“Ho perso tutto, ho fatto dieci mesi di allenamenti e la condizione era fantastica. Tre settimane di doping mi hanno distrutto. Ho fatto la mia ultima iniezione il 29 luglio. Gli ultimi anni sono stati difficili. Posso dire che ho vinto a Pechino senza doping”. Parole (e lacrime) di Alex Schwazer, trovato positivo all’Epo, al Tg1. “E’ sempre stato difficile essere il fidanzato di… Mi sono informato il piu’ possibile, ho fatto tutto da solo. Mi sono informato tramite internet. Nonfaccio nomi. Bisogna pensare quando una donna nel nuoto va piu’ forte di un uomo”, ha concluso il marciatore altoatesino che domani alle ore 12 terrà una conferenza stampa a Bolzano (Sheraton Four Points). A quanto pare, Schwazer si troverebbe già nel capoluogo altoatesino.
Concetti ribaditi anche nell’intervista esclusiva alla Gazzetta dello Sport. Ha fatto tutto da solo. Ha comprato l’Epo su internet, dove ha trovato anche il modo di iniettarla. Così l’ha assunta per conto proprio. Garantisce che l’ha fatto a metà luglio e che quindi tutti i risultati strepitosi della sua carriera (l’ultimo era stato il record mondiale dell’anno sulla 20 chilometri di marcia) sono puliti, “a pane e acqua” ha detto, arrivati solo con l’allenamento, come la gran parte degli atleti fanno e continuano a fare. Ma l’intervista esclusiva alla Gazza a Alex Schwazer, il carabiniere bolzanino di 24 anni trovato positivo a un controllo antidoping, presenta anche qualche chiaroscuro. In particolare sulla successione degli eventi. Il finto raffreddore a causa del quale il marciatore azzurro ha rinunciato alla 20 chilometri di marcia di Londra della scorsa settimana in realtà viene spiegato così: “Non me la sentivo di partire per Londra con questa spada di Damocle sopra la testa. La mia carriera è finita, la mia vita è finita”. E però, come sottolinea il quotidiano sportivo, il controllo antidoping di Oberstdorf, in Germania, fu effettuato il 30 luglio, mentre l’annuncio della rinuncia alla 20 chilometri è del 28. Com’è possibile?
Il padre: “E’ colpa mia, non gli ho parlato”. A questo si aggiungono le parole di Josef Schwazer, il padre del marciatore azzurro: “Le responsabilità sono mie, perché se si vede un figlio, che durante tutto l’anno è stato male, si deve capire e si deve cercare di parlargli. L’ultima volta che è partito da qui – racconta davanti alla casa di famiglia con una voce rotta dal pianto – era distrutto. Forse l’ha fatto per non deludere gli altri. E’ stata al 100% la prima volta che ha fatto uso di queste sostanze”.
La manager: “Denunci chi gli ha dato quella roba”. Sotto shock anche Giulia Mancini, che ha sempre curato l’immagine del marciatore: “E’ sempre stato disponibile ad ogni genere di azioni sociali e quindi sono rimasta stupita della sua azione di avvicinarsi al mondo orribile che ha sempre detestato del doping”. La manager invita Schwazer a chiarire la vicenda: “Che denunci chi gli ha dato questo prodotto, chi gli ha consigliato di prenderlo”. Anche se al momento le speranze sono poche: “Mi ha detto che non dirà mai come è successo, che poi mi racconterà dopo il perché”.
“I russi mi dissero che usano delle cose…”. Alla Gazzetta il marciatore spiega di aver preso “questa disgraziata iniziativa” a metà luglio. “Vengo da due stagioni difficili, vedevo la grande occasione”. Ai mondiali di Daegu, in Corea del Sud, era arrivato nono. Schwazer ha perso la testa lì, probabilmente: “A Daegu – racconta alla Gazzetta dello Sport – i russi mi hanno detto in faccia che loro usano delle cose. Questo pensiero mi girava per la testa, era un tarlo”. Così, anziché denunciare qualcosa a qualcuno, a metà luglio è andato su internet, ha comprato l’Epo e se l’è iniettata da solo, mentre si preparava alle ultime due settimane di allenamenti a Obertsdorf, laddove poi è stato trovato il 30 luglio dagli ispettori della Wada, l’Agenzia mondiale dell’antidoping.
