Come uno spettro gli scandali di pedofilia perseguitano il Vaticano. In Israele è scoppiata una polemica violenta sulla nomina del nuovo ambasciatore vaticano, mons. Giuseppe Lazzarotto, già nunzio in Irlanda dal 2001 alla fine del 2007. È accusato di aver coperto, nel suo ruolo diplomatico, gli abusi avvenuti nella diocesi di Dublino.

Yedioth Ahronoth, il giornale israeliano a più larga diffusione, descrive l’arrivo di Lazzarotto come fonte di “imbarazzo e di umiliazione”. E invita il governo a “chiedere chiarimenti”. Yedioth Ahronot (e sulla sua scia altri media) va giù durissimo: “La nomina è uno schiaffo in faccia a Israele”. La storia, più che Lazzarotto personalmente, colpisce il Vaticano e i suoi decennali silenzi sugli abusi sessuali del clero. Lazzarotto come vescovo non è stato coinvolto in nessun caso di pedofilia. Come diplomatico, ubbidiente alle direttive della Santa Sede, ha però negato alla commissione d’inchiesta sui crimini pedofili nella diocesi di Dublino l’accesso alla documentazione in suo possesso.

I fatti  risalgono al 2007. La giudice Yvonne Murphy sta indagando sugli abusi sessuali del clero avvenuti tra il 1975 e il 2004. (Se ne documenteranno, riduttivamente, 326 con il coinvolgimento di 46 sacerdoti). La giudice Murphy chiede informazioni alla Congregazione per la Dottrina della fede. Il Vaticano svicola e replica che la richiesta non è avvenuta tramite i canali diplomatici. Nel febbraio 2007 la Murphy si rivolge al nunzio Lazzarotti chiedendogli di trasmettere il materiale in suo possesso riguardante la diocesi di Dublino e gli abusi. O almeno di confermare di non avere alcun tipo di documentazione del genere. Il nunzio, evidentemente istruito da Roma, non rispose mai.

Il rapporto Murphy denuncerà una costante delle autorità ecclesiastiche: “Mantenere il segreto, evitare scandali, proteggere la reputazione della Chiesa e tutelare i suoi beni”. Seguirà il rapporto Ryan: 800 colpevoli di abusi in 200 istituti religosi, nell’arco di 35 anni. Ogni volta che in qualsiasi paese è stata messa in piedi una commissione di inchiesta indipendente sugli stupri clericali è emersa una “mappa dell’inferno”. È proprio per questo motivo che l’episcopato italiano è terrorizzato dall’idea di istituire una commissione d’indagine come, ad esempio, hanno fatto i vescovi in Germania, Austria e Belgio.

Le polemiche su Lazzarotto sono il segnale di una ferita che non si è chiusa, il sintomo di un virus che non è stato debellato. Fino a quando – ci si può chiedere – lo spettro degli abusi inseguirà il Vaticano e si tornerà a parlare dei crimini commessi e nascosti? La risposta è semplice. Fino a quando il Vaticano non imboccherà la linea della piena trasparenza. Papa Ratzinger – ribattono in Curia – ha segnato una svolta con la sua Lettera agli Irlandesi del 2010, in cui denuncia i vescovi per non avere ascoltato le grida delle vittime e invita i preti a presentarsi in tribunale. Il Papa ha emanato regole più severe per combattere il fenomeno, ha incontrato gruppi di vittime in varie parti del mondo, ha obbligato gli episcopati a elaborare linee d’azione.

Tutto vero. Ma non si può rimanere a metà. Serve trasparenza totale per il futuro e per il passato. Nelle settimane scorse, un giudice americano di Portland, nell’Oregon, ha dichiarato improcedibile il tentativo di portare sul banco degli accusati il romano pontefice in una causa di risarcimento per crimini di pedofilia. Jeff Anderson, l’avvocato milionario dei risarcimenti, aveva tentato il colpo grosso denunciando il Papa come “datore di lavoro” di un prete criminale Andrew Ronan. La Corte federale ha respinto il concetto che il pontefice sia assimilabile al capo di una multinazionale. Giubilo negli ambienti ecclesiastici come fosse stata un’assoluzione da qualsiasi responsabilità! Non è così. La Santa Sede è stata parte attiva del sistema di occultamento e minimizzazione di innumerevoli crimini.

Ancora oggi il Papa non ha emanato un decreto sull’obbligo di denuncia dei preti criminali da parte dei vescovi, non è stato avviato un lavoro di monitoraggio e di inchiesta a livello mondiale, non sono stati aperti gli archivi vaticani che albergano la documentazione di responsabilità e insabbiamenti del passato.

C’è un documento impressionante nelle carte segrete di Vatileaks, pubblicate da Nuzzi. Un appunto del segretario papale don Gaenswein su un incontro avvenuto il 19 ottobre 2011 con il sacerdote Rafael Moreno, ex segretario privato di Marcial Maciel, fondatore dei Legionari di Cristo e pluristupratore. Don Moreno – scrive Gaensewin – è stato per 18 anni segretario di Maciel. Da lui abusato. È venuto per dire che nel 2003 ha voluto informare Giovanni Paolo II. Non è stato ascoltato né creduto. Voleva parlare al cardinale segretario di Stato Sodano, ma non gli è stata concessa udienza. Dunque nel 2003 i vertici vaticani chiudevano gli occhi sui crimini di Maciel (e lo avevano fatto anche prima). C’è tantissimo da portare alla luce. Prima lo farà, meglio si sentirà il Vaticano. Come dopo una buona confessione.

Il Fatto Quotidiano, 29 Agosto 2012

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