L’Ecuador ha concesso l’asilo politico a Julian Assange. “Rischia di diventare un perseguitato politico se estradato dalla Gran Bretagna” ha spiegato il ministro degli Esteri ecuadoregno Ricardo Patino a Quito. Patino ha aggiunto che, se dovesse finire negli Usa, il capo di Wikileaks non riceverebbe un giusto processo e potrebbe addirittura essere messo a morte. “Una vittoria significativa – l’ha definita lo stesso Assange – Adesso le cose diventeranno più stressanti”. “Non è stata la Gran Bretagna o il mio paese, l’Australia, che mi hanno difeso dalla persecuzione ma una nazione latino-americana coraggiosa e indipendente”. Per Assange “oggi è stata una vittoria storica ma le nostre battaglie sono appena cominciate”.
L’Ecuador ha raccontato di aver chiesto alla Svezia garanzie che Assange non sarebbe stato estradato negli Stati Uniti una volta trasferito dalla Gran Bretagna e la Svezia non le ha date, ha aggiunto Patino motivando le ragioni che giustificano l’asilo politico al capo di Wikileaks. “Il diritto d’asilo è un diritto umano fondamentale e fa parte del diritto internazionale” ha ricordato Patino.
Nel riferirsi alla Gran Bretagna, la Svezia e gli Stati Uniti, i tre paesi coinvolti nel caso Assange, Patino ha ricordato che ci sono “indizi di rappresaglia” e che Quito ha avuto contatti diplomatici con tali paesi. Washington – ha precisato – non ha dato “alcuna informazione, affermando che si tratta di un caso bilaterale tra l’Ecuador e la Gran Bretagna”. Patino ha inoltre segnalato più volte il rischio che “Assange sia estradato in un terzo paese”, e cioè gli Stati Uniti, dove il cofondatore di Wikileaks non avrebbe “un processo giusto”. Egli potrebbe essere “processato da tribunali speciali, sottoposto a procedimenti crudeli o degradanti e persino alla pena capitale”, ha aggiunto il ministro.
“Il Regno Unito deve concedere un salvacondotto a Julian Assange” interviene Baltazar Garzon, ex magistrato spagnolo dell’Audiencia Nacional e attuale avvocato del fondatore di Wikileaks, citato da El Pais on line. In mancanza di un salvacondotto per il suo assistito, Garzon ha assicurato che porterà il caso davanti alla Corte Internazionale di Giustizia.
La Gran Bretagna: “Non cambia niente”. Per il Foreign Office la decisione dell’Ecuador di concedere al capo di Wikileaks asilo politico è “deplorevole”. Per la Gran Bretagna la miglior soluzione sarebbe stata di cercare un accordo negoziato. Di più: la decisione dell’Ecuador “non cambia niente”, secondo il ministero degli Esteri del Regno Unito. In un comunicato ha ricordato che in base alla legge britannica Assange ha esaurito tutte le opportunità di presentare appello e adesso il governo di Sua Maestà è vincolato ad estradarlo in Svezia. La Gran Bretagna si dice “delusa” ma resta “impegnata” nella ricerca di una soluzione negoziata che consenta di dare atto agli “obblighi legali” sull’estradizione dell’australiano che 58 giorni fa si è rifugiato nella sede diplomatica di Quito.
In precedenza la Gran Bretagna aveva fatto intendere a più riprese che non permetterà che Assange lasci da uomo libero l’ambasciata dell’Ecuador a Londra. “Se riceveremo una richiesta di salvacondotto per Assange in caso di asilo politico, questa richiesta sarà rifiutata in linea con i nostri obblighi legali”, ha indicato il Foreign Office.
La polizia britannica sta presidiando da ore tutti gli ingressi e le uscite dell’ambasciata dell’Ecuador a Knightsbridge. La presenza delle forze dell’ordine è stata rafforzata ma resta discreta e la strada non è stata chiusa al traffico delle auto. Un piccolo gruppo di sostenitori del capo di Wikileaks ha passato la notte davanti all’ambasciata e occupato i social network con una “vigilia” di controllo sull’operato di Scotland Yard.
La Svezia intanto ha convocato l’ambasciatore dell’Ecuador a Stoccolma. “L’ambasciatore dell’Ecuador è atteso al ministero al più presto possibile – ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri svedese Anders Joerle – Le accuse formulate dal ministro degli Esteri sono serie e inaccettabili. L’Ecuador vuole bloccare il processo giudiziario svedese e la cooperazione giudiziaria europea”.
Tafferugli fuori dall’ambasciata. Intanto si sono verificati alcuni scontri tra manifestanti pro-Assange e la polizia davanti all’ambasciata ecuadoriana. Scotland Yard ha costretto con la forza il drappello di sostenitori del capo di Wikileaks, alcuni con in faccia la maschera di Guy Fawkes adottata dal movimento Occupy the City e dallo stesso Assange, a spostarsi dall’altro lato della strada rispetto all’ingresso della sede diplomatica. Tre manifestanti sono stati arrestati.
Scontro diplomatico rovente. E’ diventato rovente lo scontro diplomatico tra l’Ecuador e la Gran Bretagna sul caso Julian Assange. Nel denunciare una “minaccia” britannica di “prendere d’assalto” l’ambasciata di Quito a Londra, dove è rifugiato il cofondatore di Wikileaks, l’Ecuador ha annunciato che entro qualche ora farà sapere se darà l’asilo politico richiesto da Assange.