Nell’intervista c’è anche un altro passaggio a vuoto: quando sta in silenzio per un attimo prima di rispondere una cosa che apparentemente non c’entra niente (“Non voglio andare in prigione”) alla domanda “Chi l’ha aiutata?”. Fatto sta che il 30 luglio arrivano quelli della Wada, gli chiedono il campione di urine e il mondo di Alex crolla: “Ho smesso di dormire – racconta – mi è crollato il mondo addosso, sapevo che l’avrebbero scoperta”. Schwazer ha vinto le Olimpiadi di Pechino, è arrivato per due volte terzo ai Mondiali (2005 e 2007), una volta secondo agli Europei (2010). Eppure Schwazer aveva bisogno ancora di sicurezze: “Sì, andavo forte, mi sentivo pronto per vincere, ma cercavo qualcosa di più”.
“Mi sono allenato come un matto, sono un cretino”. Poi la serie di frasi per ammettere e assumersi le proprie responsabilità. Spiegazioni che già ieri il suo allenatore Michele Didoni aveva definito “puerili”: “Ho sbagliato, ho distrutto tutto quanto di buono ho fatto in questi anni, tutto cancellato. Non riesco più a guardarmi allo specchio. Avevo paura di non farcela con il solo allenamento”. E ancora: “Mi sono allenato come un matto per tutto l’inverno, ho fatto fatica, ho percorso 10mila chilometri per essere al massimo all’Olimpiade. Poi questa cazzata”. Di più: “Mi sentivo in grande condizione, con il passare dei mesi e allenamento dopo allenamento mi ero reso conto che potevo fare ambedue le gare. Sì, ho rovinato tutto, sono un cretino”.
La frequentazione con il dottor Ferrari. Ma perché gli ispettori della Wada sono arrivati proprio a Schwazer, andando a scovarlo fino al sud della Baviera? Il suo nome si trova al centro del frenetico scambio di informazioni tra le Procure, l’Interpol e la Wada. In particolare nei fascicoli della Procura di Padova quando i magistrati veneti si sono occupati del dottor Michele Ferrari. Nella lista di atleti che frequentano Ferrari c’è anche Schwazer. Ferrari nel 1999 ammise pubblicamente l’uso di emotrasfusioni per il raggiungimento del record di Francesco Moser nel record dell’ora del 1984 e fu squalificato dalle autorità ciclistiche. Ma l’ombra dell’operato del dotto Ferrari si è allungata fino ad anni più recenti: Filippo Simeoni una decina d’anni fa confessò a processo di aver comprato sostanze dopanti proprio da Ferrari, lo stesso che seguiva il grande campione Lance Armstrong (7 vittorie al Tour de France). L’americano aveva poi querelato il corridore italiano.
Diceva: “Il doping mi fa incazzare”. “Quando atleti, anche nella marcia, non hanno talento e fanno uso del doping questo mi fa incazzare. L’unica scorrettezza nello sport è chi usa sostante dopanti. Ho sempre disprezzato chi si dopa. Bisogna fare sport con la convinti che anche senza doping si vince”. Suona strano, ma fino a due anni fa a parlare così era proprio lui, Schwazer. Andrà incontro ad un procedimento sia sportivo che penale. La squalifica per due anni sembra essere alle porte e anche l’Arma dei Carabinieri, suo datore di lavoro essendo lui in forza al Centro Sportivo di Bologna, prenderà i suoi provvedimenti disciplinari. Va detto che nell’ultimo biennio, l’atleta di Vipiteno si era spesso isolato, era apparso ostile.
Gli ultimi due anni di Alex. Aveva lasciato la sua sede abituale di Saluzzo, quella della scuola dei Damilano, perché, a dir suo, voleva restare più vicino a casa e alla sua fidanzata Carolina Kostner. Con Sandro Damilano era entrato in polemica e anche con Giorgio Rubino il rapporto si era guastato. Alla fine si era trasferito a Settimo Milanese, ma molto spesso si allenava a Celerina in Svizzera e a Oberstdorf. Il nome di Schwazer si aggiunge alla lista di altri marciatori che hanno fatto uso di doping. Nell’estate 2008 erano finiti nella bufera, anch’essi per Epo, i marciatori Alexei Voyevodin, Vladimir Kanaykin e Viktor Buraev tutti e tre allenati da Viktor Chegin. Tra i recenti casi di doping nella marcia anche quello dello spagnolo Francisco Javier Fernandez.