Pochi mesi soltanto e la fine dell’emergenza profughi iniziata nel 2011 potrebbe diventare a sua volta una nuova emergenza. Il 31 dicembre 2012, infatti, finiranno i finanziamenti per l’accoglienza, in tutta Italia, di oltre 21 mila profughi approdati sulle nostre coste durante la primavera araba dello scorso anno, quando le frontiere libiche si aprirono con la fine del regime di Gheddafi. A fatica si sono trovati 495 milioni di euro per coprire le spese del 2012. Ora però dalla fine dell’anno, in tempi di magra, tagli e spending review, i cordoni della borsa dlla cosiddetta emergenza Nord Africa si chiuderanno. La regione Emilia Romagna, prova a correre ai ripari per evitare tensioni future, anche perché le prospettive questi profughi, moltissimi dei quali in età da lavoro non sono rosee. “Non c’è lavoro neanche nei territori più avanzati come il nostro”, spiega a ilfattoquotidiano.it Teresa Marzocchi, assessore in Emilia Romagna ai servizi sociali .
La questione tuttavia riguarda tutto il territorio nazionale. Domani a Roma, in Conferenza stato regioni, si dovrebbe approvare il documento con il quale si deciderà come muoversi dall’inizio del 2013. “Bisognerà trovare nuovi fondi per i rifugiati stanziati per esempio dal ministero dell’Interno e del Lavoro”, spiega Marzocchi che però poi ammette: “Ma quei soldi non saranno comunque sufficienti”. Alcune persone dovrebbero gradualmente essere inserite in percorsi di inclusione, ma riguardo molte situazioni la titolare delle politiche sociali in Emilia Romagna non usa molti giri di parole: molte persone sarebbe meglio tornassero a casa loro. “Stiamo avviando progettazioni per dei rientri volontari assistiti”. Poi l’assessore spiega: “Molte di queste quando stavano in Libia lavoravano e mandavano i soldi a casa. Si rendono conto che qui non ci sono molti sbocchi”.
Sempre domani nell’incontro tra governo ed enti locali dovrebbe passare la linea secondo cui con lo scadere del 2012 i documenti dei profughi rimarranno comunque validi, per consentire loro di muoversi in tutta Italia alla ricerca di lavoro. “La questione dei permessi di soggiorno sarà risolta, devono essere posti in una condizione giuridica di regolarità”.
Come uscire da questa situazione? All’interrogativo ha provato a rispondere un seminario, organizzato nei giorni scorsi a Piacenza dove alcune strutture che lavorano sul campo ogni giorno hanno espresso tutta la loro preoccupazione. Finora, infatti, quasi nessuno degli ospitati è riuscito a trovare lavoro, nonostante dopo sei mesi dal rinnovo del permesso di soggiorno tutti potessero avere accesso a un’occupazione. Sui rimpatri di cui parla l’assessore Marzocchi, il nodo rimane invece quello di “ottenere le garanzie per un inserimento”, che nei Paesi dai quali queste persone sono fuggite solo un anno fa paiono ancora un miraggio (per la maggior parte, infatti, sono coperti dallo status di rifugiati politici).
Sarà anche per questo che durante il dibattito, hanno tenuto banco i dubbi dei gestori delle strutture ospitanti – 223 in Emilia Romagna – che dal 31 dicembre non riceveranno più nessun rimborso e non sapranno come comunicare agli stranieri che non hanno più diritto all’alloggio. “Hanno creato dei contenitori di persone dove si dà da mangiare e da bere e poi basta. Il tutto senza la minima traccia di un piano per l’integrazione e l’inserimento. Siamo di fronte a un vuoto giuridico” hanno confessato alcuni dei gestori, le cui previsioni non sono certo rosee: “Senza un piano di inserimento queste persone sono destinate a perdersi e a finire anche in brutte mani”.
L’assessore Marzocchi, si difende: “Non partiamo mica da zero, queste persone non sono state tutte parcheggiate in quest’anno e mezzo”. Poi tuttavia ha ammesso: “Sono molto preoccupata, non lo posso negare, ma è necessario che comuni, regione e governo facciano la loro parte”.
In Emilia Romagna sono 1.700 le persone arrivate durante l’emergenza Nord Africa, molti sono bambini, e alcuni sono nati nell’ultimo anno di permanenza in Italia. Solo nel Piacentino sono 118 in tutto i profughi, di cui cinque bambini. Sono 370 invece in provincia di Bologna. Tra loro i richiedenti asilo sono l’86 %, moltissimi dei quali in attesa delle procedure per il riconoscimento della protezione internazionale. Dal prossimo anno il rischio è che vadano a ingrossare le fila degli irregolari presenti in Italia.
di Gianmarco Aimi e David Marceddu