Le aziende sanitarie quando nacquero nel ’92 furono considerate come la grande “svolta”, la “soluzione razionale” al problema della crescita della spesa sanitaria. Quasi l’uovo di Colombo: gestire come cambiare, risparmiare, riorganizzare, razionalizzare, compatibilizzare, curare, trattare… cioè gestire gestire e ancora gestire. Il pensiero unico, quello che con le restrizioni economiche diventerà sempre più bilanciofrenico, e che si illudeva di affrontare le grandi contraddizioni della sanità con una gestione onnipotente, nasce proprio con l’azienda.
Oggi a parte alcuni apologeti cointeressati, come i direttori generali, la Bocconi, Federsanità, la Fiaso e pochi altri, tutti parlano male dell’Azienda. I medici, i cittadini, le regioni, le società scientifiche, i sindacati, gli ordini professionali. Tutti se la toglierebbero volentieri dalle scatole. I direttori generali se la prendono con le Regioni e con i pochi soldi loro assegnati. Le Regioni tengono i direttori generali per il collo perché sono esse a nominarli quindi a gestirli. I medici si sono inventati il “governo clinico” che tutto è meno che clinico, per contenere quello che loro definiscono lo strapotere dei direttori generali. I tagli lineari fanno strame dell’Azienda considerandola di fatto come quella che non ha mantenuto le promesse (efficienza, trasparenza, risultati, economicità ecc).
Ma come stanno le cose?
1) L’Azienda è nata da una norma che non ha mai specificato quale genere di azienda fosse più adatta alla complessità sanitaria;
2) alla sanità è stata imposta l’idea di azienda manifatturiera, cioè quella meno appropriata;
3) il suo obiettivo formale dovrebbe essere la salute della gente ma il suo obiettivo reale è solo l’equilibrio di bilancio, la gestione delle compatibilità, il risparmio a tutti i costi;
4) è stata teorizzata in un modo e realizzata in un altro cioè non è la realtà che ha tradito la teoria ma il contrario;
5) la razionalità aziendale, cioè il suo modo di pensare, è un pensiero vecchio, che non ha idea di cosa sia la complessità in medicina, pieno di anacronismi e grossolane debolezze culturali;
6) a causa delle crescenti restrizioni finanziarie l’azienda è diventata una sorta di appendice regionale senza autonomia;
t) i direttori generali sono lottizzati, cioè non sono scelti sulla base di graduatorie meritocratiche, alcuni di loro sono semplicemente degli incapaci.
E altre cose… come il non essere orientata alla domanda, il considerare gli operatori come delle lavatrici obbedienti, e tutti gli inconvenienti delle aziende nate come manifatturiere e che manifatturiere non sono.
In sintesi: l’Azienda si è rivelata inadeguata alla complessità della sanità pubblica; è un pensiero debole, cioè una burocrazia tecnocratica che ha sostituito una burocrazia amministrativa. Ciononostante, secondo me, non si tratta di rinunciare all’aziendalismo ma di riformarlo. L’Azienda ha dei meriti innegabili come quello di aver introdotto nella sanità una coscienza economica che prima non c’era e non solo. Se fino ad ora abbiamo avuto una Azienda che ha chiesto alla sanità di adattarvisi, da oggi in poi si tratta di fare il contrario, è l’Azienda che deve adattarsi alla complessità sanitaria. Non ho mai nascosto le mie simpatie per l’Azienda di servizio, quindi orientata alla domanda, con un management esperto e diffuso a partecipazione sociale, nel quale gli operatori a loro volta sono coautori di management. Oggi gli operatori sono considerati dalle aziende solo dei costi da contenere e dei meri esecutori di ordini e i cittadini poco meno e poco più delle rotture di scatole. E questo non va bene.
Ivan Cavicchi
Docente all'Università Tor Vergata di Roma, esperto di politiche sanitarie
Diritti - 22 Settembre 2012
Il fallimento dell’Azienda sanitaria locale
Le aziende sanitarie quando nacquero nel ’92 furono considerate come la grande “svolta”, la “soluzione razionale” al problema della crescita della spesa sanitaria. Quasi l’uovo di Colombo: gestire come cambiare, risparmiare, riorganizzare, razionalizzare, compatibilizzare, curare, trattare… cioè gestire gestire e ancora gestire. Il pensiero unico, quello che con le restrizioni economiche diventerà sempre più bilanciofrenico, e che si illudeva di affrontare le grandi contraddizioni della sanità con una gestione onnipotente, nasce proprio con l’azienda.
