Alla fine non ci sta nessuno e il sentimento di fastidio diventa palese. Dal ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera (“giudizio ingiustificato e fuorviante”) al numero uno di Confindustria Giorgio Squinzi (l’Italia resta “molto più forte di quello che appare”), passando, tra una dichiarazione e l’altra, per il sottosegretario al Tesoro Gianfranco Polillo che parla di “motivazioni deboli” esprimendo “forti perplessità”. Si allarga a macchia d’olio il fronte degli indignados dopo l’annuncio della scorsa notte con cui l’agenzia di rating Moody’s ha declassato l’Italia a quota Baa2, a due passi, anzi a due notches, dalla cosiddetta area speculative, quella dei titoli a significativo rischio insolvenza. Un fronte ampio, pressoché unanime in realtà se si considera la pronta reazione dell’Europa che si è affrettata a sottolineare “gli sforzi senza precedenti” compiuti dal Paese giudicando “inopportuno” il giudizio dell’agenzia. Tutti contro, insomma, tutti profondamente risentiti. A ragion veduta?
A guardare i numeri verrebbe da dire di sì. Oggi l’Italia ha concluso con successo la sua asta sui titoli triennali collocando l’importo massimo di 3,5 miliardi ad un tasso del 4,65% contro il precedente 5,3 del giugno scorso. Un risultato buono sulla scia di quello di ieri quando sono stati emessi 7,5 miliardi di euro di Bot annuali al 2,697% contro il 3,97 dell’asta dello scorso mese. Oggi il Btp decennale rende il 6,05% con uno spread attorno ai 478 punti. Piazza Affari, intanto, chiude guadagnando lo 0,96%. Positive anche le altre piazze europee con Parigi a +1,46%, Francoforte a +2,15 e Londra a +1,03%.
La spiegazione è relativamente semplice. Il mercato, presumibilmente, è oggi talmente ribassato da non risentire quasi dei segnali negativi lanciati dall’agenzia. In pratica, come già si è detto tante volte, è come se gli operatori avessero già scontato in precedenza le analisi negative degli osservatori. Le hanno anticipate, insomma, ora possono anche ignorarle. “Il downgrade di Moody’s é stata una disgrazia ma il mercato ci ha premiato e l’asta è andata bene” ha dichiarato Monti dalla Allen Conference di Sun Valley, nell’Idaho, dove si è recato per convincere gli investitori Usa a puntare ancora sulla Penisola. Il senso della giornata dei mercati è racchiuso proprio in questa frase.
Eppure il declassamento di Moody’s porta con sé anche validi motivi di preoccupazione. Per capirlo basta guardare alle motivazioni espresse dall’agenzia che, oltre a sottolineare i rischi di instabilità politica dell’Italia, ha segnalato il permanere di un rischio contagio proveniente dalla Grecia e dalla Spagna. Atene non sta risolvendo i suoi problemi e la Ue appare sempre più indispettita dall’atteggiamento del governo greco e dalle sue richieste di deroga alle scadenze temporali del programma di risanamento contabile. La Spagna ha appena annunciato un piano aggiuntivo di austerity che promette nuova recessione e conseguente tensioni sui mercati. In questo contesto, il giudizio di vulnerabilità espresso da Moody’s verso l’Italia non appare poi così assurdo.
Gira e rigira, insomma, si ritorna alla questione fondamentale della mancanza di una strategia credibile a livello europeo. Il piano antispread approvato lo scorso 29 giugno rappresenta un compromesso di dubbia efficacia. La Germania ha di fatto autorizzato l’Esm ad acquistare i titoli dei Paesi sotto attacco speculativo, ma nel dare mandato alla Bce di agire come agente fiscale ha ottenuto la limitazione del potenziale di intervento all’ammontare della capitalizzazione stessa del fondo salva Stati. In sintesi, la Banca centrale potrà contare su risorse finite per un totale di liquidità disponibile non superiore a 500 miliardi. Il controvalore dei debiti pubblici di Italia e Spagna vale all’incirca 2.800 miliardi. In queste condizioni, un attacco speculativo prolungato potrebbe risultare difficile da arginare in pieno. E a quel punto, occorre dirlo, non sarebbe (tutta) colpa di Moody’s.