Il Fondo Monetario Internazionale taglia le stime sulla crescita mondiale e guardando all’Italia smonta l’ottimismo del governo. Nel World economic outlook diffuso in previsione delle assemblee annuali del Fmi e della Banca Mondiale ospitate a Tokyo si legge infatti che secondo le previsioni dell’istituto di Washington il pil italiano registrerà un calo del 2,3% e dello 0,7% rispettivamente nel 2012 e nel 2013.
Stime che per entrambi gli anni implicano un taglio delle attese sulla crescita dell’Italia dello 0,4% rispetto alle ultime previsioni di luglio dello stesso Fondo. E che sono più rosee di quelle dell’esecutivo solo per quest’anno e solo di un punto base. Diverso il discorso per il 2013 anno per il quale il premier si era impegnato al raggiungimento del pareggio: la differenza tra le sue stime e quelle dell’Fmi, questa volta in peggio, è di 5 punti base.
Nell’aggiornamento del Documento di economia e finanza (Def) datato 20 settembre, infatti, il governo oltre ad aver rivisto al ribasso le stime sul Pil a -2,4% per il 2012 aveva portato a -0,2% quelle per il 2013. Nonostante ciò, il premier aveva ribadito l’obiettivo di pareggio con l’escamotage del riferimento al “pareggio in termini strutturali“. Una formula peraltro già usata in aprile, quando il pareggio di bilancio era stato inserito nella Costituzione. Ora, davanti alle previsioni di Washington – che in un certo senso confermano l’analisi della settimana scorsa della Corte dei Conti che aveva parlato di “cura costosa e inefficace” – la strada della conferma dell’obiettivo si fa sempre più in salita e sempre meno credibile.
Anche perché, sempre in base alle stime dell’Fmi, la situazione occupazionale del Paese è destinata a peggiorare ancora. E parecchio: secondo Washington da noi i disoccupati, all’8,4% nel 2011, raggiungeranno il 10,6% quest’anno, ma addirittura l’11,1% nel 2013. Restiamo sotto la media europea (11,5%) e dietro a Grecia e Spagna, dove è senza lavoro oltre il 25% della forza lavoro, ma l’accelerazione è davvero impressionante e preoccupante, anche se il fenomeno riguarda tutta l’Europa, Germania esclusa, proprio a causa della debole dinamica del prodotto interno lordo. Mentre l’inflazione dell’Eurozona è prevista al 2,3% nel 2012, poco sopra il target del 2% che persegue da sempre la Bce nell’adozione delle sue decisioni di politica monetaria e in calo all’1,6% nel 2013. In Italia l’indice dei prezzi al consumo dovrebbe attestarsi invece al 3% quest’anno e all’1,8% nel prossimo anno.
La disoccupazione nelle economie avanzate è inaccettabile, osserva l’Fmi, mettendo in guardia anche dai rischi che potrebbero derivare dalle tensioni sociali. Un elemento che l’Ue deve tenere presente perché potrebbe complicare ancora di più la situazione. Uno scenario positivo, capace finalmente di ridare fiducia al Vecchio Continente, dice il Fondo, può avverarsi solo con l’attuazione dell’accordo raggiunto il 29 giugno, la creazione dell’unione bancaria, la creazione di una garanzia paneuropea sui depositi bancari, una ancora maggiore integrazione delle politiche di bilancio. In sostanza si tratta della road map individuata dalla Bce che potrebbe portare, secondo alcuni analisti, ad una discesa dello spread di circa 200 punti nel corso del 2013.
In ogni caso, mette in guardia Olivier Blanchard, capo economista del Fmi, Madrid e Roma, le più dirette interessate ad un discesa dello spread, devono proseguire sulla via del risanamento cercando di ritrovare la strada della competitività ed eventualmente ricapitalizzando le banche senza intaccare il livello del debito.
Guardando all’insieme dell’economia mondiale, la ripresa è prevista solo alla fine dell’anno prossimo dagli economisti di Washington secondo i quali Eurolandia sarà in recessione nel 2012 con un pil che scenderà dello 0,4 per cento. Modesta la crescita stimata anche nel 2013 (+0,2%) mentre il pil di Germania salirà dello 0,9% nel 2012 e nel 2013, quello francese di appena lo 0,1% quest’anno e lo 0,4% l’anno prossimo. Il pil globale, invece, salirà del 3,3% nel 2012 e del 3,6% nel 2013.