Mi occupo di trasporti, ma ho lavorato 13 anni in paesi poverissimi, dove il trasporto dei prodotti agricoli era fondamentale per le loro economie, quindi ho dovuto occuparmi indirettamente anche di agricoltura, specialmente in relazione alle politiche protezionistiche europee e americane. Comunque sarò prudente, per rispetto ai vari esperti del settore, e mi limiterò a sollevare alcuni dubbi sul tema.
Un nuovo spettro si aggira per l’Italia: la distruzione del suolo agricolo (si veda in particolare l’articolo di Petrini sulla Repubblica del 25 luglio, ma molti altri sono sullo stesso tono).
Veniamo ai numeri principali deducibili da tali articoli, e a loro volta derivati da un recente rapporto ministeriale: i terreni coltivati in Italia sono diminuiti del 28% negli ultimi 40 anni, e abbiamo in totale 5 milioni di ettari in meno, con una perdita media dunque di 125 mila ettari all’anno (5.000.000 : 40). Di questi, 35 mila ettari all’anno sono stati trasformati per uso urbano o industriale (e, come è noto, case e fabbriche non servono a nessuno…), cioè meno di un terzo, mentre gli altri sono stati lasciati tornare alla natura. Forse (orrore!) sono addirittura diventati boschi.
Ma la fame incombe, e questo è il vero pericolo: infatti la produzione agricola italiana (altro orrore!) oggi soddisfa solo l’80% dei nostri fabbisogni alimentari. Visto che abbiamo perso in media lo 0,5% della nostra produzione alimentare all’anno (20% : 40), e la “cementificazione” ha contribuito a questa perdita per un terzo, cioè circa lo 0,2% all’anno, se questa cementificazione continua con l’attuale ritmo infernale, nei prossimi 50 anni perderemo un altro 10% di produzione alimentare! Dovremo importare più riso, o più carne, dai paesi poveri! (Per il petrolio degli sceicchi però nessuno eccepisce).
Due cose si dimenticano tuttavia in questo drammatico scenario: la prima è che la produzione agricola italiana è già oggi del tutto “artificiale”: se non ci fossero i sussidi europei (che sono ancora soldi nostri, l’Europa certo non fa regali, ridistribuisce quanto gli stati gli versano), l’agricoltura italiana sarebbe già in buona parte scomparsa. E’ invece sussidiata per circa 6 miliardi di euro all’anno, e questo in proporzione a tutta l’agricoltura europea. La ragione di questo fiume di sussidi è la protezione degli agricoltori europei, una piccola minoranza incomparabilmente più ricca dei contadini dei paesi poveri, che senza questi sussidi che tengono artificialmente alti i prezzi, ci venderebbero il loro riso, zucchero ecc. a costi molto più bassi (altro orrore!) per i consumatori italiani. Sussidiamo cioè i benestanti per affamare i poveri, che tra l’altro, producendo di più a casa loro per l’esportazione verso i paesi ricchi, premerebbero meno sui nostri confini.
Questo scandalo per fortuna incomincia a far traballare questa forsennata e reazionaria politica europea. Si pensi che fino a pochissimi anni fa l’Italia sussidiava molto generosamente anche le coltivazioni di tabacco (magari a “kilometri zero”, per salvaguardare l’ambiente)!
Si pensi anche a quali servizi sociali dobbiamo rinunciare in questo periodo, date le ristrettezze finanziarie dello stato. Ma i “santi sussidi” non si toccano, e negli articoli richiamati non si nominano………la fame incombe, e magari, se diminuisse la superficie coltivata, saremmo anche circondati da buie foreste.
E’ la nuova, ipocrita autarchia, sostenuta anche da molti, e speriamo ingenui, urbanisti e ambientalisti, oltre che ovviamente da molto solidi interessi costituiti.
Peccato che, dulcis in fundo, l’agricoltura, oltre ad occupare poche persone, sia anche molto inquinante, per le emissioni climalteranti (ossidi di azoto, CO2) ma soprattutto per l’acqua, che consuma in enormi quantità, riversando nei fiumi, e nel mare poi, liquami e fertilizzanti di ogni tipo.
A quando una nuova fascistissima “battaglia del grano” in piazza del Duomo a Milano?