“Se così fosse sarebbe un grave illecito”. Di più: “Un ricatto”. Ha reagito così il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, interpellato sulle anticipazioni del settimanale Panorama, che oggi in edicola ha pubblicato “una ricostruzione esclusiva” delle telefonate tra il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, e l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino. Quelle telefonate sono diventate caso politico e oggetto di un ricorso che lo stesso Napolitano ha promosso di fronte alla Consulta contro i pm di Palermo che indagano sulla presunta trattativa Stato-mafia. Per ora il Quirinale ha preferito non commentare le indiscrezioni giornalistiche.
Il settimanale ha pubblicato una sua “ricostruzione delle telefonate”, aggiungendo quali sono gli argomenti trattati nelle conversazioni. Scrive che si tratta di “giudizi e commenti taglienti su Silvio Berlusconi, Antonio Di Pietro e parte della magistratura inquirente di Palermo”. Proprio Antonio Di Pietro, tra l’altro, alla notizia dell’anticipazione è nuovamente tornato sulla vicenda: “Probabilmente – ha detto il leader dell’Idv – Napolitano si sarà lasciato scappare qualche parolaccia di troppo nei confronti dei magistrati di Palermo e questo, detto dal presidente del Csm, non appare opportuno”. Secondo il leader Idv “lo avrà fatto per delle ragioni sue personali”, e ha invitato il Capo dello Stato a ritirare il ricorso. E si è detto d’accordo con Ingroia, parlando anche lui di “ricatto”.
In serata Ingroia ha però sottolineato come “in passato Panorama ha tirato ad indovinare”. Le indiscrezioni sulle intercettazioni – dice il magistrato, che ha anche ricordato come il presidente Scalfaro nel 1997, intercettato, non sollevò alcun conflitto – sono iniziate ad uscire sul settimanale già da tempo. “Qualcuno sapeva, a partire dagli stessi indagati, di aver parlato con varie persone, anche con il Capo dello Stato. Lo sapeva non solo chi indagava, ma anche chi aveva parlato al telefono”. Duro contro il pm della procura di Palermo il capogruppo Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto, secondo cui”Ingroia sta mettendo le mani avanti rispetto al disastro politico e istituzionale che lui ed altri della procura di Palermo hanno combinato”, aggiungendo che “c’é qualcuno che ha giocato in modo irresponsabile ad un attacco alle istituzioni e adesso cerca goffamente di cancellare le impronte”.
Un’ulteriore indiscrezione è circolata su “Lettera 43”. Il quotidiano online riferisce di una presunta telefonata di Napolitano al procuratore di Caltanissetta, Sergio Lari, nel 2009 per “spingere” l’applicazione del pm di Milano Ilda Boccassini alla procura nissena che indaga sulla strage di via D’Amelio in cui morì Borsellino. Ma Lari ha smentito “categoricamente” qualsiasi “pressione dal Quirinale” sulla Boccassini e “in generale sulle indagini relative alla trattativa condotte dal mio ufficio”. Un anno dopo l’inizio della collaborazione del pentito Gaspare Spatuzza, ha spiegato Lari, “il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso mi propose l’applicazione della Boccassini alle indagini sulla strage di via D’Amelio. Io risposi dicendo che, pur riconoscendo le grandi doti della collega, ritenevo inopportuna l’applicazione in quanto si era occupata già dell’inchiesta (Boccassini ha lavorato a Caltanissetta tra il ’92 e il ’94, ndr) e avremmo dovuto sentirla come testimone. La cosa finì lì. Ma ci tengo a ribadire che né Napolitano né il suo staff si è mai occupato della vicenda”.