L’Anm contro Ingroia: “Basta politica”. Replica del pm: “Rivendico la mia analisi”
Il presidente dell'Associazione nazionale magistrati durissimo con il procuratore aggiunto di Palermo: "Chi fa indagini delicate non deve offuscare l'immagine di imparzialità". E sul dissenso nei confronti del Capo dello Stato "lui e Di Matteo avrebbero dovuto dissociarsi e allontanarsi". Il pm: "Era una valutazione storica e sociologica"
L’accusa di fare politica, a questo giro, arriva non da un peana del Pdl, ma dal sindacato dei magistrati, l’Associazione Nazionale Magistrati. E’ il massimo esponente dell’Anm, il presidente Rodolfo Sabelli, a lanciarsi contro il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia e al suo collega Nino Di Matteo, entrambi componenti del pool che ha indagato sulla presunta trattativa Stato-mafia, presenti ieri alla giornata finale della festa del Fatto Quotidiano. Colpevole, il primo, di aver invitato i cittadini a cambiare la classe dirigente. Colpevole, il secondo, di aver lamentato l’assenza dell’Anm quando i magistrati palermitani venivano attaccati da più fronti. Colpevoli, entrambi, infine, di non essersi dissociati dalle critiche al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. A Sabelli ha già risposto Ingroia, rivendicando la propria analisi sull’atteggiamento della politica nei confronti della lotta alla criminalità organizzata e precisando che lui e Di Matteo, sui giudizi negativi nei confronti dell’inquilino del Quirinale non hanno mostrato la minima approvazione e che ognuno si prende la responsabilità di quello che dice. Peraltro resta che l’appunto mosso da Sabelli a Ingroia e a Di Matteo non coinvolge il procuratore capo di Torino Giancarlo Caselli, che pure era presente e pure aveva partecipato allo stesso dibattito.
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Sabelli: “Non offuscare l’immagine di imparzialità”. Il presidente dell’Anm ne fa un problema di immagine, insomma: “Tutti i magistrati, e soprattutto quelli che svolgono indagini delicatissime devono astenersi da comportamenti che possono offuscare la loro immagine di imparzialità, cioè da comportamenti politici”. E con il suo invito a cambiare la classe dirigente del Paese, invece, “Ingroia si è spinto a fare un’affermazione che ha oggettivamente un contenuto politico”; con il rischio così di “appannare” la sua immagine di “imparzialità”.
Poi la mancata reazione alle critiche al Colle, cioè alla “manifestazione plateale di dissenso nei confronti del capo dello Stato”: “In una situazione così – dichiara Sabelli – un magistrato deve dissociarsi e allontanarsi”, aggiunge Sabelli, che invita tutti i magistrati “a evitare sovraesposizioni” e a “non mostrarsi sensibili al consenso della piazza”.
Sabelli rifiuta poi la ricostruzione fatta da Di Matteo secondo il quale era stato “assordante” il silenzio dell’Anm e del Csm sugli attacchi ricevuti dai magistrati che conducono l’indagine. “Non ho difficoltà – prosegue Sabelli – a ribadire la difesa e a manifestare il sostegno ai pm di Palermo. Ma questa non è una novità: l’Anm tutta , la giunta e io ripetutamente abbiamo manifestato solidarietà; non capisco come si possa parlare di mancato sostegno”.
Ingroia: “Rivendico la mia analisi”. Ma Antonio Ingroia insiste ancora oggi nella sua tesi e corregge Sabelli. “Rivendico la mia analisi storica e sociologica del fenomeno mafioso: il collega Sabelli non conosce il contenuto della mia intervista e si è fidato di una frase estrapolata”. “Io ho fatto – continua Ingroia – un intervento, sul rapporto tra potere mafioso e politica e ho parlato di un certo modo di essere della classe dirigente che, invece di attuare una politica di annullamento, ha attuato una politica di contenimento della mafia e ho detto che per recidere i legami tra Cosa nostra e certa classe politica occorre rinnovare la classe politica. La mia era una valutazione storica e sociologica che rivendico”.
