Ci risiamo. Deve essere davvero irresistibile per alcuni Parlamentari italiani la tentazione di imbavagliare il web costringendo la blogosfera al silenzio.

Non si spiega diversamente perché, ciclicamente, in Parlamento faccia capolino l’idea liberticida di assoggettare tutti i “siti informatici” all’obbligo di rettifica previsto dalla vecchia legge sulla stampa.

48 ore per procedere alla rettifica a pena di una sanzione pecuniaria a quattro zeri per i gestori di tutti i siti informatici.

E’ questo il contenuto di una pioggia di emendamenti presentati al Disegno di Legge in materia di diffamazione che il Senato sta discutendo, in questi giorni, a ritmo serrato, sull’onda emotiva del caso Sallusti.

E’ tri-partisan l’ostinata volontà di imbavagliare la Rete o, almeno, l’ignoranza dell’impatto che il provvedimento avrà sull’informazione online: Caliendo, Mugnai e Mantovani i Senatori firmatari di emendamenti in tal senso per il Pdl, Casson e Maritati per il Pd e Mura e Mazzatorta per la Lega.

Nessuno sembra capace di resistere alla tentazione.

Neppure, a ben vedere, i primi firmatari del disegno di legge, Chiti e Gasparri che, dopo averlo depositato, ci hanno ripensato, ed oggi propongono di aggiungervi anche una disposizione volta proprio ad estendere l’obbligo di rettifica a tutti i “gestori di siti informatici di natura editoriale”.

Peccato che la specifica “natura editoriale”, significhi poco o nulla, complice una disciplina dell’editoria scritta male e “ritoccata” peggio, per effetto della quale, ogni sito informatico potrebbe considerarsi avente natura editoriale e, come tale, soggetto all’obbligo di rettifica.

Sembra un autentico paradosso: il Parlamento, lavorando ad un disegno di legge a difesa della libertà di informazione, minaccia – poco conta quanto consapevolmente – di massacrare le forme più moderne e penetranti di esercizio della libertà di informazione sul web.

E’ inutile ricordare che se venisse introdotto un obbligo di rettifica, entro 48 ore, per tutti i gestori di siti informatici, il giorno dopo centinaia di migliaia di cittadini, produttori di informazione online rinuncerebbero per non correre il rischio di incappare nelle pesanti sanzioni previste per l’ipotesi di inadempimento all’obbligo di rettifica o, peggio ancora, inizierebbero a rettificare le informazioni pubblicate a prescindere dalla fondatezza o infondatezza della richiesta.

E’, importante, sventare immediatamente questo nuovo gravissimo attacco alla libertà di informazione online come, sembra, si accingono a tentare di fare i Senatori Vita e Vimercati, presentando dei contro-emendamenti.

Si vota, in Commissione Giustizia, al Senato, Martedì. Fino ad allora, l’imperativo categorico è parlare della questione il più possibile perché, almeno, nessuno, il giorno dopo, in Parlamento, possa dire che non si era accorto di quanto stava per accadere.

Di bavagli al web, nel secolo della Rete, non vogliamo più sentir parlare.

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