La Banca centrale europea si impegnerà ad acquistare titoli di Stato dei Paesi a rischio, il che, come noto, non era nei sogni di Berlino, ma così facendo non contribuirà, almeno in linea teorica, a creare spinte inflazionistiche. Il messaggio chiave, anticipato per altro dalle indiscrezioni circolate ieri, lo rende noto la stessa Eurotower specificando la sua modalità d’intervento: gli acquisti dei bond sovrani (a breve e media scadenza, massimo tre anni) saranno “completamente sterilizzati”. Che cosa significa? Essenzialmente che l’istituto centrale non dovrà mettersi a stampare euro proponendosi, al contrario, di lasciare invariata la massa monetaria in circolazione. Una condizione che dovrebbe impedire alla moneta unica di svalutarsi ulteriormente.
Il meccanismo, in sintesi, funziona così. La Banca centrale mobilita una determinata somma di denaro per comprare le obbligazioni degli Stati che ne fanno richiesta allo scopo di ridurne i rendimenti e dare fiato ai bilanci nazionali. Ma siccome questo implicherebbe l’aumento della moneta circolante, e tale aumento, come noto, produce inflazione, ecco che l’Eurotower interviene successivamente con un’operazione di senso opposto. Ovvero ritirando dal sistema una quantità di denaro equivalente. Questo processo non è altro che la sterilizzazione.
Ma come avviene concretamente questo drenaggio? Di fatto attraverso la raccolta a breve termine del denaro richiesto che viene depositato dagli investitori presso la Bce ad certo un tasso di interesse. Quindi, se la Bce decide di spendere 50 miliardi di euro per acquistare titoli irlandesi o portoghesi, si dà per scontato che la stessa Banca centrale raccoglierà altri 50 miliardi dal sistema depositandoli nelle proprie casse. In questo modo, con un gioco a somma zero, la quantità di euro circolanti si mantiene fissa. A patto ovviamente che gli investitori rispondano all’appello.
Lo scorso mese di novembre, però, le cose non andarono esattamente così. Per la prima volta da quando aveva iniziato ad acquistare titoli sovrani (irlandesi, spagnoli, portoghesi e italiani) sul mercato, la Bce non riuscì a sterilizzare l’intera quantità di euro coinvolta nell’operazione. Alla fine restarono sul terreno 9 miliardi, un ammontare minimo ma sufficiente a far suonare l’allarme. In seguito, e probabilmente non è un caso, gli acquisti sarebbero stati sospesi.
Ora la Bce si propone di riprendere le operazioni, ma i problemi non mancano. Primo perché questi interventi, come si vede, non sono realmente illimitati, condizionati come sono dalla capacità della banca stessa di sterilizzarli in pieno. È anche per questo che nei mesi più caldi della crisi gli acquisti della Bce hanno avuto comunque un impatto di breve durata. Secondo, perché il drenaggio di liquidità finisce per danneggiare un sistema economico che già fatica a reperire credito favorendo, al tempo stesso, quel processo di fuga dei capitali già in atto nelle periferie europee (Spagna in primis). La speranza, in ogni caso, è che la tanto attesa ripresa degli acquisti possa comunque rivitalizzare i mercati e che l’effetto entusiasmo prevalga sulle perplessità. Ma questo, ovviamente, lo si capirà soltanto nelle prossime settimane.