Così il procuratore aggiunto siciliano precisa che “il discorso riguardante il cambiamento della classe dirigente va inquadrato in un contesto piu’ ampio, in cui parlavo della necessita’ di recidere i legami dello Stato italiano con la mafia dall’Unità ad oggi. In questo senso ho detto che va cambiata la classe dirigente”.
Quanto alla mancata presa di distanza dalle critiche del Presidente della Repubblica Ingroia ha detto: “In un dibattito ognuno si assume la responsabilità personale delle proprie opinioni. Se si partecipa a un dibattito a più voci ciascuno dice quello che pensa e ne risponde. Nella cronaca cui si riferisce Sabelli è scritto che io e il collega Di Matteo siamo rimasti impassibili, non approvandole in alcun modo”. “Nè io nè i colleghi abbiamo espresso ieri critiche nei confronti del Capo dello Stato – ribadisce – Secondo me sono polemiche fuori luogo. Come in ogni dibattimento ciascuno è responsabile delle proprie opinioni, ma noi siamo rimasti impassibili”.
Il pm aveva detto: “Dovete cambiare la classe dirigente”.Sulla stagione delle stragi mafiose “non è ancora emersa tutta la verità”, aveva detto il magistrato palermitano, ma “a queste condizioni questo è il massimo risultato possibile”. E secondo il pm “queste condizioni” difficilmente potranno cambiare “con questo parlamento che ha approvato leggi ad personam e che è responsabile del disastro legislativo in cui ci siamo trovati”. Da qui un invito – applauditissimo – ai lettori del Fatto Quotidiano, che affollavano (solo posti in piedi) la platea a Marina di Pietrasanta: “Dovete cambiare la classe dirigente e questo ceto politico. Si deve voltare pagina”.
Ma Ingroia e Di Matteo avevano ricordato anche un’altra cosa. Cioè le parole dell’ultimo intervento di Paolo Borsellino, del 25 giugno 1992, meno di un mese prima dell’attentato di via D’Amelio. In quel discorso il giudice antimafia ricordò che quando il Csm, per la successione del procuratore Caponnetto, scelse Antonino Meli a Giovanni Falcone(che allora “iniziò a morire”) Borsellino denunciò la situazione: “Almeno, dissi, se deve essere eliminato, l’opinione pubblica lo deve sapere, lo deve conoscere, il pool antimafia deve morire davanti a tutti, non deve morire in silenzio – disse – L’opinione pubblica fece il miracolo, perché ricordo quella caldissima estate dell’agosto 1988, l’opinione pubblica si mobilitò e costrinse il Consiglio superiore della magistratura a rimangiarsi in parte la sua precedente decisione dei primi di agosto, tant’è che il 15 settembre, se pur zoppicante, il pool antimafia fu rimesso in piedi”.
I familiari delle vittime di Firenze: “Non ha bestemmiato”. Ingroia incassa anche la difesa da parte della presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili, Giovanna Maggiani Chelli. “Non crediamo affatto – spiega in una nota – che il pm Antonio Ingroia abbia ‘bestemmiato’ chiedendo ai cittadini di cambiare questa classe politica che non ha versato una sola lacrima sincera per bambini e ragazzi ammazzati al posto di uomini politici”.
Secondo la presidente “l’Anm avrà le sue buone ragioni” a rimproverare il pm Ingroia, “ma noi abbiamo le nostre” a volere “la verità ad ogni costo, anche cambiando questa classe politica che vuole gettare la verità sulle stragi del 1993 alle ortiche, perché troppo compromettente per tutti”. “Possibile che ogni giorno ci sia un buon motivo per farci pensare che la verità sulle stragi del 1993 non la voglia nessuno?”, si chiede Maggiani Chelli che si dice convinta che “la strage del 27 maggio 1993 è molto più di un ragionevole dubbio sia stata il prezzo pagato dai nostri figli affinchè uomini politici minacciati dalla mafia non morissero”.
