È di stamani la notizia del sequestro preventivo di 2300 prosciutti Dop (Parma – San Daniele – Modena) da parte del Nas di Cremona in diversi stabilimenti di stagionatura, oltre al sequestro di 750 maiali destinati alla macellazione e 30 tonnellate di scarti dell’industria alimentare destinati agli impianti di biogas, cioè rifiuti speciali. Venivano dati come mangime ai maiali stessi.
Si stima che negli ultimi 24 mesi siano state stoccate circa 250 tonnellate di rifiuti agroalimentari con cui sono stati alimentati circa 2 mila suini e ottenuti circa 3.500 prosciutti. Il proprietario dell’allevamento di suini è stato denunciato per frode in commercio e vendita di prodotto non genuini, ma anche per traffico illecito di rifiuti in concorso col titolare di due aziende alimentari (una nel mantovano e una nel parmense) che gli vendeva gli scarti di produzione.
La notizia fa seguito a tutti i dibattiti e le campagne delle ultime settimane negli Stati Uniti a favore di un maggiore controllo sull’alimentazione e sull’uso di antibiotici (sempre meno efficaci sull’uomo) negli allevamenti intensivi. Specie considerando che l’80% degli antibiotici prodotti negli Stati Uniti viene dato agli animali d’allevamento. Una percentuale impressionante. Non riporterò oggi gli studi che legano i rischi sulla salute legati al consumo di tali carni, penso che basti questo semplice “specchietto” fatto dall’Università di Princeton.
“Gli antibiotici usati negli allevamenti intensivi” ha riportato Nature in uno degli ultimi editoriali “non servono solo a prevenire o trattare le infezioni, ma anche a far crescere gli animali più velocemente. Questo sta portando ad avere batteri resistenti agli antibiotici negli animali, tale resistenza può diffondersi anche nei batteri che attaccano i nostri organismi”.
Peraltro, da un punto di vista squisitamente nutrizionale, mangiare carne d’allevamento intensivo è poco salutare: accentua lo squilibrio omega 3-omega 6 a favore di questi ultimi, che stimolano la fabbricazione di cellule adipose fin dalla nascita e favoriscono l’accumulo di grassi, la coagulazione e le risposte infiammatoria delle cellule alle aggressione esterne. Dunque i tumori. Ed è proprio il rapporto omega 3- omega 6 ad aver rappresentato il cambiamento più rilevante nella nostra alimentazione degli ultimi 50 anni. Agli animali d’allevamento intensivo vengono dati (oltre agli antibiotici) perlopiù mais e soia e frumento, non di rado geneticamente modificati. E gli omega 3 dell’erba sono pressoché inesistenti.
Non tralasciamo che in Italia si consuma quasi il doppio della carne consigliata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Perché noi ignoriamo la dieta mediterranea (locuzione che specie in questo giornale ha reminiscenze minzoliniane, come se non fosse legata all’epidemia di cancro e al diritto alla salute) e ci facciamo abbindolare – oltre che intossicare – dalla dieta Dukan, gastronomi inclusi. Proprio un argomento da sottovalutare, un tipico riempitivo di fine telegiornale in programmazione estiva…
Un capitolo a parte merita l’impatto ambientale degli allevamenti intensivi, che è inquietante: più dannoso di quello dei trasporti. Pare incredibile ma gli allevamenti sono responsabili del 65% delle emissioni di protossido di azoto, gas che contribuisce all’effetto serra 296 volte di più dell’anidride carbonica. Il metano emesso per esempio dalle vacche (grazie alla loro mal tollerata alimentazione), fatto che suscita più ilarità che indignazione o accessi di intelligenza in non pochi italiani, influisce 23 volte più dell’anidride carbonica sul riscaldamento del pianeta. Inoltre 1/3 dei terreni coltivabili è riservato a mais e soia ma, giacché non è sufficiente a soddisfare l’aumento della domanda, ci sarà sempre più deforestazione. Ovviamente, poi, l’allevamento intensivo è anche una delle attività più nocive per le risorse idriche del pianeta.
Del resto buona parte delle risorse agricole mondiali va a sfamare animali che nutrono un miliardo di persone carnivore in Occidente, ma costringendo alla fame un miliardo di persone nei paesi sottosviluppati, fra cui la morte di migliaia di bambini al giorno per malnutrizione.
Ora, ho già scritto di non essere né vegetariano, né vegano, né crudista, né fruttariano (sic). Al più mi professo cristiano. Consumo occasionalmente carne, specie ruspante o selvaggia, e specie non in forma di insaccati. E dunque non avrei niente contro il consumo di carne se non fosse che i modelli di consumo degli alimenti di origine animale stanno distruggendo il pianeta. Stiamo distruggendo noi stessi. Come scrisse Michael Lerner “non si può vivere sani su un pianeta malato”.
Vi lascio con un video, che mi è stato mandato ieri per e-mail, su uno degli allevamenti intensivi che riforniscono i supermercati Walmart: ossia il più grande rivenditore al dettaglio del mondo. Prima multinazionale al mondo per fatturato e numero di dipendenti.