Era diventata quasi una maledizione quell’inceneritore per il sindaco di Parma Federico Pizzarotti. L’Iren, l’azienda a partecipazione pubblica targata Pd, voleva accenderlo a tutti i costi e nel cantiere alle porte della città gli operai lavoravano a ciclo continuo per completarlo entro la fine dell’anno. Una maledizione che faceva rischiare a Pizzarotti e al Movimento 5 stelle il primo, e forse più pericoloso, scivolone. Era sul “no” al termovalorizzatore che si era giocata l’intera campagna elettorale, ma il sindaco rischiava di finire col cerino in mano, sommerso dalle richieste di penali che il Comune non avrebbe potuto pagare, qualcosa come 28 milioni di euro. Questa volta una pezza d’appoggio per la giunta più osservata d’Italia ce l’ha messa la Procura della Repubblica con una richiesta di sequestro preventivo del cantiere per abuso di ufficio e abuso edilizio. Ma la parola fine non è ancora detta.

Intanto la notizia è stata come un assaggio di vittoria per Beppe Grillo, che l’ha appresa mentre si trovava proprio a fianco del sindaco parmigiano, alla festa dei Cinque stelle a Brescia. “Finalmente si comincia a ragionare in un altro modo rispetto al metodo dell’incenerimento dei rifiuti – ha detto il leader del Movimento – Si sono rotti i giochini che rovinano la salute, con i milioni di euro che si sprecano per le multiutility comunali”.

La decisione di accogliere o meno la richiesta di sequestro spetta al gip Maria Cristina Sarli, ma intanto nel mirino della Procura ci sono i vertici di Iren, Comune e Provincia che hanno partecipato alla realizzazione del progetto, una decina di indagati i cui nomi sono ancora top secret. Esulta Grillo e così a Parma l’associazione Gestione corretta rifiuti che chiede a gran voce le dimissioni di chi l’inceneritore l’ha voluto. Perfino la minoranza propone un consiglio monotematico sul caso, perché è chiaro che le carte in tavola, ora, cambiano. La data del dicembre 2012 sembrava quasi una condanna per i Cinque Stelle e nonostante tutte le buone intenzioni della giunta, che prima dell’estate aveva ingaggiato come consulente esterno l’ingegnere Paolo Rabitti per risolvere il rompicapo del termovalorizzatore, a Parma c’era già chi scommetteva che entro Natale, a bruciare insieme ai rifiuti a Ugozzolo, ci sarebbe stata anche la fascia tricolore di Pizzarotti. Del resto, lo stop al forno era stato uno dei cavalli di battaglia. “Fermeremo l’inceneritore” ripeteva convinto Pizzarotti nei dibattiti contro lo sfidante del Pd Vincenzo Bernazzoli, che da presidente della Provincia non solo aveva dato il via libera al progetto, ma ha sempre sostenuto che ritirarsi dagli accordi con Iren avrebbe comportato per i cittadini tariffe dei rifiuti più alte e una penale di 180 milioni di euro.

Bernazzoli ora commenta con cautela la mossa della Procura: “Allo stato ritengo che gli uffici della Provincia, per quanto di propria competenza, abbiano agito nel rispetto della legge”. Nel frattempo però molte delle sue affermazioni sono state quantomeno messe in discussione. Il piano economico e finanziario dell’opera, nascosto da Iren per anni nonostante le richieste di accesso agli atti, pubblicato dalla stampa ad agosto, ha svelato un progetto ventennale di tariffe rifiuti stellari per i cittadini di Parma, quando nella corsa alla poltrona di sindaco l’inceneritore veniva dipinto come una soluzione temporanea e soprattutto conveniente.

Ora i giochi si riaprono, anche se la guerra non è finita, come ammette il primo cittadino Pizzarotti: “Sono anni che segnaliamo le irregolarità del cantiere, ma aspettiamo di conoscere i dettagli. La cosa certa è che ora anche la Provincia dovrà decidersi a valutare una nuova proposta”.

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