Oggi a parte alcuni apologeti cointeressati, come i direttori generali, la Bocconi, Federsanità, la Fiaso e pochi altri, tutti parlano male dell’Azienda. I medici, i cittadini, le regioni, le società scientifiche, i sindacati, gli ordini professionali. Tutti se la toglierebbero volentieri dalle scatole. I direttori generali se la prendono con le Regioni e con i pochi soldi loro assegnati. Le Regioni tengono i direttori generali per il collo perché sono esse a nominarli quindi a gestirli. I medici si sono inventati il “governo clinico” che tutto è meno che clinico, per contenere quello che loro definiscono lo strapotere dei direttori generali. I tagli lineari fanno strame dell’Azienda considerandola di fatto come quella che non ha mantenuto le promesse (efficienza, trasparenza, risultati, economicità ecc).
Ma come stanno le cose?
1) L’Azienda è nata da una norma che non ha mai specificato quale genere di azienda fosse più adatta alla complessità sanitaria;
2) alla sanità è stata imposta l’idea di azienda manifatturiera, cioè quella meno appropriata;
3) il suo obiettivo formale dovrebbe essere la salute della gente ma il suo obiettivo reale è solo l’equilibrio di bilancio, la gestione delle compatibilità, il risparmio a tutti i costi;
4) è stata teorizzata in un modo e realizzata in un altro cioè non è la realtà che ha tradito la teoria ma il contrario;
5) la razionalità aziendale, cioè il suo modo di pensare, è un pensiero vecchio, che non ha idea di cosa sia la complessità in medicina, pieno di anacronismi e grossolane debolezze culturali;
6) a causa delle crescenti restrizioni finanziarie l’azienda è diventata una sorta di appendice regionale senza autonomia;
t) i direttori generali sono lottizzati, cioè non sono scelti sulla base di graduatorie meritocratiche, alcuni di loro sono semplicemente degli incapaci.
E altre cose… come il non essere orientata alla domanda, il considerare gli operatori come delle lavatrici obbedienti, e tutti gli inconvenienti delle aziende nate come manifatturiere e che manifatturiere non sono.
In sintesi: l’Azienda si è rivelata inadeguata alla complessità della sanità pubblica; è un pensiero debole, cioè una burocrazia tecnocratica che ha sostituito una burocrazia amministrativa. Ciononostante, secondo me, non si tratta di rinunciare all’aziendalismo ma di riformarlo. L’Azienda ha dei meriti innegabili come quello di aver introdotto nella sanità una coscienza economica che prima non c’era e non solo. Se fino ad ora abbiamo avuto una Azienda che ha chiesto alla sanità di adattarvisi, da oggi in poi si tratta di fare il contrario, è l’Azienda che deve adattarsi alla complessità sanitaria. Non ho mai nascosto le mie simpatie per l’Azienda di servizio, quindi orientata alla domanda, con un management esperto e diffuso a partecipazione sociale, nel quale gli operatori a loro volta sono coautori di management. Oggi gli operatori sono considerati dalle aziende solo dei costi da contenere e dei meri esecutori di ordini e i cittadini poco meno e poco più delle rotture di scatole. E questo non va bene.
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Roma, 26 feb. (Adnkronos) - Domani giovedì 27 febbraio alle ore 11 si terrà alla Camera dei deputati, Sala Berlinguer (via Uffici del Vicario, 21) la conferenza stampa su "La risposta al caro bollette esiste: il governo ci ascolti".
Le proposte saranno illustrate da Annalisa Corrado, responsabile Conversione ecologica, clima, green economy e agenda 2030 nella segreteria del Pd, da Enrico Cappelletti, parlamentare M5S e da Luana Zanella, capogruppo AVS alla Camera dei Deputati. Saranno presenti le associazioni di consumatori, le organizzazioni sindacali, le associazioni di categoria e del terzo settore.
Roma, 26 feb. (Adnkronos) - "Trump annuncia dazi per il 25% per l'Unione Europea: una guerra commerciale che pagheranno imprese e lavoratori italiani. E' finito per Giorgia Meloni il tempo dei tentennamento, deve scegliere che parte stare". Lo dice la segretaria del Pd, Elly Schlein, parlando con i cronisti alla Camera.
"Dopo il silenzio imbarazzante di questi giorni di attacchi di Trump su Unione Europa e Ucraina, ora dica da che parte sta perché questa guerra commerciale saranno imprese, lavoratrici e lavoratori a pagarla".
Roma, 26 feb. (Adnkronos) - La Camera ha approvato la pdl sulla partecipazione dei lavoratori con 163 sì. I voti contrari sono stati 40, 57 gli astenuti.