Gasparri: “Perché Sabelli si sveglia solo ora?”. Nella polemica si infila anche il capogruppo al Senato Maurizio Gasparri: “E’ davvero stupefacente e commovente la rapidità con cui il presidente dell’Anm Sabelli ha censurato le esternazioni politiche di Ingroia. Sabelli ne ha contestato l’impropria esortazione a cambiar classe dirigente. Probabilmente nei mesi e negli anni precedenti il dottor Sabelli è stato lontano dal nostro Paese o ha ignorato i comportamenti e le affermazioni di Ingroia, che da tempo si è rivelato militante politico di parte provvisoriamente impegnato in una doppia attività di magistrato e di ideologo”.
Così, con Gasparri apripista, il dibattito interno alla magistratura diventa tutto politico. “Gasparri ha perso un’occasione per tacere – ribatte Donatella Ferranti (Pd) – La presa di posizione dell’Anm sulla partecipazione di Ingroia e di Matteo alla festa del Fatto Quotidiano non può essere oggetto dell’ennesima rozza strumentalizzazione sulla giustizia che il capogruppo del Pdl continua incessantemente a portare avanti minando la credibilità delle istituzioni e ostacolando ogni qualsiasi forma di confronto politico su temi fondamentali, a partire dal ddl anticorruzione”.
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La Redazione
Roma, 13 feb. (Adnkronos) - Il Milleproroghe è un provvedimento routinario, in teoria nell'esame tutto doveva andare liscio. Invece l'iter di questo provvedimento è stato un disastro, la maggioranza l'ha gestito in modo circense, dando prova di dilettantismo sconcertante". Lo ha detto la senatrice Alessandra Maiorino, vice presidente del gruppo M5S al Senato, nella dichiarazione di voto sul Milleproroghe.
"Già con l'arrivo degli emendamenti abbiamo visto il panico nel centrodestra. Poi è arrivata la serie di emendamenti dei relatori, o meglio del governo sotto mentite spoglie, a partire da quelli celebri sulla rottamazione delle cartelle. Ovviamente l'unica preoccupazione della maggioranza, a fronte di 100 miliardi di cartelle non pagate, è stata solo quella di aiutare chi non paga. Esattamente come hanno fatto a favore dei no vax, sbeffeggiando chi sotto il Covid ha rispettato le regole. In corso d'opera abbiamo capito che l'idea di mettere tre relatori, uno per ogni partito di maggioranza, serviva a consentire loro di marcarsi a vicenda, di bloccare gli uni gli sgambetti degli altri. Uno scenario surreale! Finale della farsa poi è stato il voto di un emendamento di maggioranza ignoto ai relatori e una ignobile gazzarra notturna scoppiata tra i partiti di maggioranza. Non avevamo mai visto tanto dilettantismo in Parlamento".
Roma, 13 feb. (Adnkronos) - "Il decreto Milleproroghe rappresenta una sfida importante, un provvedimento cui abbiamo dato un significato politico, un’anima. L’azione di questo governo punta a mettere in campo riforme e norme strutturali ma esistono anche pilastri meno visibili che hanno comunque l’obiettivo finale della crescita delle imprese e della nostra economia, di sostenere il sistema Italia nel suo complesso. Ecco perché col decreto Milleproroghe abbiamo provveduto ad estendere o a sospendere l’efficacia di alcuni provvedimenti con lo scopo di semplificare e rendere più snella la nostra burocrazia, sempre con l’obiettivo dichiarato della crescita. Fra questi norme sulle Forze dell’ordine e sui Vigili del Fuoco, sostegno ai Comuni e all’edilizia, nel campo sociale e sanitario come in quello dell’industria e della pesca e sul contrasto all’evasione fiscale. Più di 300 emendamenti approvati, tra cui anche quelli dell’opposizione, al fine di perseguire, con questo esecutivo, la finalità di fornire alla nostra Nazione gli strumenti per crescere e per questo il voto di Fratelli d’Italia è convintamente a favore”. Lo dichiara in aula il senatore di Fratelli d’Italia Andrea De Priamo.
Roma, 13 feb. (Adnkronos) - "Dico al ministro Crosetto che l’aumento delle spese per armamenti, addirittura fino al 3%, ruba il futuro ai nostri figli. Ruba risorse alla sanità, alla scuola, ai trasporti. L’aumento delle spese per le armi non ci renderà più sicuri, ma alimenterà conflitti e guerre, come la storia dimostra”. Così Angelo Bonelli, deputato di AVS e co-portavoce di Europa Verde, in merito alle dichiarazioni di Crosetto sull'aumento delle spese militari.
