Indovinello: il petrolio costa in euro come all’inizio dell’anno, ma benzina e gasolio si pagano il 20% in più, chi sta incassando la differenza? Aiutino: non sono i benzinai e, almeno questa volta, neppure i petrolieri. A prendersi tutto il banco è lo Stato e solo lo Stato, che come calcolato dal centro studi Promotor nei primi 8 mesi del 2012 ha incamerato 24, 5 miliardi di euro dalla tassazione sui carburanti, ben 3,6 miliardi in più rispetto allo stesso periodo del 2011.
Tanto hanno fruttato le 14 (quattordici) accise che gravano sui carburanti (che vanno da quelle, tuttora in vigore, per la guerra in Abissinia, il disastro del Vajont e la crisi di Suez alle più recenti motivate con “l’emergenza” immigrazione o l’alluvione delle Cinque Terre) e un’Iva salita al 21% che si applica sia sul prezzo industriale che sulle stesse accise, diventando in pratica una tassa sulla tassa. In un anno la componente fiscale che grava su ogni litro di benzina è passata da 88 centesimi di euro a 1 euro e 5 centesimi, un balzo di quasi il 20% che spiega tutti i rincari degli ultimi mesi.
Il dato degli incassi del fisco fa ancora più impressione se si considera che nel frattempo i consumi sono calati. In 8 mesi abbiamo riversato nei nostri serbatoi circa 27 miliardi di litri di benzina e gasolio. Sembra tanto ma in realtà è il 9% di quanto consumato nel 2011. Così, se l’Erario ride, benzinai e un poco persino i petrolieri piangono. Come spiega Luca Squeri, presidente dei distributori aderenti a Confcommercio, i distributori incassano una commissione fissa di 4 centesimi al litro. Guadagnano quindi sulla quantità di venduto non sul prezzo. Per un benzinaio i prezzi alti sono paradossalmente una iattura, i litri venduti scendono e le commissioni sulle carte di credito salgono visto che l’importo medio pagato per rifornirsi cresce.
Un discorso simile vale per le compagnie petrolifere che vendono ridursi la quantità di venduto. Il prezzo industriale della benzina (ossia quello prima delle tasse che finisce tutto nelle tasche dei petrolieri e in minima parte in quelle della distribuzione) è rimasto sostanzialmente stabile intorno agli 80 centesimi al litro. Il risultato di un prezzo fermo, ma con vendite più basse, è un calo dei ricavi che può essere stimato in circa l’1,2%, una perdita destinata ad allargarsi se, come probabile, la contrazione dei consumi proseguirà anche negli ultimi mesi dell’anno.
L’Italia non è l’unico paese europeo a spremere gli automobilisti, ma, come spesso accade, riesce a distinguersi in negativo. Il prezzo della benzina si conferma il più alto d’Europa e quanto a peso del fisco siamo secondi soltanto alla Svezia. Per quanto riguarda il gasolio paghiamo in assoluto meno solo di Inghilterra e Svezia ma quanto a soldi dati al fisco siamo secondi solo ai britannici. Negli ultimi giorni diversi esponenti del governo tra cui il ministro per i rapporti con il Parlamento Pietro Giarda e il sottosegretario allo Sviluppo Economico hanno parlato della possibilità di una sterilizzazione dell’Iva. In pratica il foverno rinuncerebbe al gettito aggiuntivo legato ad eventuali aumenti del prezzo industriale innescati dai rincari del greggio. Sono anni che dichiarazioni di questo tipo rimbombano nei Palazzi della politica aule senza che alle parole siano mai seguiti i fatti. Vedremo se questa sarà la volta buona.
Per concludere vale la pena ricordare che esiste un altro fiume di denaro prodotto anche con i guadagni da carburanti che sfocia nelle casse del ministero dell’Economia. Sono i dividendi che puntualmente arrivano da Eni (dunque Agip) di cui il Tesoro possiede il 30% attraverso la Cassa Depositi e Prestiti. Nell’ultimo anno il gruppo del Cane a sei zampe ha distribuito circa 4 miliardi di euro (in due tranche) e oltre un miliardo sono finiti nelle casse di via 20 settembre, mentre al numero uno del gruppo, Paolo Scaroni, sono andati compensi per un totale di oltre 5,8 milioni, il 30 per cento in più del 2010.