Con l’ultimo numero in edicola, la rivista Quattroruote ha finalmente deciso di interessarsi della questione della sicurezza dei ciclisti sulle nostre strade con un articolo il cui titolo lascia adito a ben poche possibilità di interpretazione “Vogliamo il caso per i ciclisti”.
La rivista di riferimento degli automobilisti italiani sembra aver scelto la via più breve e più semplice per risolvere il problema della sicurezza di chi va in bici: se il risultato della convivenza tra utenti della strada corazzati e utenti della strada indifesi è che questi ultimi troppo spesso rimangono feriti o uccisi, allora corazziamo chi ancora non lo è.
L’assunto alla base di questa proposta è molto semplice: se molti ciclisti perdono la vita sulle strade è perché picchiano la testa e quindi imponiamo loro per legge l’obbligo di indossare il casco.
Da un punto di vista logico il ragionamento presentato non fa un piega, ma indubbiamente manca di considerare alcuni elementi:
- I ciclisti subiscono dei forti traumi cerebrali generalmente dopo essere stati urtati violentemente da camion o automobili. Quindi se la causa del decesso di molti ciclisti è il trauma cranico, allora l’arresto cardiaco è la causa di morte di tutti coloro che vengono colpiti al cuore dai proiettili.
- Richiedere l’obbligatorietà del casco significa inserire un’ulteriore legge all’interno del nostro ordinamento: se i nostri vigili urbani non riescono a sconfiggere o almeno a scoraggiare il fenomeno della sosta in doppia fila (o della cattiva abitudine di molti ciclisti di attraversare con il semaforo rosso), davvero ci aspettiamo che riescano a rendere effettivo questo obbligo nei confronti dei ciclisti nostrani?
- È vero, chi va in bici e rimane coinvolto in qualche incidente, spesso perde la vita dopo aver picchiato la testa, però se vogliamo salvaguardare un numero considerevole di vite umane sulla strada, forse è meglio concentrarsi sui numeri invece che su assiomi preconfezionati privi di qualunque validità scientifica. Ebbene, guardando i numeri, scopriamo che circa la metà delle ferite alla testa (non solo sulle strade) avviene proprio all’interno delle automobili.
![](http://www.ilfattoquotidiano.it/wp-content/uploads/2012/07/infortunio-testa-no-casco.jpg)
Sulla base di quest’ultimo elemento, un cretinetti qualunque, magari giornalista di un’ipotetica testata giornalistica “DueRuote”, potrebbe arrivare a proporre l’obbligatorietà del casco per tutti gli automobilisti, ma è evidente a tutti quanto sarebbe folle questa proposta. Forse la soluzione migliore sarebbe concentrarsi sulle cause degli incidenti e non sulle cause dei decessi, cioè il mancato rispetto delle regole della strada, la cattiva progettazione, la mancata separazione del traffico leggero da quello pesante e la velocità troppo elevata nei centri abitati.
E nel resto del mondo?
Gli unici paesi in cui il casco è stato reso obbligatorio per i ciclisti sono l’Australia e la Nuova Zelanda. I risultati sono stati una drastica riduzione nell’uso della bicicletta e una non diminuzione nel numero delle morti, al punto che la città di Sidney sta spingendo per una revisione della legge. Israele ha abrogato l’obbligo d’uso del casco dopo 4 anni di sperimentazioni che si sono rivelate fallimentari. In Danimarca nel 2009 il Parlamento ha bocciato la proposta di legge per l’obbligo del casco, la Svizzera un mese e mezzo fa ha espresso un parere che va nella stessa direzione.
Parere contrario è stato ripetutamente espresso anche dalla Federazione Italiana Amici della Bicicletta e dalla European Cyclists’s Federation (che dovrebbero avere a cuore la sicurezza dei ciclisti più di ogni altra cosa).
Come diceva quel vecchio motto? “Prima di azionare la bocca accertarsi che il cervello sia perfettamente funzionante”.
Quindi, si al casco, no all’obbligo!
Paolo Pinzuti
Editore di bikeitalia.it
Società - 30 Luglio 2012
Il casco obbligatorio per gli automobilisti
Con l’ultimo numero in edicola, la rivista Quattroruote ha finalmente deciso di interessarsi della questione della sicurezza dei ciclisti sulle nostre strade con un articolo il cui titolo lascia adito a ben poche possibilità di interpretazione “Vogliamo il caso per i ciclisti”.
La rivista di riferimento degli automobilisti italiani sembra aver scelto la via più breve e più semplice per risolvere il problema della sicurezza di chi va in bici: se il risultato della convivenza tra utenti della strada corazzati e utenti della strada indifesi è che questi ultimi troppo spesso rimangono feriti o uccisi, allora corazziamo chi ancora non lo è.
L’assunto alla base di questa proposta è molto semplice: se molti ciclisti perdono la vita sulle strade è perché picchiano la testa e quindi imponiamo loro per legge l’obbligo di indossare il casco.
Da un punto di vista logico il ragionamento presentato non fa un piega, ma indubbiamente manca di considerare alcuni elementi:
Sulla base di quest’ultimo elemento, un cretinetti qualunque, magari giornalista di un’ipotetica testata giornalistica “DueRuote”, potrebbe arrivare a proporre l’obbligatorietà del casco per tutti gli automobilisti, ma è evidente a tutti quanto sarebbe folle questa proposta. Forse la soluzione migliore sarebbe concentrarsi sulle cause degli incidenti e non sulle cause dei decessi, cioè il mancato rispetto delle regole della strada, la cattiva progettazione, la mancata separazione del traffico leggero da quello pesante e la velocità troppo elevata nei centri abitati.
