Rapporti con la camorra ai più alti livelli politici, speculazioni edilizie, conflitti d’interesse, corruzione dilagante e persino controllo del voto. E’ questo lo scenario delineato dalla prima Commissione d’inchiesta antimafia della Repubblica di San Marino. Una Commissione che si era resa necessaria dopo che nel settembre del 2011, la Procura distrettuale di Napoli aveva rivelato i canali del riciclaggio che dal clan Stolder (ma non solo) portavano al centro della Repubblica.

Artefice delle operazioni di riciclaggio è Francesco Vallefuoco, un uomo che, secondo le intercettazioni riportate nell’ ordinanza Staffa, si vanta di stare “in pace con tutti” (inteso i clan campani) e di aver ospitato sul Titano Giuseppe Setola all’indomani della strage di Castel Volturno. Di sé dice che non gli “devono mai cercare di fare droga e mai cercare di fare prostituzione, il resto … – chiosa – faccio le cose che sono bravo a fare … cioè sto in mezzo alla strada”. Stare in mezzo alla strada significa gestire contatti, elaborare alleanze, assorbire imprese e – ovviamente – riscuotere crediti. Sia nei dintorni di Rimini, dove il suo piccolo esercito di picchiatori è composto da 45 elementi, che nel resto d’Italia.

Altro cardine intorno al quale ruotano tutte le operazioni, è l’avvocato sammarinese Livio Bacciocchi, dominus della finanziaria Fincapital, nonché uno dei principali costruttori della Repubblica (le sue imprese sono arrivate ad avere 52 cantieri aperti in contemporanea, con gli immobili ancora da vendere). Il metodo messo in piedi da Vallefuoco e Bacciocchi era relativamente semplice: si consegnavano assegni post datati e non intestati, che venivano portati allo sconto dalla banca, che in cambio elargiva contante o emetteva assegni circolari. Un sistema che sembra funzionare fino al 2008, quando una serie di equilibri incominciano a scricchiolare: il settore edilizio, su cui aveva puntato l’economia sammarinese, entra in crisi e con il varo dello scudo fiscale in Italia, gli istituti di credito chiedono ai clienti di rientrare.

In politica circola aria di avvicendamento e il sodalizio criminale decide di non farsi trovare impreparato, perché, come spiega Francesco Vallefuoco “a noi interessa che non s’inceppa il meccanismo”. Così, per assicurare continuità agli investimenti, Vallefuoco affianca a quello che viene ritenuto il suo primo interlocutore, il socialista Fiorenzo Stolfi, più volte Segretario di Stato, il più promettente democristiano Gabriele Gatti, anch’esso Segretario di Stato e eletto ininterrottamente al Consiglio Grande e Generale dal 1978.

“Dei rapporti tra Fincapital, Livio Bacciocchi, Francesco Vallefuoco, Fiorenzo Stolfi e Gabriele Gatti si trova riscontro in numerosi documenti e nelle parole di diversi testimoni – sostengono i Commissari – Gli elementi a disposizione sono precisi e concordanti nei dettagli e nei particolari, tali da tracciare un profilo di responsabilità politica a carico di Fiorenzo Stolfi e Gabriele Gatti”.

Non solo i due ex Segretari di Stato. I politici erano di casa alla Fincapital, dove potevano presentarsi anche senza appuntamento e dove un ascensore li portava direttamente dal garage all’ufficio di Bacciocchi. Frequentare la Fincapital non era reato, ammettono i Commissari che però biasimano la processione dei politici. Fra questi il consigliere democristiano Clelio Galassi e il Segretario di Stato alla Sanità Claudio Podeschi. Ma anche uomini che hanno ricoperto vari incarichi per le Segreterie di Stato come Moreno Benedettini, accusato di aver ritirato una tangente da 50 mila euro per Antonello Bacciocchi, Segretario di Stato al Lavoro.

La figura di Benedettini, che di Vallefuoco diventa promotore finanziario e procacciatore d’affari, merita di essere analizzata attraverso le intercettazioni che compaiono nell’indagine Staffa, per mettere in evidenza l’acquiescenza totale mostrata dai sammarinese di fronte al camorrista: dall’Audi A6 sulla quale stava viaggiando, Vallefuoco ordina a Benedettini di andare a comprare una nuova sim telefonica, con il documento di qualcun altro. Quindi di comunicare a lui il nuovo numero perché, tramite le sue conoscenze possa farlo cancellare dal terminale. “lo faccio cancellare dal terminale e tu fai quel cazzo che vuoi tu. Il numero è inesistente” assicura. I due si salutano al grido di “Ciao puttana”.

Le smentite a quanto pubblicato nella relazione della Commissione non hanno tardato ad arrivare. Gabriele Gatti ha già annunciato denuncia penale e civile sia per i testi ascoltati dalla Commissione che per i Commissari stessi. Critiche sono arrivate anche dalla stampa locale che ha giudicato insufficiente il metodo d’inchiesta, condotto prevalentemente attraverso la raccolta di testimonianza (non sempre concordi).

Al di là dell’accertamento delle singole responsabilità, la relazione risulta estremamente importante per il quadro di opacità che delinea: il “furore edificatorio” al quale è stato sacrificato buona parte del territorio della Repubblica – scrivono i Commissari – ha portato alla nascita di “strani” cantieri, facenti capo sempre agli stessi soggetti economici, con la creazione di monopoli, la partecipazione agli utili di soggetti politici che dovevano concedere le autorizzazioni e l’arrivo di manovalanza dal sud Italia per i subappalti.

Totale la corruzione in materia di sicurezza sul lavoro, dove sembra essere stata prassi la corresponsione di un mensile ai funzionari pubblici per evitare le ispezioni sui cantieri. Ed infine incredibile appare la pratica di controllare il voto alle elezioni generali: le persone vincolate da un patto di interesse erano tenute ad esprimere 5 preferenze all’interno di uno stesso schieramento e una sesta completamente estranea per riuscire facilmente individuabili.

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