“Quella notte c’era una macedonia di polizia, fatta da tante divise e da tante pettorine che ci siamo ritrovati sotto la Questura al momento di partire e che io non sapevo nemmeno che ci fossero”. A parlare è Vincenzo Canterini, l’ex comandante del primo Reparto mobile di Roma, condannato recentemente dalla Cassazione a tre anni e tre mesi per falso nella vicenda Diaz del G8 di Genova. L’ex questore, autore del libro “Diaz”, scritto assieme a Gian Marco Chiocci e Simone Di Meo, ribadisce la sua verità in un’intervista rilasciata a Corradino Mineo, su Rai News. “I miei uomini sono entrati alla Diaz assieme a più di quattrocento uomini, che nessuno sa ancora oggi chi sono, né chi li ha convocati” – dichiara – “Erano persone che non rispondevano praticamente a nessuno, non erano “inquadrate” in un Reparto e non avevano un capo. E quindi hanno agito di testa loro”. Canterini non fa mistero del motivo per cui a Genova era presente anche Arnaldo La Barbera, il “superpoliziotto” scomparso un anno dopo i tragici fatti del G8. “Fu mandato da Roma apposta per organizzare l’operazione Diaz. Non era lì per caso.”- spiega. L’ex comandante della “celere” di Roma racconta un altro episodio: “Fuori dalla Questura hanno diviso i miei uomini in due tronconi contro il mio parere che, come si è visto, non contava molto. E non solo.” – continua – “L’art.41 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza permette alla Polizia di perquisire un sito solo se si ha la certezza che ci siano armi, sulla base di notizie fondate. Queste sono operazioni solitamente condotte da sei o sette uomini della Digos, ma non da quattrocento e passa elementi. Se di fa una cosa del genere, le armi si devono trovare”. E aggiunge amaramente: “Ecco che arriviamo così alle molotov, considerate armi da guerra” di Gisella Ruccia
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