La corruzione nel nostro paese è a livelli mastodontici e può crescere ancora, se non si contrasta in modo netto, senza mediazioni, con volontà politica concreta, che vada al di là delle parole. Ci costa 10 miliardi di euro ogni anno e il 12 per cento degli italiani si è vista chiedere una tangente negli ultimi 12 mesi. Lo affermano i dati, i fatti, le storie del dossier “Corruzione, le cifre della tassa occulta che impoverisce ed inquina il paese” presentato a Roma stamattina da Libera, Legambiente e Avviso Pubblico presso la sede della Fnsi. Numeri drammatici e inquietanti. Un dossier che arricchito di casistica, di storie e di fatti avvenuti negli ultimi vent’anni diventa un libro dal titolo “Atlante della Corruzione” a cura di Alberto Vannucci di Edizione Gruppo Abele.
Durissime le parole di don Luigi Ciotti, presidente di Libera, sui ritardi della politica su questo tema: ”Vi prego, sul problema corruzione servono scelte chiare, nette, concrete. Categoriche. Non sono possibili deviazioni, ma purtroppo questo sta avvenendo”. Don Ciotti chiede di approvare velocemente il ddl anticorruzione, introducendo il reato di autoriciclaggio, l’incandidabilità di chi è condannato per corruzione e la definitiva applicazione della norma sulla confisca dei beni dei corrotti già prevista dalla Finanziaria del 2007. “Il disegno di legge è un passo in avanti, ma è già mortificato, frenato da chi ha altri giochi e altri interessi”. Il ddl “perde pezzi per strada”, conclude don Ciotti , è il momento “che scatti qualcosa nella coscienza. Non possiamo più essere cittadini ad intermittenza”.
Secondo la World Bank, nel mondo si pagano ogni anno più di 1.000 miliardi di dollari di tangenti e va sprecato, a causa della corruzione, circa il 3 per cento del pil mondiale. Applicando questa percentuale all’Italia, annualmente l’onere sui bilanci pubblici è nella misura di 50-60 miliardi di euro l’anno, una tassa immorale e occulta pagata con i soldi prelevati dalle tasche dei cittadini. Ma si può andare oltre: il peggioramento di un punto dell’indice di percezione della corruzione (cpi) in un campione di Paesi determina una riduzione annua del prodotto interno lordo pari allo 0,39 per cento e del reddito pro capite pari allo 0,41 per cento e riduce la produttività del 4 per cento rispetto al prodotto interno lordo. Visto che l’Italia nel decennio 2001-2011 ha visto un crollo del proprio punteggio nel cpi da 5,5 a 3,9, si stima una perdita di ricchezza causata dalla corruzione pari a circa 10 miliardi di euro annui in termini di prodotto interno lordo, circa 170 euro annui di reddito pro capite ed oltre il 6 per cento in termini di produttività.
Ancora più allarmanti sono i danni politici, sociali e ambientali: la delegittimazione delle istituzioni e della classe politica, il segnale di degrado del tessuto morale della classe dirigente, l’affermarsi di meccanismi di selezione che premiano corrotti e corruttori nelle carriere economiche, politiche, burocratiche, il dilagare dell’ecomafia, attraverso fenomeni come i traffici di rifiuti e il ciclo illegale del cemento, che si alimentano quasi sempre anche grazie alla connivenza della cosiddetta “zona grigia”, fatta di colletti bianchi, tecnici compiacenti, politici corrotti. Il dossier approfondisce l’aspetto della corruzione in materie ambientali, oggetto di 78 inchieste penali negli ultimi due anni, che rappresenta un ulteriore danno per il paese in termini di inquinamento e salute.
È particolarmente significativo il dato relativo alle esperienze personali di tangenti, ossia alla corruzione vissuta sulla propria pelle dai cittadini dei 27 Paesi dell’Unione Europea. Nell’ultima rivelazione di Eurobarometer 2011, il 12 per cento dei cittadini italiani si è visto chiedere una tangente nei 12 mesi precedenti, contro una media europea dell’8 per cento. In termini assoluti, questo significa il coinvolgimento personale, nel corso di quell’anno, di circa 4 milioni e mezzo di cittadini italiani in almeno una richiesta, più o meno velata, di tangenti. Particolarmente allarmante quella che Libera, Legambiente e Avviso Pubblico chiamano “corruzione ambientale”. Sempre più spesso, infatti, attività illegali come il traffico illecito di rifiuti o l’abusivismo edilizio, magari “rivestito” con il rilascio di concessioni illegittime, sono accompagnate da un sistematico ricorso alla corruzione di amministratori pubblici e rappresentanti politici, funzionari incaricati di rilasciare autorizzazioni o di effettuare controlli.