Il Paese è cambiato e bisogna perciò “cambiare il modo di fare scuola“. Questa la convinzione del ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo, secondo il quale “ci vuole una revisione dei nostri programmi in questa direzione”. Intervistato a margine della presentazione della biblioteca del Ministero, che aprirà al pubblico, Profumo ha osservato che “nelle scuole ci sono studenti che provengono da Paesi, culture, religioni diverse. La scuola è più aperta, multietnica, capace di correlarsi al mondo di oggi”. Un attacco vero e proprio, anche se moderato nei termini, alla fino ad oggi intoccabile ora di religione. Secondo Profumo, l’apertura della scuola e la revisione dei programmi riguardano l’insegnamento della religione, ma anche della geografia: “Ieri ero in una scuola con il 50% di alunni stranieri – ha riferito – e mi hanno detto che imparano la geografia dai loro compagni che raccontano dei loro Paesi di provenienza”.
A rispondere direttamente al ministro dell’Istruzione è il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la cultura, dicendo di “sì” alla proposta sull’ora di religione, ribadendo però che essa deve restare cristiana come stabilito dagli accordi concordatari. “E’ importante – spiega – il rinnovamento della didattica nel metodo: il messaggio evangelico e i grandi insegnamenti cristiani vanno sempre insegnati, ma c’è spazio anche per un aggancio con il mutare della società e lo sviluppo dei tempi e della cultura. In questo senso – ha precisato Ravasi – ciò che ha detto il ministro Profumo può essere declinato”. A difesa dell’ora di religione si schiera anche il ciellino Maurizio Lupi del Pdl: “Capisco la preoccupazione del ministro Profumo sulla necessità che la scuola non ghettizzi chi viene da altri Paesi e ha tradizioni culturali diverse dalla nostra – sottolinea – ciò nonostante io credo che questa attenzione debba evitare di scadere nel relativismo”. Per Paola Binetti dell’Udc, con la crisi “oggi abbiamo più bisogno di religione, una religione insegnata meglio e testimoniata prima di tutto con l’esempio degli insegnanti”. E osserva: “Chi non vuole, può sempre restare fuori dall’aula”.
Ma le dichiarazioni del ministro piacciono a Radicali, Idv e Rete studenti medi. I primi sono favorevoli ma ritengono che “si deve passare dall’abolizione dell’esistente”. Oggi nelle scuole italiane, affonda il tiro la senatrice radicale Donatella Poretti, “non si insegna storia delle religioni, ma si fa catechismo coi soldi pubblici”. Per Pierfelice Zazzera dell’Idv, vicepresidente della Commissione Cultura della Camera, rivedere l’ora di religione è giusto ma non sufficiente: “Bisogna procedere al taglio dei fondi stanziati per le scuole private e confessionali”. Non si accontentano neanche gli studenti: “Il ministro ha ragione – dichiara il portavoce della Rete degli studenti medi, Daniele Lanni – i programmi di religione e di geografia vanno assolutamente rivisti. Ma questo non può bastare per risollevare la didattica italiana, ferma a più di 40 anni fa”.