In una conferenza stampa a Quito, il ministro degli Esteri Ricardo Patino ha rinviato a oggi (alle 13 italiane) l’annuncio da parte del governo socialista di Rafael Correa sull’eventuale via libera all’asilo, fatto che viene dato per scontato, e non solo nella capitale ecuadoriana. La risposta della Gran Bretagna, altrettanto ferma, è giunta pochi minuti dopo. Londra – ha ribadito il Foreign Office – “è determinata a estradare Julian Assange in Svezia”, dove l’editore australiano “è accusato di stupro e violenza sessuale”. Il Regno Unito, è stato precisato, “ha l’obbligo giuridico di estradare Assange perchè sia interrogato con l’accusa di abusi sessuali. Rimaniamo determinati a rispettare tale obbligo”.
Nell’incontro con la stampa, Patino ha attaccato su più fronti, e con durezza, la Gran Bretagna. Il ministro ha riferito di una “minaccia” sia “a voce sia scritta” che “la nostra ambasciata a Londra possa essere presa d’assalto, nel caso in cui Assange non venga consegnato”. “L’ingresso non autorizzato di qualsiasi autorità britannica nell’ambasciata – ha ricordato il ministro – sarà considerata una violazione” del diritto internazionale e delle norme Onu.
Patino ha inoltre definito tale minaccia un fatto “improprio per un paese democratico, civile e rispettoso del diritto”, ricordando che l’Ecuador “non è una colonia” del Regno Unito e che il suo paese è pronto a convocare riunioni d’urgenza dell’Unasur (blocco che raggruppa 12 paesi del Sudamerica) e dell’Organizzazione degli stati americani.
Perché tanta animosità da parte del governo ecuadoriano? Si potrebbe spiegare con il testo di una lettera britannica a Quito citato dall’agenzia ecuadoriana Andes. Sulla base di una serie di norme internazionali, la Gran Bretagna infatti potrebbe “prendere le azioni necessarie per arrestare Julian Assange nell’ambasciata” dell’Ecuador a Londra. Per Londra, la “strada” di tale azioni rimarrà aperta “nel caso in cui Voi non risolverete la questione della presenza del Sig. Assange” nell’ambasciata di Quito a Londra, che – precisa la lettera citata dall’agenzia – si augura “sinceramente di non dover arrivare a tale punto”. “Nel Regno Unito c’è una base legale” che potrebbe permettere tali azioni, aggiunge il testo, ricordando “la legge sulle sedi diplomatiche e consolari del 1987”.
Pur comprendendo “la forte pressione politica in Ecuador” per il caso Assange, il testo sottolinea che la “situazione dovrà essere risolta qui, nel Regno Unito, in linea con i nostri obblighi legali”, ricordando inoltre che nel caso di un via libera di Quito all’asilo per Assange, Londra “respingerà” l’eventuale richiesta di un salvacondotto.
La Gran Bretagna si appiglia a una legge di 25 anni fa. Nel messaggio alle autorità di Quito la Gran Bretagna si è appigliata a una legge del 1987, il Diplomatic and Consular Premises Act, mai applicata. La legge dà il potere di revocare lo status di una rappresentanza diplomatica se lo stato in questione “cessa di usare la sede per gli scopi della sua missione o attività consolare” ma solo se questa azione è “consentita sulla base del diritto internazionale”. Nel messaggio la Gran Bretagna auspica che “non si arrivi a questo punto”.
La legge, mai usata per entrare con la forza in una ambasciata, è stata approvata dopo l’assedio del 1984 dell’ambasciata libica a Londra scattato quando qualcuno al suo interno sparò colpi di arma da fuoco che uccisero la poliziotta britannica Yvonne Fletcher. Il braccio di ferro di 11 giorni si concluse con l’espulsione dei diplomatici libici e la rottura dei rapporti diplomatici tra Londra e Tripoli.
Intanto il ministro degli esteri britannico William Hague ha ribadito: “Assange è ricercato per gravi reati in Svezia e la Gran Bretagna non gli concederà il salvacondotto per lasciare il paese”. La Gran Bretagna non accetta il principio dell’asilo diplomatico, ha detto il ministro. Quindi l’impasse sul fondatore di Wikileaks “rischia di protrarsi per parecchio tempo”. Comunque ha specificato Hague la Gran Bretagna non farà un raid contro l’ambasciata del Paese sudamericano.
Ma, secondo sir Tony Brenton, ambasciatore britannico dal 2004 al 2008, se il Foreign Office tradurrà in azioni le minacce all’ambasciata dell’Ecuador a Londra avrà “arbitrariamente” violato il diritto internazionale e renderà la vita impossibile ai diplomatici britannici all’estero. “Il Foreign Office ha leggermente esagerato sia dal punto di vista legale che pratico – ha detto sir Brenton – Il governo non ha interesse a creare una situazione che rende possibile ad altri governi nel resto del mondo di revocare arbitrariamente l’immunità diplomatica. Sarebbe un pessimo esempio”.
Per Assange l’unica soluzione è la “valigia diplomatica”. Assange potrebbe legittimamente lasciare l’ambasciata ecuadoregna a Londra in una valigia diplomatica. Lo sostengono i media britannica sulla scorta di un articolo della Convenzione di Vienna. Se Assange si dovesse azzardare a metter piede fuori dall’ambasciata sarebbe arrestato, ma non se viaggerà in una “valigia diplomatica” usata per portare in patria documenti ufficiali. L’articolo 27 della convenzione di Vienna stabilisce che la valigia, non importa di quali dimensioni, è inviolabile a patto che sia indicato all’esterno il suo stato diplomatico e sia accompagnata da un corriere diplomatico, lui pure protetto da immunità. Alcuni Paesi hanno usato la valigia diplomatica per spostare persone da un paese all’altro. Nel 1984 un ex ministro nigeriano fu nascosto un una cassa nel tentativo di riportarlo a Lagos per essere sottoposto a processo ma la cassa non era marcata correttamente e il suo carico umano fu intercettato.