Palermo, 13 feb. (Adnkronos) - "Il problema della situazione carceraria nel Paese è un problema che ogni giorno ci tocca da vicino, stiamo gia' predisponendo le dovute soluzioni. Abbiamo gia' definito il piano carceri e il commissario straordinario". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, intervenendo in video collegamento di ritorno dalla Turchia alla "Giornata dell'Orgoglio dell'appartenenza all'avvocatura e dell'accoglienza dei giovani" istituita dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Palermo.
Palermo, 13 feb. (Adnkronos) - "Criticità nel disegno di legge costituzionale non ve ne sono tali da alterare il testo, ma sarà seguito da una serie di leggi ordinarie. Per esempio, manca nella disegno di legge costituzionale la riserva per le quote cosiddette rosa, ma questo lo metteremo nelle leggi di attuazione che saranno leggi ordinarie. Anche il sistema del sorteggio potrà essere meglio definito. Ma una cosa e' certa: questa legge costituzionale non si modifica". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, intervenendo in video collegamento di ritorno dalla Turchia alla "Giornata dell'Orgoglio dell'appartenenza all'avvocatura e dell'accoglienza dei giovani" istituita dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Palermo, parlando delle dichiarazioni del vicepresidente del Csm Fabio Pinelli che ieri, aveva parlato dei "punti di criticità della riforma del Csm" sui quali si e' appuntata anche l'attenzione della Commissione Ue, aveva sottolineato la necessita' di "un'approfondita riflessione.
Palermo, 13 feb. (Adnkronos) - "Oggi in Turchia, parlando con il mio omologo, il ministro di giustizia turco, quando ho detto che probabilmente i magistrati italiani faranno uno sciopero, lui è rimasto sorpreso e mi ha domandato 'ma è legale?'. Se i magistrati vogliono fare lo sciopero che lo facciano, ma quello che è certo e che, senza alcun dubbio, noi andremo avanti perché e' un nostro impegno verso gli elettori". Lo ha detto il ministro della Giustizia Carlo Nordio intervenendo in vdieocollegamento di ritorno dalla Turchia alla Giornata dell'orgoglio dell'appartenenza degli avvocati a Palermo.
Palermo, 13 feb. (Adnkronos) - La separazione delle carriere dei magistrati "è un dovere verso elettorato perché lo avevamo promesso nel nostro programma e questo faremo. Il nostro e' un vincolo politico verso l'elettorato". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, intervenendo in video collegamento, di ritorno dalla Turchia, alla "Giornata dell'Orgoglio dell'appartenenza all'avvocatura e dell'accoglienza dei giovani" istituita dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Palermo. "Io sto girando un po' dappertutto per redigere protocolli - ha proseguito il ministro -, e ogni qualvolta parliamo di separazione carriere ci guardano con un occhio perplesso perché in tutti gli ordinamenti del mondo questo è normale".
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Giustizia & Impunità
L’Anm contro Ingroia: “Basta politica”. Replica del pm: “Rivendico la mia analisi”
Il presidente dell'Associazione nazionale magistrati durissimo con il procuratore aggiunto di Palermo: "Chi fa indagini delicate non deve offuscare l'immagine di imparzialità". E sul dissenso nei confronti del Capo dello Stato "lui e Di Matteo avrebbero dovuto dissociarsi e allontanarsi". Il pm: "Era una valutazione storica e sociologica"
L’accusa di fare politica, a questo giro, arriva non da un peana del Pdl, ma dal sindacato dei magistrati, l’Associazione Nazionale Magistrati. E’ il massimo esponente dell’Anm, il presidente Rodolfo Sabelli, a lanciarsi contro il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia e al suo collega Nino Di Matteo, entrambi componenti del pool che ha indagato sulla presunta trattativa Stato-mafia, presenti ieri alla giornata finale della festa del Fatto Quotidiano. Colpevole, il primo, di aver invitato i cittadini a cambiare la classe dirigente. Colpevole, il secondo, di aver lamentato l’assenza dell’Anm quando i magistrati palermitani venivano attaccati da più fronti. Colpevoli, entrambi, infine, di non essersi dissociati dalle critiche al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. A Sabelli ha già risposto Ingroia, rivendicando la propria analisi sull’atteggiamento della politica nei confronti della lotta alla criminalità organizzata e precisando che lui e Di Matteo, sui giudizi negativi nei confronti dell’inquilino del Quirinale non hanno mostrato la minima approvazione e che ognuno si prende la responsabilità di quello che dice. Peraltro resta che l’appunto mosso da Sabelli a Ingroia e a Di Matteo non coinvolge il procuratore capo di Torino Giancarlo Caselli, che pure era presente e pure aveva partecipato allo stesso dibattito.
