“Per fermare questa follia sanguinaria che minaccia l’esistenza stessa della Siria, così come la pace e la stabilità della regione e del mondo, serve una risoluzione urgente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, in base all’articolo 7 della Carta delle Nazioni unite, per proteggere il popolo siriano”. L’articolo 7 è quello che regola le misure punitive contro un governo considerato una minaccia per la pace e autorizza anche la possibilità di un intervento militare. Con questa richiesta il principale gruppo di opposizione siriano, il Consiglio nazionale siriano, ha reagito alle notizie, arrivate nella notte, di un nuovo tremendo massacro che sarebbe stato compiuto dalle forze di sicurezza del regime di Bashar Assad.
Secondo i Comitati locali di coordinamento, l’esercito siriano con carri armati ed elicotteri ha attaccato e praticamente distrutto il villaggio di al Tremseh, nella zona centrale del paese, provincia di Hama, uccidendo almeno 150 persone. Altre fonti parlano di non meno di 200 morti. Molti di più quindi del massacro di Hula (105 vittime, in gran parte donne e bambini), che l’Onu ha attribuito al regime, anche se non è stato compiuto dall’esercito regolare ma dalle milizie al Shabiha. Secondo il racconto di alcuni abitanti del villaggio, rimbalzato sulle agenzie di stampa internazionali, gli Shabiha sarebbero entrati in azione anche in questo caso, a uccidere civili casa per casa, dopo che tank ed elicotteri d’attacco hanno a lungo bombardato il villaggio.
I gruppi dell’opposizione sostengono che l’esercito abbia circondato il villaggio, che era controllato dai miliziani del Free Syria Army e ha iniziato a bombardarlo. Successivamente, uomini armati delle milizie filogovernative provenienti da una vicina zona alawita avrebbero “completato il lavoro”, bruciando le case di Tremseh.
Completamente diversa la versione della tv di stato siriana, che, come per la strage di Hula, punta il dito contro «gruppi di terroristi» che avrebbero compiuto questo nuovo eccidio con l’obiettivo di far salire la tensione internazionale prima dell’incontro previsto all’Onu per valutare la missione di osservazione compiuta finora dai circa trecento caschi blu presenti nel paese. «I media assetati di sangue in collaborazione con gruppi di terroristi hanno massacrato gli abitanti del villaggio di Tremseh – dice una nota dell’agenzia di stampa ufficiale Sana – per sobillare l’opinione pubblica contro la Siria e il suo popolo e provocare un intervento internazionale alla vigilia dell’incontro del Consiglio di sicurezza dell’Onu».
Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, la Ong indipendente basata a Londra e attiva fin dal 2004, le vittime potrebbero essere oltre 100 ma finora c’è stata conferma accurata (ovvero nomi e circostanze della morte) solo per una trentina di persone. La missione dei caschi blu, iniziata in aprile dopo il primo accordo mediato dall’inviato speciale di Onu e Lega Araba Kofi Annan, scade il 20 luglio ed è sostanzialmente fallita. Nella riunione del Consiglio di sicurezza che deve discutere se e a che condizioni rinnovarne il mandato, i paesi occidentali e alcuni paesi arabi si preparano a chiedere un testo più robusto contro il regime di Assad e a proporre un ultimatum di 10 giorni. La Russia, però, non sembra intenzionata a modificare la linea tenuta finora e quindi potrebbe di nuovo porre il veto. Anzi, il viceministro degli esteri Gennady Gatilov non ha risparmiato critiche alla mediazione di Annan: “Per essere onesti – ha detto all’agenzia di stampa Interfax – ci sembra che i nostri partner non siano pronti quanto la Russia a lavorare sui gruppi di opposizione, e Kofi Annan è il principale mediatore in questo processo. Sfortunatamente non vediamo alcun risultato pratico dagli incontri suoi e del suo team con i gruppi di opposizione”. Gatilov ha ripetuto che ogni spiegamento di forze internazionali deve avere il consenso delle parti e «per quanto ne so, il governo siriano non è pronto” a una presenza che non sia quella degli osservatori disarmati.
