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C’è qualcosa in comune fra bastonare un fungo ed uccidere un animale?

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L’autunno è una stagione magica: con la primavera è il periodo dell’anno in cui la natura si riempie di colori. Una festa per gli occhi prima della quiete invernale. Fra i colori più belli quelli che sorprendentemente escono dalla terra: i funghi. Alcuni di questi sono letteralmente spettacolari, come, per tutti, le amanite muscarie, i funghi per eccellenza nell’immaginario collettivo, nei disegni dei bimbi, nei libri di fiabe. Ed anche – molto più prosaicamente – un allucinogeno alla portata di tutti, che da sempre accompagna la storia dell’uomo.

Ho fatto un giro nei boschi negli scorsi giorni, e di amanite muscarie ce n’erano a decine. Parecchie erano state prese a bastonate dai “fungaioli”. Mi sono domandato dove stesse il senso di questo atto di violenza: perché distruggere ciò che è bello, ciò che alimenta la nostra fantasia? Me lo sono domandato ad alta voce e l’amico che era con me mi ha ribattuto: “e allora quelli che uccidono un gallo forcello?”. Già, aveva ragione, è vero: quelli che vedono altre bellezze della natura, un gallo forcello è una, ma pensiamo al camoscio, pensiamo al germano reale ed invece di rimanere incantati ad ammirarle le uccidono. Un uomo normale si fermerebbe davanti allo spettacolo. Loro no.

Io credo che ci sia una sottile linea di congiunzione che lega chi prende a bastonate un fungo e chi uccide un animale per puro divertimento. Secondo me, è una malattia. Ed adesso non insorgano i soliti troll a dire che chi caccia ha una missione ecologica, o un istinto innato, o chi prende a bastonate un fungo lo fa perché altri non si avvelenino. Queste persone non sono dei santi, non sono degli altruisti, sono semplicemente dei malati. Ed è una malattia a cui stoltamente non si è data la necessaria importanza fino ad oggi. Perché la nostra società continua ad essere benevola verso chi fa ciò che vuole con gli esseri viventi e non riesce a comprendere la bellezza della natura. Quanto tempo passerà ancora prima che riesca l’uomo a capire, come diceva Gandhi, che “Il nostro prossimo è tutto ciò che vive”?

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