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Sabelli: “Non offuscare l’immagine di imparzialità”. Il presidente dell’Anm ne fa un problema di immagine, insomma: “Tutti i magistrati, e soprattutto quelli che svolgono indagini delicatissime devono astenersi da comportamenti che possono offuscare la loro immagine di imparzialità, cioè da comportamenti politici”. E con il suo invito a cambiare la classe dirigente del Paese, invece, “Ingroia si è spinto a fare un’affermazione che ha oggettivamente un contenuto politico”; con il rischio così di “appannare” la sua immagine di “imparzialità”.
Poi la mancata reazione alle critiche al Colle, cioè alla “manifestazione plateale di dissenso nei confronti del capo dello Stato”: “In una situazione così – dichiara Sabelli – un magistrato deve dissociarsi e allontanarsi”, aggiunge Sabelli, che invita tutti i magistrati “a evitare sovraesposizioni” e a “non mostrarsi sensibili al consenso della piazza”.
Sabelli rifiuta poi la ricostruzione fatta da Di Matteo secondo il quale era stato “assordante” il silenzio dell’Anm e del Csm sugli attacchi ricevuti dai magistrati che conducono l’indagine. “Non ho difficoltà – prosegue Sabelli – a ribadire la difesa e a manifestare il sostegno ai pm di Palermo. Ma questa non è una novità: l’Anm tutta , la giunta e io ripetutamente abbiamo manifestato solidarietà; non capisco come si possa parlare di mancato sostegno”.
Ingroia: “Rivendico la mia analisi”. Ma Antonio Ingroia insiste ancora oggi nella sua tesi e corregge Sabelli. “Rivendico la mia analisi storica e sociologica del fenomeno mafioso: il collega Sabelli non conosce il contenuto della mia intervista e si è fidato di una frase estrapolata”. “Io ho fatto – continua Ingroia – un intervento, sul rapporto tra potere mafioso e politica e ho parlato di un certo modo di essere della classe dirigente che, invece di attuare una politica di annullamento, ha attuato una politica di contenimento della mafia e ho detto che per recidere i legami tra Cosa nostra e certa classe politica occorre rinnovare la classe politica. La mia era una valutazione storica e sociologica che rivendico”.
Così il procuratore aggiunto siciliano precisa che “il discorso riguardante il cambiamento della classe dirigente va inquadrato in un contesto piu’ ampio, in cui parlavo della necessita’ di recidere i legami dello Stato italiano con la mafia dall’Unità ad oggi. In questo senso ho detto che va cambiata la classe dirigente”.
Quanto alla mancata presa di distanza dalle critiche del Presidente della Repubblica Ingroia ha detto: “In un dibattito ognuno si assume la responsabilità personale delle proprie opinioni. Se si partecipa a un dibattito a più voci ciascuno dice quello che pensa e ne risponde. Nella cronaca cui si riferisce Sabelli è scritto che io e il collega Di Matteo siamo rimasti impassibili, non approvandole in alcun modo”. “Nè io nè i colleghi abbiamo espresso ieri critiche nei confronti del Capo dello Stato – ribadisce – Secondo me sono polemiche fuori luogo. Come in ogni dibattimento ciascuno è responsabile delle proprie opinioni, ma noi siamo rimasti impassibili”.