Il ministro degli esteri italiano Giulio Terzi, echeggiando le parole dei suoi colleghi europei, concordi nella condanna del nuovo massacro attribuito alle forze del regime, ha invece detto che ci sarebbe bisogno di «una missione più muscolare, che sia anche in grado di difendersi se necessario». Cioè una missione armata. Per Terzi, «quello che è accaduto ieri in Siria è spaventoso» e l’occasione per rafforzare la missione Onu nel paese potrebbe essere proprio l’incontro al Consiglio di sicurezza che necessariamente deve produrre una risoluzione, pena l’interruzione della presenza dei caschi blu a Damasco.
di Joseph Zarlingo
Mondo
Siria, nuovo massacro di civili: almeno 150 morti. Terzi: ‘Serve missione più muscolare’
L’esercito siriano con carri armati ed elicotteri ha distrutto il villaggio di al Tremseh. L'opposizione al regime: "Per fermare questa follia sanguinaria serve una risoluzione urgente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu". Il ministro degli Esteri italiano: "Occorre essere in grado di difendersi se necessario"
“Per fermare questa follia sanguinaria che minaccia l’esistenza stessa della Siria, così come la pace e la stabilità della regione e del mondo, serve una risoluzione urgente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, in base all’articolo 7 della Carta delle Nazioni unite, per proteggere il popolo siriano”. L’articolo 7 è quello che regola le misure punitive contro un governo considerato una minaccia per la pace e autorizza anche la possibilità di un intervento militare. Con questa richiesta il principale gruppo di opposizione siriano, il Consiglio nazionale siriano, ha reagito alle notizie, arrivate nella notte, di un nuovo tremendo massacro che sarebbe stato compiuto dalle forze di sicurezza del regime di Bashar Assad.
Secondo i Comitati locali di coordinamento, l’esercito siriano con carri armati ed elicotteri ha attaccato e praticamente distrutto il villaggio di al Tremseh, nella zona centrale del paese, provincia di Hama, uccidendo almeno 150 persone. Altre fonti parlano di non meno di 200 morti. Molti di più quindi del massacro di Hula (105 vittime, in gran parte donne e bambini), che l’Onu ha attribuito al regime, anche se non è stato compiuto dall’esercito regolare ma dalle milizie al Shabiha. Secondo il racconto di alcuni abitanti del villaggio, rimbalzato sulle agenzie di stampa internazionali, gli Shabiha sarebbero entrati in azione anche in questo caso, a uccidere civili casa per casa, dopo che tank ed elicotteri d’attacco hanno a lungo bombardato il villaggio.
I gruppi dell’opposizione sostengono che l’esercito abbia circondato il villaggio, che era controllato dai miliziani del Free Syria Army e ha iniziato a bombardarlo. Successivamente, uomini armati delle milizie filogovernative provenienti da una vicina zona alawita avrebbero “completato il lavoro”, bruciando le case di Tremseh.
Completamente diversa la versione della tv di stato siriana, che, come per la strage di Hula, punta il dito contro «gruppi di terroristi» che avrebbero compiuto questo nuovo eccidio con l’obiettivo di far salire la tensione internazionale prima dell’incontro previsto all’Onu per valutare la missione di osservazione compiuta finora dai circa trecento caschi blu presenti nel paese. «I media assetati di sangue in collaborazione con gruppi di terroristi hanno massacrato gli abitanti del villaggio di Tremseh – dice una nota dell’agenzia di stampa ufficiale Sana – per sobillare l’opinione pubblica contro la Siria e il suo popolo e provocare un intervento internazionale alla vigilia dell’incontro del Consiglio di sicurezza dell’Onu».
Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, la Ong indipendente basata a Londra e attiva fin dal 2004, le vittime potrebbero essere oltre 100 ma finora c’è stata conferma accurata (ovvero nomi e circostanze della morte) solo per una trentina di persone. La missione dei caschi blu, iniziata in aprile dopo il primo accordo mediato dall’inviato speciale di Onu e Lega Araba Kofi Annan, scade il 20 luglio ed è sostanzialmente fallita. Nella riunione del Consiglio di sicurezza che deve discutere se e a che condizioni rinnovarne il mandato, i paesi occidentali e alcuni paesi arabi si preparano a chiedere un testo più robusto contro il regime di Assad e a proporre un ultimatum di 10 giorni. La Russia, però, non sembra intenzionata a modificare la linea tenuta finora e quindi potrebbe di nuovo porre il veto. Anzi, il viceministro degli esteri Gennady Gatilov non ha risparmiato critiche alla mediazione di Annan: “Per essere onesti – ha detto all’agenzia di stampa Interfax – ci sembra che i nostri partner non siano pronti quanto la Russia a lavorare sui gruppi di opposizione, e Kofi Annan è il principale mediatore in questo processo. Sfortunatamente non vediamo alcun risultato pratico dagli incontri suoi e del suo team con i gruppi di opposizione”. Gatilov ha ripetuto che ogni spiegamento di forze internazionali deve avere il consenso delle parti e «per quanto ne so, il governo siriano non è pronto” a una presenza che non sia quella degli osservatori disarmati.
