“Cerco di assecondare la ripresa nel mercato Usa per acquisire una sicurezza finanziaria che mi consenta di proteggere la presenza Fiat in Italia e in Europa“. Così l’amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne esce allo scoperto dopo il comunicato dell’azienda in cui si annunciava una marcia indietro rispetto al piano di produzione “Fabbrica Italia”. E lo fa dalle pagine del quotidiano ‘La Repubblica’: “Fiat sta accumulando perdite per 700 milioni di euro in Europa – ha detto l’ad di Fiat al direttore Ezio Mauro – e sta reggendo questa perdita con i successi all’estero, Stati Uniti e paesi emergenti. Queste sono le uniche due cose che contano”. Il numero uno del Lingotto respinge le accuse che il problema non sia il mercato europeo ma i prodotti della casa torinese: “Il mercato italiano è colato a picco ai livelli senza precedenti, ritornato a agli anni Sessanta”.
Marchionne replica anche agli attacchi del patron della Tods’, Diego Della Valle. “Tutti parlano a cento all’ora, perchè la Fiat è un bersaglio grosso, più delle scarpe di alta qualità e alto prezzo che compravo anch’io fino a qualche tempo fa: adesso non più. Ci sarebbe da domandarsi chi ha dato la cattedra a molti maestri d’automobile improvvisati, ma significherebbe starnazzare nel pollaio più provinciale che c’è. Fintanto che attaccano, nessun problema. Ma lascino stare la Fiat”.
Sulle conseguenze rispetto alla situazione del mercato, l’ad di Fiat ammette esplicitamente che “dovreste rispondervi sa soli su cosa farebbe un imprenditore americano, un uomo di cultura anglosassone al mio posto”. Ma alla domanda allora se è nell’intenzione dell’azienda di abbandonare il nostro Paese, risponde di “non aver mai parlato di esuberi, non ho proposto chiusure di stabilimenti, non ho mai detto che voglio andar via”. E Fabbrica Italia? “Io non mollo, sono ancora qui, anzi a Detroit in questo momento. Quell’impegno – spiega Marchionne – era basato su cento cose e la metà non ci sono più per effetto della crisi. Da allora (aprile 2010) il mercato europeo ha perso due milioni di macchine e i nodi prima o poi vengono al pettine”.
Questo vuol dire che tutte le colpe sono del mercato? “Vuol dire che il mercato non c’è – controbatte Marchionne-. In Italia siamo sotto un milione e 400 mila auto vendute e negli ultimi cinque anni ne abbiamo perse un milione e centomila”. L’ad della Fiat si mostra preoccupato per il futuro spiegando che “quando parlo agli americani loro mi consigliano di chiudere due stabilimenti per togliere sovracapacità dal sistema europeo. Ma io non parlo di chiusure “. Il governo a breve le chiederà un incontro, con il ministro Passera e Fornero in prima linea: “Gli dirò che investire nel 2012 sarebbe micidiale. Ora bisogna sopravvivere alla tempesta con l’aiuto dei mercati dell’america del nord e del sud”. E sulla ripresa delle vendite, ammette di vederla dal 2014 in poi. “Io mi impegno – afferma Marchionne – ma non da solo. Ci vuole un impegno dell’Italia. La mia parte la faccio, guadagnando quest’anno 3 miliardi e mezzo a livello operativo, netti di quasi 700 milioni di perdite nel nostro Paese”.
Sui rapporti sindacali ancora molto tesi, soprattutto con la Fiom Marchionne risponde a Cesare Romiti che ha difeso il sindacato della Cgil: “Il mondo che abbiamo creato non è più quello di Romiti e non appartengo a una casta. Mio padre era un maresciallo dei carabinieri e – sottolinea il numero uno del Lingotto – mi ricordo da dove vengo”. Infine alla provocazione di dover uscire dal mondo editoriale (leggi La Stampa e Corriere della Sera) Marchionne si toglie qualche sassolino dalle scarpe affermando: “Non ho mai frequentato i salotti buoni. E quando abbiamo avuto bisogno di qualcosa da loro, ho visto solo buchi nell’acqua”.