E nel resto del mondo?
Gli unici paesi in cui il casco è stato reso obbligatorio per i ciclisti sono l’Australia e la Nuova Zelanda. I risultati sono stati una drastica riduzione nell’uso della bicicletta e una non diminuzione nel numero delle morti, al punto che la città di Sidney sta spingendo per una revisione della legge. Israele ha abrogato l’obbligo d’uso del casco dopo 4 anni di sperimentazioni che si sono rivelate fallimentari. In Danimarca nel 2009 il Parlamento ha bocciato la proposta di legge per l’obbligo del casco, la Svizzera un mese e mezzo fa ha espresso un parere che va nella stessa direzione.
Parere contrario è stato ripetutamente espresso anche dalla Federazione Italiana Amici della Bicicletta e dalla European Cyclists’s Federation (che dovrebbero avere a cuore la sicurezza dei ciclisti più di ogni altra cosa).
Come diceva quel vecchio motto? “Prima di azionare la bocca accertarsi che il cervello sia perfettamente funzionante”.
Quindi, si al casco, no all’obbligo!
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Roma, 18 feb. (Adnkronos) - Martedì 25 alle ore 15.30 si svolgeranno le commemorazioni dell'Ambasciatore Attanasio e del carabiniere Iacovacci. Poi il primo punto all'ordine del giorno è la mozione di sfiducia a Daniela Santanchè.
(Adnkronos) - La sede opportuna, ha sottolineato Ciriani, "è il Copasir che è un organo del Parlamento e non del governo, ed è presieduto da un componente delle opposizioni. E' quella la sede in cui il governo fornisce tutte le informazioni del caso: oggi è stato audito Valensise, la settimana scorsa Caravelli e la prossima settimana sarà audito Frattasi. Da parte del governo non c'è alcun volontà di non dare informazioni, ma di darle nelle sedi opportune".
E anche sulla richiesta delle opposizioni di sapere se Paragon sia stato utilizzato dalla polizia penitenziaria, Ciriani ribadisce che saranno date "riposte nelle sedi opportune. C'e' un luogo in cui dare risposte e un altro luogo in cui non si possono dare, ma questo è la legge a disporlo, non è il governo". Infine viste le proteste dei gruppi più piccoli che non sono rappresentati nel Copasir, Ciriani ha ricordato che "è la legge che lo prevede, non dipende dal governo".
Roma, 18 feb. (Adnkronos) - Martedì 25 al mattino si terrà discussione generale sulla mozione di sfiducia al ministro Carlo Nordio. Lo ha stabilito la conferenza dei capigruppo della Camera.
Roma, 18 feb. (Adnkronos) - La conferenza dei capigruppo ha stabilito che domani dalle 18 votazione si svolgerà la chiama per la fiducia sul dl Milleproroghe. Le dichiarazioni di voto inizieranno alle 16 e 20. Il voto finale sul provvedimento è previsto per giovedì.
Roma, 18 feb. (Adnkronos) - Le opposizioni protestano con il governo e con il presidente della Camera Lorenzo Fontana sulla mancata interrogazione al question time sul caso Paragon. "Il governo si sottrae al confronto con il Parlamento. Siamo totalmente insoddisfatti sulle motivazioni apportate dal ministro Ciriani" che ha ribadito come il governo ritenga "non divulgabili" le informazioni sul caso, ha detto la presidente dei deputati Pd, Chiara Braga, al termine della capigruppo a Montecitorio. "E abbiamo chiesto anche al presidente Fontana di rivalutare la sua scelta".
"Il governo ha avuto l'atteggiamento di chi è stato preso con le mani nella marmellata: tutti hanno parlato, ma ora che abbiamo chiesto se lo spyware fosse utilizzato dalla polizia penitenziaria scatta il segreto...", osserva il capogruppo di Iv, Davide Faraone. Per Riccardo Magi di Più Europa si tratta "di un altro colpo alle prerogative del Parlamento. Si toglie forza a uno dei pochissimi strumenti che si hanno per ottenere risposte dal governo".
Roma, 18 (Adnkronos) - "Si tratta di informazioni non divulgabili" e come tali "possono essere divulgate solo nelle sedi opportune" come il Copasir. Lo ha detto il ministro Luca Ciriani al termine della capigruppo alla Camera a proposito delle interrogazioni al governo da parte delle opposizioni sul caso Paragon. "Da parte del governo non c'è alcun volontà di non dare informazioni, ma di darle nelle sedi opportune".
Milano, 18 feb. (Adnkronos) - "Sono molto sollevato per la decisione del giudice Iannelli che ha escluso la richiesta di arresti domiciliari a mio carico. Ciò mi permette di proseguire il mio lavoro di architetto e anche di portare a termine l’incarico di presidente di Triennale e di docente del Politecnico di Milano". Lo afferma Stefano Boeri dopo la decisione del gip di Milano che ha disposto un'interdittiva che gli vieta per un anno di far parte di commissioni giudicatrici per procedure di affidamento di contratti pubblici.
L'archistar è indagato insieme a Cino Paolo Zucchi e Pier Paolo Tamburelli per turbativa d'asta nell'inchiesta per la realizzazione della Beic, la Biblioteca Europea di Informazione e Cultura. "Ribadisco la mia piena fiducia nel lavoro della magistratura e non vedo l’ora di poter chiarire ulteriormente la mia posizione. Non nascondo però la mia inquietudine per tutto quello che ho subito in queste settimane e per i danni irreversibili generati alla mia vita privata e professionale" conclude Boeri in una nota.