Il ministro degli esteri italiano Giulio Terzi, echeggiando le parole dei suoi colleghi europei, concordi nella condanna del nuovo massacro attribuito alle forze del regime, ha invece detto che ci sarebbe bisogno di «una missione più muscolare, che sia anche in grado di difendersi se necessario». Cioè una missione armata. Per Terzi, «quello che è accaduto ieri in Siria è spaventoso» e l’occasione per rafforzare la missione Onu nel paese potrebbe essere proprio l’incontro al Consiglio di sicurezza che necessariamente deve produrre una risoluzione, pena l’interruzione della presenza dei caschi blu a Damasco.
di Joseph Zarlingo
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Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "È quello che abbiamo chiesto. Ma capire è una parola inutile. Io non capisco niente e chi ci capisce è bravo. Si chiede, si fa e si combatte per ottenere rispetto. Capire no, mi spiace. Magari, capire qualcosa mi piacerebbe". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni a palazzo Chigi ai cronisti che le chiedono se la giornalista potrà avere altre visite da parte dell'ambasciata.
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - Nella telefonata di ieri "avrei preferito notizie più rassicuranti da parte sua e invece le domande che ho fatto... glielo ho chiesto io, non me lo stava dicendo, le ho chiesto se ha un cuscino pulito su cui appoggiare la testa e mi ha detto 'mamma, non ho un cuscino, né un materasso'". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni a palazzo Chigi.
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "No, dopo ieri nessun'altra telefonata". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, ai cronisti dopo l'incontro a palazzo Chigi con la premier Giorgia Meloni. "Le telefonate non sono frequenti. E' stata la seconda dopo la prima in cui mi ha detto che era stata arrestata, poi c'è stato l'incontro con l'ambasciatrice, ieri è stato proprio un regalo inaspettato. Arrivano così inaspettate" le telefonate "quando vogliono loro. Quindi io sono lì solo ad aspettare".
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "Questo incontro mi ha fatto bene, mi ha aiutato, avevo bisogno di guardarsi negli occhi, anche tra mamme, su cose di questo genere...". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, lasciando palazzo Chigi dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni.
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "Cerca di essere un soldato Cecilia, cerco di esserlo io. Però le condizioni carcerarie per una ragazza di 29 anni, che non ha compiuto nulla, devono essere quelle che non la possano segnare per tutta la vita". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni a palazzo Chigi.
"Poi se pensiamo a giorni o altro... io rispetto i tempi che mi diranno, ma le condizioni devono essere quelle di non segnare una ragazza che è solo un'eccellenza italiana, non lo sono solo il vino e i cotechini". Le hanno detto qualcosa sui tempi? "Qualche cosa - ha risposto -, ma cose molto generiche, su cui adesso certo attendo notizie più precise".
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "La prima cosa sono condizioni più dignitose di vita carceraria e poi decisioni importanti e di forza del nostro Paese per ragionare sul rientro in Italia, di cui io non piango, non frigno e non chiedo tempi, perché sono realtà molto particolari". Lo ha detto Elisabetta Vernoni, mamma di Cecilia Sala, dopo l'incontro a palazzo Chigi con la premier Giorgia Meloni.
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "Adesso, assolutamente, le condizioni carcerarie di mia figlia". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni a palazzo Chigi ai cronisti che le chiedono quali siano le sua maggiori preoccupazioni. "Lì non esistono le celle singole, esistono le celle di detenzione per i detenuti comuni e poi le celle di punizione, diciamo, e lei è in una di queste evidentemente: se uno dorme per terra, fa pensare che sia così...".