Roma, 26 feb. (Adnkronos) - “Siamo davanti a un provvedimento stravolto dalla maggioranza rispetto alla sua versione iniziale. Il M5S è nato tra la gente: da sempre abbiamo mostrato attenzione e rispetto per le proposte di legge di iniziativa popolare, com’era questa. Oggi però ci troviamo a votare un testo che tradisce il dettato costituzionale e piccona la contrattazione collettiva. Votiamo convintamente no”. Così la capogruppo del M5S in commissione Lavoro, Valentina Barzotti, durante la dichiarazione di voto sulla pdl per la partecipazione dei lavoratori alla governance dell’impresa.
“Questa pdl - ha ripreso - stravolge tutti i principi posti a regola dall’Ue sulla partecipazione. Noi ritenevamo dovesse essere la contrattazione a incoraggiare i lavoratori alla partecipazione, invece saranno le aziende a determinare unilateralmente, sulla base degli statuti, come essi devono farlo. Addirittura c’è la possibilità di sostituire i premi di risultato con delle azioni: una previsione che riteniamo pericolosissima. In un momento simile sarebbe servito incentivare altri strumenti e meccanismi, come i workers buyout e il salario minimo e non questo clamoroso imbroglio”, ha concluso Barzotti.
Roma, 26 feb. (Adnkronos) - “Una domanda a Stroppa: cosa si intende con ‘altro’?”. Così il deputato democratico Alberto Pandolfo, firmatario degli emendamenti approvati in Commissione Attività Produttive alla Camera sulla legge spazio, replica al referente italiano di Elon Musk, Andrea Stroppa, che in un appello a FdI ha dichiarato: "Non ci chiamino più per convegni o altro".
“È interessante sapere – chiede Pandolfo – a cosa si riferisca Stroppa con quel ‘altro’, perché, detta così, sembra quasi che ci siano state delle interlocuzioni o delle collaborazioni tra le aziende di Musk e il partito della presidente del Consiglio che noi non conosciamo. Le sorelle Meloni dovrebbero fare chiarezza su questo aspetto che getta una inquietante ombra sui rapporti tra FdI e le aziende di Musk”.
Roma, 26 feb. - (Adnkronos) - "L'implementazione efficiente delle misure antiriciclaggio e di contrasto al finanziamento del terrorismo rimane problematica" ma "sebbene siamo tutti d'accordo sul fatto che non si possa scendere a compromessi sull'integrità del sistema di pagamento, c'è sicuramente spazio" per migliorare i processi. Lo ha sottolineato il governatore della Banca d'Italia, Fabio Panetta, nel suo intervento a un evento sui pagamenti transfrontalieri, nel quadro del G20 in Sudafrica.
Panetta ha ricordato gli "oneri e costi aggiuntivi per i fornitori di servizi di pagamento che alla fine ricadono sull'utente finale" prodotti dalle "misure di gestione dei flussi di capitale" e dal fatto che "molte valute dei mercati emergenti non possono essere facilmente scambiate tra loro". Un utente finale, ha aggiunto, penalizzato anche "dall'assenza di interoperabilità tra le soluzioni di pagamento nazionali".
Di qui, per Panetta "l'importanza di concentrarsi sui miglioramenti dei sistemi nazionali per consentire i pagamenti transfrontalieri: standardizzazione, cooperazione e innovazione sono quegli strumenti che rendono i sistemi di pagamento nazionali "adatti" ai pagamenti transfrontalieri". "Attraverso la collaborazione possiamo stabilire le giuste coordinate, anche se abbiamo punti di partenza diversi, orientandoci insieme verso un ecosistema di pagamento più integrato ed efficiente" ha concluso il governatore della Banca d'Italia.
Roma, 26 feb. (Adnkronos) - "Siamo soddisfatti delle parole del ministro Schillaci: il governo, nella sua decisione di equiparare medici generici e specializzandi trasformando il corso di formazione per i medici di medicina generale in una vera e propria scuola di specializzazione, accoglie le nostre proposte". Lo ha detto il presidente di Noi Moderati Maurizio Lupi durante il Question Time alla Camera.
"È una svolta necessaria per garantire la qualità dell’assistenza e la dignità della professione, un tema che Noi Moderati ha portato all’attenzione del Parlamento con forza e determinazione. La medicina di prossimità, il medico di famiglia hanno un’importanza fondamentale; questa riforma finalmente lo riconosce. Durante la pandemia, abbiamo compreso quanto fosse cruciale il ruolo del medico di famiglia, e oggi il governo sta andando nella giusta direzione per valorizzarlo e rafforzarlo”.