Tutti parlano dell’unione politica dell’Europa come dell’Unica Via di Salvezza per l’Euro. Ma “unione politica” vuol dire “stato sovranazionale”, uno Stato unico, come gli Stati Uniti! Il sillogismo dominante è il seguente. L’Euro ormai c’è: uscirne sarebbe molto costoso e doloroso. Ma l’Euro non ce la fa senza l’unione politica. Ergo: bisogna fare l’unione politica, in fretta. Lo dicono Profondi Ponzatori di destra e di sinistra: a ripeterlo, fai un figurone.
Eppure, questa storia non quadra. Non quadra per niente.
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Io l’unione politica vorrei ancora farla, però liberamente, non perché costretto (dalla crisi). Né sono sicuro che oggi i popoli d’Europa desiderino unirsi, considerati i malumori e le incomprensioni che la pessima gestione della crisi ha suscitato.
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Nel caso, vorrei poter discutere, scegliere anch’io che tipo di Stato, di regole, di istituzioni creiamo: altrimenti sentirei di aver perso la libertà.
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Non mi piace la germanizzazione dell’Europa, men che meno la costituzionalizzazione dell’agenda neoliberista (di cui pure condivido alcuni aspetti) che Monti e Draghi, assieme alle destre EU, stanno promuovendo.
Un processo così poco democratico che radici può avere? La propaganda tecnocratica insiste sulla necessità “economica” dell’Unione, finge scelte “neutrali”, si autoassolve per la crisi, promuove il linciaggio mediatico del dissenso: “Tu fai salire gli spread!” Dovrebbero ricordare che nel 2005 gli elettori bocciarono la Costituzione Europea. Stavolta si fa di tutto per evitare che i popoli si esprimano liberamente: può funzionare? Solo se la democrazia viene ulteriormente compressa; in caso contrario, c’è uno spread fra questi governanti e la realtà.
È stato penoso in questi giorni assistere alla retromarcia di Squinzi; ma anche all’aggressività dei suoi censori – Montezemolo, gli scalfariani scatenati -; e all’ignavia del PD (Letta) e di Napolitano. Il quale, come Bersani (che a differenza di Di Pietro e Grillo avrebbe l’infrastruttura culturale per fare proposte alternative), continua a chiamare “politiche anti-crisi” il Grand Plan neoliberista, e auspica che i partiti continuino sulla stessa linea “anche dopo le elezioni del 2013”. Anti crisi? Lo sa il Presidente che da quando Monti c’è gli spread si sono mangiati tutte le manovre fatte, e altro ancora? Questo per quanto riguarda la finanza pubblica. E che dire dell’economia reale? Di cosa stiamo parlando?
Il che mi riporta alla crisi. Il mantra dominante, infatti, non quadra neppure nelle premesse.
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Non è vero che per risolvere la crisi occorre l’unione politica dell’Europa. E comunque, non quella che hanno in mente. E comunque, prima si potrebbero fare ben altri tentativi.
Certo, negli USA se fallisce la California non è una tragedia: i cittadini ricevono da Washington quasi tutti i servizi e le prestazioni sociali. Ma di queste redistribuzioni regionali l’Europa non parla nemmeno. Qui i modelli neoliberisti non offrono soluzioni: le cadute della domanda “si risolvono da sole”. Perciò le politiche sono solo reattive: ad ogni smottamento cercando di puntellare la situazione con i soldi (Eurobonds; Fondo Taglia Spread; Salva Banche; ecc.) dei paesi che ancora li hanno. Non riescono proprio a vedere altre soluzioni. Ma la Germania giustamente risponde: se volete i mei soldi, voglio poter controllare come li usate: in altre parole, voglio l’unione politica.
Chi frequenta questo blog dovrebbe essere familiare con le proposte anti crisi di stampo keynesiano (Manifesto), e sa che la crisi si può risolvere subito e senza chiedere soldi alla Germania. Quindi senza la necessità di un’ampia unione politica, ma solo di alcune profonde innovazioni su specifici punti, decisivi della governance dell’Euro.
Le attuali politiche invece alimentano le tensioni, intorno a una torta sempre più piccola. Al tempo stesso, obbligano popoli in realtà molto diversi a subire un’unione politica prematura e frettolosa. Che tra l’altro escluderebbe i paesi fuori dall’Euro (Gran Bretagna), con tradizioni democratiche ben più profonde della Germania. Tutto questo perché, invece di adattare le politiche economiche alle necessità del mondo, preferiscono piegare il mondo alle loro dottrine. Un gruppo di fanatici “di centro” tiene in ostaggio i popoli d’Europa.