Illeciti nella gestione dei fondi pubblici: succede in Calabria, dove sono arrivate le sentenze di condanna per nove dei 26 imputati del processo Why Not. Per Luigi De Magistris, che nel 2006 avviò l’inchiesta, è la dimostrazione che ”c’era molto di più, altrimenti non mi avrebbero strappato la toga da pubblico ministero. Non è il mio processo perché quello che avevo istruito arriva fino a quando mi hanno avocato l’inchiesta – ha sottolineato l’attuale sindaco di Napoli – però accolgo con favore il fatto che anche chi successivamente ha ereditato l’inchiesta, anche se in forma e seguendo percorsi diversi dai miei, ha portato a una sentenza”.
Il tribunale di Catanzaro ha inflitto la pena più pesante (3 anni e 6 mesi) a Gianfranco Franzé, presidente del consorzio Brutium che fece incetta di commesse pubbliche e fondi europei. Per lui, i giudici hanno disposto anche la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni e il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione per tutta la durata della pena. Oltre a Franzé, sono stati condannati Rosalia Marasco (2 anni), Rosario Calvano (8 mesi), Dionisio Gallo (8 mesi), Domenico Basile (8 mesi), Antonio Gargano (1 anno e 6 mesi), Michelangelo Spataro (1 anno), Filomeno Pometti (1 anno) e Michele Montagnese (1 anno).
L’inchiesta fu avviata nel 2006 dall’allora sostituto procuratore della Repubblica di Catanzaro De Magistris e poi, dopo l’avocazione a quest’ultimo, affidata alla Procura generale di Catanzaro. Un cambio di direzione molto discusso all’epoca, avvenuto secondo l’attuale sindaco di Napoli proprio “per volontà di Mastella“. L’allora ministro della Giustizia era indagato in Why Not ed era stato prosciolto dopo la sottrazione del fascicolo a De Magistris. L’ex Pm a sua volta, insieme al consulente tecnico Gioacchino Genchi era stato rinviato a giudizio proprio per i tabulati telefonici utilizzati nell’ambito dell’inchiesta. “Volevo fare il magistrato per tutta la vita – ha dichiarato De Magistris dopo la sentenza – questo è un dolore che non si rimargina”.
Tutti i politici coinvolti sono stati assolti: si tratta di Nicola Adamo, eletto nel consiglio regionale per il Pd ma passato al gruppo misto, Ennio Morrone del Pdl, primo dei non eletti in consiglio regionale dove però era riuscito ad entrare per sostituire l’on. Francesco Morelli e Aldo Curto, dirigente regionale. Assolti anche Marino Magarò, Gennaro Ditto, Pasquale Citrigno, Pasquale Marafioti e Antonino Gatto.
Per gli altri otto indagati (Antonio Mazza, Rosario Baffa Caccuri, Giorgio Ceverini, Ernesto Caselli, Giuseppe Pascale, Antonio Esposito, Clara Magurno e per la principale teste dell’accusa, Caterina Merante) i reati sono estinti per intervenuta prescrizione. Nei confronti di un ventisettesimo imputato, Cesare Carlo Romano, i giudici hanno dichiarato il reato estinto per “morte del reo”. Nella sentenza è stato disposto anche il risarcimento alle parti civili ed in particolare la somma di 9 ila euro a Fincalabra e 100mila euro alla Regione Calabria.