Mentre ha gettato il pianeta nel drammatico dilemma se Batman sia di destra e difenda il capitalismo come il migliore dei mondi possibili, il regista Christopher Nolan si gode i 900 milioni di dollari di incasso de Il cavaliere oscuro – Il ritorno, settima puntata della saga dell’uomo pipistrello in poco più di vent’anni e terza a sua firma. Il film potrebbe superare il miliardo di dollari in tutto il mondo (oltre che in Italia, deve ancora uscire in Cina), guadagnando così 4 volte di più dei costi di produzione. L’operazione commerciale è riuscita e questo per la Warner è quel che conta. Ma il resto non sono chiacchiere. Anzi, sono importanti per raggiungere l’obiettivo a nove zeri. Il Wall Street Journal, il Guardian (e pure i nostrani Libero e Il Giornale) gradiscono che il paladino di Gotham City salvi il mondo da indignati, occupanti, bolscevichi di ritorno e ghigliottinari alla Robespierre, quindi incarni quel conservatorismo americano che, ritrovato se stesso, può addirittura dare filo da torcere a Obama.

Non che sia falso, anzi. Eppure il milieu politico-sociale messo in campo da Nolan sembra più che altro funzionale a convincere i critici di tutto il mondo che l’operazione sia autoriale, ovvero che dietro a quello che è e resta un fluviale film d’azione (165 minuti) ci sia dell’altro. Ci sia spessore, riflessione, addirittura una visione del mondo.

Di fronte allo schermo, mentre Bruce Wayne/Batman decide di riprendere il mantello smesso anni prima, lo spettatore in realtà vede sfilare una serie di nerboruti combattenti, esplosioni a catena, armi nucleari da fine del mondo, battaglie di venti minuti, insomma tutto l’armamentario dell’action movie di cui lo scomparso Tony Scott si intendeva almeno quanto Nolan. Il cavaliere oscuro – Il ritorno è un fumettone in piena regola. Ma Nolan, dicono i cinefili, è Nolan. Ovvero: dietro al fumetto c’è di più. Ah sì? Sarà che il regista 42enne si è fatto notare nel 2000 con l’indipendente Memento, paranoica storia di un uomo dalla memoria a breve termine danneggiata, dove la narrazione non procede in ordine cronologico e la regia è ricca di idee per dare il senso di smarrimento del protagonista. Da allora ha preso il patentino di autore di culto, patentino confermato proprio con il primo Batman, consolidato con il secondo e timbrato indelebilmente con Inception (2010), in cui un detective depresso, Di Caprio, indaga entrando nei sogni degli altri.

I piani tra realtà e onirico si fondono , con somma gioia del pensatore critico che ci vede il trionfo della psicologia dell’uomo (post)moderno. Così, Nolan d’ora in poi potrebbe fare solo blockbuster ma ci sarà sempre chi si scervellerà nel trovare significati reconditi nella sua nobile opera. La presa della Borsa di New York e le bombe rivoluzionarie del suo ultimo film sono efficaci e senza dubbio il regista sa che raccontare l’attualità aiuta a far parlare di sé. Ecco, appunto. Nolan è bravo – pure furbo, che non è un difetto – perché condisce con spezie un piatto di facile preparazione, creando un prodotto che può piacere anche agli intenditori nonostante l’abbiano mangiato cento volte. La spezia maschera il sapore, si sa. Nel genere, Il cavaliere oscuro – Il ritorno è un polpettone con troppi ingredienti e dal gusto incerto. Poco importa sia o no di destra: durasse una tonitruante grandiosa mezz’ora di meno sarebbe meglio. Ma dove non arriva il buon cinema, a richiamare la gente in sala arriva la pubblicità. Anche quella dei critici.

Il Fatto Quotidiano, 23 agosto 2012

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