Il pm aveva detto: “Dovete cambiare la classe dirigente”. Sulla stagione delle stragi mafiose “non è ancora emersa tutta la verità”, aveva detto il magistrato palermitano, ma “a queste condizioni questo è il massimo risultato possibile”. E secondo il pm “queste condizioni” difficilmente potranno cambiare “con questo parlamento che ha approvato leggi ad personam e che è responsabile del disastro legislativo in cui ci siamo trovati”. Da qui un invito – applauditissimo – ai lettori del Fatto Quotidiano, che affollavano (solo posti in piedi) la platea a Marina di Pietrasanta: “Dovete cambiare la classe dirigente e questo ceto politico. Si deve voltare pagina”.
Ma Ingroia e Di Matteo avevano ricordato anche un’altra cosa. Cioè le parole dell’ultimo intervento di Paolo Borsellino, del 25 giugno 1992, meno di un mese prima dell’attentato di via D’Amelio. In quel discorso il giudice antimafia ricordò che quando il Csm, per la successione del procuratore Caponnetto, scelse Antonino Meli a Giovanni Falcone(che allora “iniziò a morire”) Borsellino denunciò la situazione: “Almeno, dissi, se deve essere eliminato, l’opinione pubblica lo deve sapere, lo deve conoscere, il pool antimafia deve morire davanti a tutti, non deve morire in silenzio – disse – L’opinione pubblica fece il miracolo, perché ricordo quella caldissima estate dell’agosto 1988, l’opinione pubblica si mobilitò e costrinse il Consiglio superiore della magistratura a rimangiarsi in parte la sua precedente decisione dei primi di agosto, tant’è che il 15 settembre, se pur zoppicante, il pool antimafia fu rimesso in piedi”.
I familiari delle vittime di Firenze: “Non ha bestemmiato”. Ingroia incassa anche la difesa da parte della presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili, Giovanna Maggiani Chelli. “Non crediamo affatto – spiega in una nota – che il pm Antonio Ingroia abbia ‘bestemmiato’ chiedendo ai cittadini di cambiare questa classe politica che non ha versato una sola lacrima sincera per bambini e ragazzi ammazzati al posto di uomini politici”.
Secondo la presidente “l’Anm avrà le sue buone ragioni” a rimproverare il pm Ingroia, “ma noi abbiamo le nostre” a volere “la verità ad ogni costo, anche cambiando questa classe politica che vuole gettare la verità sulle stragi del 1993 alle ortiche, perché troppo compromettente per tutti”. “Possibile che ogni giorno ci sia un buon motivo per farci pensare che la verità sulle stragi del 1993 non la voglia nessuno?”, si chiede Maggiani Chelli che si dice convinta che “la strage del 27 maggio 1993 è molto più di un ragionevole dubbio sia stata il prezzo pagato dai nostri figli affinchè uomini politici minacciati dalla mafia non morissero”.
Gasparri: “Perché Sabelli si sveglia solo ora?”. Nella polemica si infila anche il capogruppo al Senato Maurizio Gasparri: “E’ davvero stupefacente e commovente la rapidità con cui il presidente dell’Anm Sabelli ha censurato le esternazioni politiche di Ingroia. Sabelli ne ha contestato l’impropria esortazione a cambiar classe dirigente. Probabilmente nei mesi e negli anni precedenti il dottor Sabelli è stato lontano dal nostro Paese o ha ignorato i comportamenti e le affermazioni di Ingroia, che da tempo si è rivelato militante politico di parte provvisoriamente impegnato in una doppia attività di magistrato e di ideologo”.
Così, con Gasparri apripista, il dibattito interno alla magistratura diventa tutto politico. “Gasparri ha perso un’occasione per tacere – ribatte Donatella Ferranti (Pd) – La presa di posizione dell’Anm sulla partecipazione di Ingroia e di Matteo alla festa del Fatto Quotidiano non può essere oggetto dell’ennesima rozza strumentalizzazione sulla giustizia che il capogruppo del Pdl continua incessantemente a portare avanti minando la credibilità delle istituzioni e ostacolando ogni qualsiasi forma di confronto politico su temi fondamentali, a partire dal ddl anticorruzione”.