“L’introduzione del wietpas? Uno straordinario successo. In Limburgo i turisti della cannabis sono solo un ricordo”. Ne è convinto Ilvo Opstelten, ex ministro della Giustizia olandese, commentando il primo periodo di applicazione della controversa riforma che limita l’acquisto di cannabis presso i coffee shop ai soli residenti nei Paesi Bassi.
La misura, che per il momento riguarda gli esercizi delle sole tre province meridionali, dovrebbe essere estesa dal 1 gennaio 2013 al resto del Paese, Amsterdam e Rotterdam incluse. Tuttavia le imminenti elezioni anticipate, con la probabile vittoria di una coalizione progressista, potrebbero sancire una svolta epocale: spingere oltre il processo avviato nel 1976, con la depenalizzazione del consumo di cannabis legalizzandone anche la produzione.
Secondo una recente ricerca del mago dei sondaggi Maurice De Hond, un olandese su 2 vorrebbe la marijuana legale , mentre 7 su 10 bocciano sonoramente il “semi-proibizionismo” in salsa arancione. La misura del pass aveva incontrato diverse resistenze persino nella coalizione di centro-destra, ma i cristiani del Cda, partner di minoranza del governo, ne avevano fatto una bandiera elettorale, minacciando di togliere l’appoggio all’esecutivo se le misure anti-spinello non fossero state approvate. Ma dopo tre mesi di applicazione, il giudizio negativo sul wietpas è pressoché unanime: Maastricht, Tillburg, Breda e Venlo, tutte città a ridosso dei confini con il Belgio, sono state prese d’assalto nelle ultime settimane da spacciatori provenienti da ogni angolo del Paese per contendersi il ghiotto mercato dei transfrontalieri dello spinello respinti dai coffee shop, costringendo, come previsto dai detrattori, le autorità olandesi a militarizzare le frontiere, con un incremento sostanziale di pattuglie e posti di blocco che rischiano di far rimediare ai Paesi Bassi la seconda denuncia in pochi mesi alla Corte di Giustizia europea, per violazione del principio di libera circolazione.
Sul fronte interno, le cose non vanno meglio: per sfuggire al rischio “schedatura”, i residenti stanno alla larga dai coffee shop; I “club” sono ben lontani dai 2000 soci, tetto massimo consentito dalle nuove norme, ed in molti casi, come per i tre esercizi di Tillburg o per i 14 di Maastricht, si sono fermati a poche decine di membri.
Anche i residenti nei Paesi Bassi, quindi, dopo tre decenni di politica di tolleranza, sono tornati a rivolgersi al mercato clandestino? E’ ciò che pensano i verdi del Groenlinks, grandi oppositori della politica dei pass, che stanno attentamente monitorando la situazione: i clienti sono calati del 50 per cento nei coffee shop di Eindhoven e addirittura del 95 in quelli di Tillburg e Breda dove i gestori fanno sapere di essere sull’orlo della bancarotta. A Maastricht dal 1 maggio, aprono per poche ore al giorno, ma, come testimonia l’escalation di arresti degli spacciatori, è in strada che il mercato si è trasferito, grazie anche alla concorrenza “sleale” praticata sui prezzi: i coffeeshop hanno l’obbligo di applicare il 100% di margine di guadagno sul costo finale, per evitare merce troppo economica ed accessibile. Obbligo dal quale, naturalmente, i pusher sono sollevati.
Argomenti questi che hanno lasciato tuttavia indifferente il sindaco conservatore di Maastricht, Onno Hoes, fiero ultrà della tolleranza zero sulla cannabis: “I bambini sono tornati a giocare nei parchi, gli anziani escono senza essere importunati dal via vai di transfrontalieri e la tanto annunciata catastrofe non si è verificata. Mi sembra si possa parlare di un successo” continua a ripetere alla stampa di mezzo mondo. E gli spacciatori? La polizia locale ha ammesso che negli ultimi tempi gli arresti si sarebbero moltiplicati: “Un’esagerazione, la situazione è perfettamente sotto controllo. Non appena il pass verrà esteso a tutto il Paese questi disagi spariranno”.
Fino ad oggi la misura ha riguardato piccoli centri, ma se i piani del vecchio esecutivo non venissero fermati per tempo, cosa succederebbe dal prossimo anno ad Amsterdam e ai suoi 216 coffee shop? “Non voglio considerare un’ipotesi tanto assurda – dice Franco, manager della Seed Company del coffee shop Greenhouse – In città sono tutti fermamente contrari, dal sindaco ai rappresentanti dell’industria turistica. Sarebbe un provvedimento totalmente inapplicabile e getterebbe la città nel caos, senza parlare della catastrofe economica”.
Tutti col fiato sospeso in attesa del 12 settembre, data fissata per le elezioni anticipate e per avere una parola definitiva sul commercio di cannabis.