Stava per prendere il volo il tesoro di Vito Ciancimino, investito da anni nella più grande discarica d’Europa, a Glina, periferia di Bucarest. Un valore stimato in 115 milioni di euro, gestito da una serie di prestanomi, conosciuti da tempo dalle autorità giudiziarie italiane. Quella montagna di monnezza era diventata troppo ingombrante, con il rischio concreto che l’antimafia palermitana riuscisse a mettere le mani su quel tesoro sparito con la morte di Vito Ciancimino. Questa mattina sono scattate diverse perquisizioni, ordinate dalla Dda di Roma, per bloccare la vendita della Ecorec, la società cassaforte dei Ciancimino, titolare della gigantesca discarica in Romania. Passaggio di quote che avrebbe reso irraggiungibili i soldi del tesoro riconducibile a cosa nostra.
Dallo scorso aprile le trattative condotte da Raffaele Pietro Valente – imprenditore “custode”, per i magistrati, di quei milioni investititi in Romania – avevano preso un’accelerazione sospetta. Già da tempo gli investigatori si erano accorti che il gruppo legato a Massimo Ciancimino era pronto a monetizzare l’investimento nei rifiuti, rendendo invisibile quei soldi divenuti troppo visibili, dopo le ultime sentenze di condanna. I potenziali clienti erano gruppi europei decisamente insospettabili: “Società belghe o partner slovacchi – si legge nel decreto di perquisizione firmato nei giorni scorsi la procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, eseguito dal Noe – e per un breve periodo di tempo erano stati presi contatti con il colosso italiano De Vizia Transfer Spa e prima ancora direttamente con il Credit Suisse”. Poi, ad aprile, entra un nuovo acquirente e le trattative accelerano, con diverse riunioni tra i rappresentanti della società lussemburghese e i soci della discarica riconducibile ai Ciancimino.
Il gruppo pronto ad acquistare quella discarica pagata con i soldi di cosa nostra era la Ecovision international, società di diritto lussemburghese con sede a Roma e nella città svizzera di Sion. La trattativa si sviluppa tra il presidente della Ecovision Nunzio Rizzi e Raffaele Valente, proprietario formale della discarica di Glina e va avanti fino a pochi giorni fa, con un accordo per la conclusione dell’affare entro il mese di novembre. A finanziare l’operazione sarebbero stati due imprenditori italiani, già inquisiti in passato per alcuni reati finanziari. Il primo, Gabrio Caraffini, arrestato lo scorso anno per bancarotta fraudolenta, il secondo, Claudio Imbriani, con precedenti per associazione per delinquere finalizzata alla truffa: i due, per il procuratore Pignatone, avrebbero avuto il ruolo centrale di mediatori finanziari nell’operazione bloccata questa mattina. L’ipotesi di reato contestata dalla procura antimafia romana è di riciclaggio.