.

In ogni caso il menu sanità del decreto, a parte il capitolo ospedali è di fatto già definito: meno spesa per i farmaci (con la modifica dei tetti per la spesa territoriale e quella ospedaliera e lo sconto ‘rinforzatò a carico di farmacie e aziende, che si dovranno fare carico anche del 50% dell’eventuale sforamento della spesa nazionale) e taglio del 5% di quella per l’acquisto di beni e servizi: c’è la possibilità per le Asl di disdire i contratti senza penali se superano del 20% i prezzi di riferimento, oltre all’obbligo di rivolgersi alla Consip per le categorie di merci presenti nella piattaforma della centrale nazionale per gli acquisti. Ci sarà anche una diminuzione dell’1% quest’anno e del 2 dall’anno prossimo della spesa per le prestazioni acquistate dalle strutture private accreditate, oltre al prolungamento al 2015 del tetto all’aumento della spesa, in vigore dal 2010 e che doveva finire nel 2012.

Per gli ospedali, fatte salve le piccole strutture che non dovrebbero più essere costrette a chiudere automaticamente, ci sarà comunque una riduzione dei posti letto, visto che la percentuale dovrà passare dal 4 per mille abitanti attuale al 3,7 per mille, “adeguando coerentemente le dotazioni organiche dei presidi ospedalieri pubblici”, e andando verso una riorganizzazione complessiva della rete ospedaliera. Per i piccoli ospedali, si dovrà comunque promuovere la riconversione verso il ricovero diurno, l’assistenza in regime ambulatoriale e favorendo l’assistenza residenziale e domiciliare.

Governatori furibondi. Ma i presidenti di Regione sono furibondi: ritengono i tagli decisi dal governo nella sanità per il 2012 “irricevibili”, visto che “sono venite meno le normali relazioni istituzionali tra governo e regioni, incidendo negativamente sui principi costituzionali”. I governatori hanno disertato i lavori della Conferenza Stato-Regioni proprio per la mancanza del confronto sulle risorse per il fondo sanitario nazionale 2012. La protesta è bipartisan: da Nichi Vendola che parla di “macelleria sociale” a Renata Polverini secondo cui le decisioni del governo “mettono in crisi il sistema”. “Se si deve tagliare così forte sulla sanità è mia opinione che sarebbe meglio lasciare che aumenti l’Iva” aggiunge il presidente della Campania Stefano Caldoro. “Credo che siamo a qualche millimetro di distanza da una clamorosa rottura tra diversi attori dello Stato. E lo stato si compone di Governo centrale e sistema delle Regioni” ha chiarito Vendola.

Regioni verso la rottura. Si profila insomma una rottura dei rapporti tra Governo e Regioni. Le Regioni, ha spiegato il presidente della Basilicata e membro dell’ufficio di presidenza della conferenza Stato-Regioni Vito De Filippo, ritengono i tagli decisi dal Governo nella sanità per il 2012 “irricevibili”, visto che “sono venute meno le normali relazioni istituzionali tra Governo e Regioni, incidendo negativamente così sui principi costituzionali”. “Senza una risposta adeguata – ha avvertito De Filippo – andremo sicuramente a una rottura istituzionale con il governo molto forte”. I tagli relativi al 2012, ha affermato De Filippo, “devono essere condivisi con le Regioni”. “Se il Consiglio dei ministri dovesse dare il via libera al decreto legge sui tagli alla sanità – ha concluso De Filippo – si registreranno in tutto il paese gravissime difficoltà nei sistemi sanitari regionali, i quali non potranno più erogare i servizi essenziali come fatto finora”.

I medici: “Colpo al servizio sanitario nazionale”. Sarebbe “un colpo al cuore del Servizio sanitario nazionale” che provocherebbe “un danno assoluto per i cittadini che dovrebbero fare i conti con un sistema non più in grado di garantire prestazioni e cure all’altezza”. L’allarme, raccolto da Adnkronos Salute, sono i principali sindacati della dirigenza medica del Ssn (Anaao Assomed, Cimo Asmd e Fp Cgil medici), preoccupati dalle misure a cui starebbe lavorando il Governo in materia di spending review. A preoccupare i camici bianchi sono soprattutto due punti della bozza del decreto sulla revisione della spesa: la riduzione del numero dei posti letto ospedalieri – che nelle intenzioni del Governo dovrebbe passare da 4,2 a 3,7 per mille abitanti – e il taglio del Fondo sanitario nazionale, stimato in 1 miliardo per il 2012, di 2 per il 2013 e di altri 2 per il 2014.

Protestano anche i partiti. I malumori crescono anche in Parlamento. Sia in maggioranza che all’opposizione. “Noi siamo d’accordo di evitare l’aumento dell’Iva e a ridurre i costi della pubblica amministrazione, ma non accettiamo tagli alle prestazioni sociali, come la sanità, la scuola, e i servizi essenziali dei comuni” avverte il segretario del Pd Pierluigi Bersani. “Nessuno pensi di fare cassa mettendo le mani nelle tasche degli italiani, non saremo disposti a sostenere misure che riducano i diritti e le tutele degli italiani – interviene il capogruppo del Pdl al Senato Maurizio Gasparri – La spending review deve tagliare gli sprechi e non i servizi sociali a favore dei cittadini”. Durissimo Antonio Di Pietro, secondo cui per il governo la spending review si traduce in un “gioco sporco”. “Come altro si può chiamare il paventato taglio dei fondi all’universitò e alla scuola pubblica per dare altri soldi a quella privata? Come altro si può definire il taglio dei posti letto negli ospedali e delle risorse alle regioni, che saranno costrette a ridurre drasticamente i trasporti locali, a danno dei pendolari che ogni mattina vanno a lavorare?”.

Fuori dal coro solo Pierferdinando Casini (Udc): “Noi sosteniamo ancora una volta le scelte impopolari del governo Monti, perchè sono utili al Paese”. Angelino Alfano promuove un “taglio severo agli sprechi”. Il segretario Pdl auspica che la “ricetta” del governo sia “di buon senso: in questa fase di crisi serve meno spesa pubblica, meno debito. Due cose che devono servire a finanziare il taglio delle tasse”. “Acquisti di beni e servizi, Pubblica amministrazione, bilancio dello Stato 2011: 140 milioni di euro. E’ evidente che si tratta di una voce su cui, in tempi di rigore finanziario e di riduzione della spesa e’ giusto intervenire” ha invece ha sostenuto il presidente della Camera Gianfranco Fini. “Sarebbe meno giusto intervenire se, come qualcuno temne, ci fosse una riduzione dei servizi sociali primari, a partire da quelli che riguardano il diritto alla salute”. Soddisfatto il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi: “Io ho un enorme fiducia nelvostro concittadino Enrico Bondi: lo conosco da tanti anni e lui mi dà la garanzia che non ci fermeremo qui”.

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