Dopo aver sfilato da Parmalat il tesoro accumulato dall’ex commissario straordinario di Collecchio, Enrico Bondi, con le revocatorie intentate alle banche, la francese Lactalis ha confermato ora la chiusura di tre stabilimenti produttivi (Genova, Villaguardia in provincia di Como e Cilavegna in provincia di Pavia). Per l’industria italiana è un altro duro colpo che si aggiunge, tra il resto, ai recenti annunci di Fiat, anch’essa sulla via della chiusura dei siti produttivi italiani.
La decisione di Lactalis vanifica tra l’altro gli enormi sforzi, peraltro coronati da successo, fatti da Bondi che, pur alle prese con il dissesto finanziario dell’azienda che fu di Calisto Tanzi, era comunque riuscito a salvaguardarne l’attività produttiva, con grande riconoscenza e ammirazione da parte dei dipendenti del gruppo.
Per indorare la pillola i francesi, che nella scalata a Parmalat furono aiutati da Mediobanca, hanno annunciato investimenti per 180 milioni di euro nei prossimi tre anni, che dovrebbero favorire una crescita del fatturato del 4% nello stesso periodo di tempo. Peccato però che in questa cifra siano incluse anche le spese di marketing: resta dunque da vedere quanto sarà realmente destinato all’attività industriale.
Queste novità sono emerse dall’incontro di ieri al ministero dello Sviluppo Economico a cui hanno partecipato i sindacati (Flai Cgil) e alcuni dirigenti del gruppo di Collecchio. “Rimaniamo perplessi rispetto a un programma di crescita del fatturato del 4% nei prossimi tre anni essenzialmente legato alla produzione per conto terzi, quando un gruppo come Parmalat ha necessità di intervenire anche sull’innovazione dei prodotto”, ha dichiarato Mauro Macchiesi, segretario nazionale di Flai Cgil, sottolineando che un tale aumento non è sufficiente a saturare la capacità produttiva dei vari siti e che “nella produzione per conto terzi i margini sono pochi”.
Parmalat, per parte sua, si è detta disponibile a intraprendere alcune iniziative per limitare le conseguenze occupazionali, come il ricorso alla mobilità interna al gruppo, il trasferimento di personale presso operatori logistici terzi e il potenziamento del polo logistico di Villaguardia. Per l’area dello stabilimento ligure, invece, una società del mondo commerciale ha presentato a Parmalat una lettera di interesse dichiarandosi pronta ad aprire un megastore alimentare.
La chiusura degli impianti è un esito tanto drammatico quanto scontato dell’acquisizione, realizzata poco più di un anno fa, di Parmalat ad opera di Lactalis nonostante le intenzioni bellicose dell’allora ministro del Tesoro, Giulio Tremonti.
L’altro avvilente momento di questa vicenda era stato quando all’inizio dell’estate i francesi hanno venduto a Parmalat, in evidente conflitto di interessi, le loro attività nei formaggi negli Usa e Sud America per l’importante somma di 904 milioni di dollari. In questa vicenda, talmente poco chiara che perfino Consob ha pensato di chiedere lumi, Lactalis è stata consigliata da Mediobanca che ha messo nero su bianco che il prezzo pagato è stato “congruo”.
Peccato però che l’istituto di Piazzetta Cuccia sia giunto a questa conclusione senza neanche effettuare un’analisi dei conti autonoma (in gergo due diligence) sulle attività americane di Lactalis, ovvero si è fidata dei dati forniti dai francesi, e che l’indipendenza di Mediobanca, benché rivendicata dai sindaci di Collecchio, non sia così lampante avendo l’istituto finanziato Lactalis con 410 milioni in occasione dell’acquisto per 6,7 miliardi della Parmalat. Somma che grazie anche all’operazione americana sta rientrando nelle casse di Piazzetta Cuccia.
Del resto il numero uno della banca milanese, Alberto Nagel, sapeva fin dall’inizio che il finanziamento era garantito dagli 1,5 miliardi di euro che Parmalat aveva in cassa al momento della scalata, somma che i francesi, poco dopo l’acquisizione, avevano prontamente trasferito nella propria cassaforte, la Bsa Finances, con la consulenza dell’onnipresente Piazzetta Cuccia. Dopo i problemi incontrati con i Ligresti e altri illustri esponenti della finanza italiana, Mediobanca ha cosi’ messo a segno un colpo sicuro. Non altrettanto ha fatto l’industria italiana in uno dei suoi campi d’eccellenza, quello alimentare.