Un portale di open data, simbolo della trasparenza delle istituzioni, che nasce paradossalmente sotto il segno dell’opacità. È quello che succede a Milano, dove il Comune ha da poco inaugurato il sito dati.comune.milano.it, mettendo a disposizione di cittadini, giornalisti e aziende decine di database municipali, dalle banche dati elettorali degli ultimi trent’anni ai dettagli sui servizi pubblici locali (la promessa è quella di arricchire periodicamente gli archivi). Si tratta di un’iniziativa importante, almeno in teoria. Peccato che la gestione dell’intera vicenda non sia stata altrettanto limpida. Nel presentare il progetto, il 2 ottobre scorso, l’assessore allo Sviluppo economico milanese, Cristina Tajani, dichiarava che il tutto era stato realizzato “all’interno del Comune, valorizzando le competenze presenti nell’amministrazione”.
Però, guardando più a fondo, si scopre che Palazzo Marino si è appoggiato a una struttura esterna, una grande azienda informatica pubblica. Aspetto che non ha reso noto. A questo si aggiunge che l’ente in questione, il Consorzio Sistemi Informativi (Csi) della Regione Piemonte, si trova in fase di ristrutturazione societaria, e le prospettive più probabili, quelle di un suo scorporo o privatizzazione, si rifletterebbero sulla gestione degli open data, milanesi e non solo, in modi non ancora prevedibili. Non è tutto: anche sul titolo della collaborazione tra Milano e la in-house informatica della Regione Piemonte restano punti poco chiari. Sebbene Tajani faccia riferimento alle “norme che prevedono il riuso dei sistemi informatici tra soggetti pubblici”, e sia dal Csi Piemonte che da Palazzo Marino si parli di “scambi” gratuiti, rimangono comunque dubbi sui costi dell’operazione, e sulla mancanza di documenti pubblici che sanciscano l’accordo e l’avvio della partnership. E Guido Albertini, oggi numero uno della Direzione sistemi informatici e agenda digitale del Comune, fino allo scorso dicembre lavorava proprio per il Csi, come direttore dei progetti internazionali.
La presenza di Csi Piemonte, sin dai primi giorni del portale, era visibile anche per gli utenti. Infatti fino a pochi giorni fa, chi lasciava quesiti o commenti sulle pagine del portale del Comune di Milano, non riceveva le notifiche di risposta dal “Settore Dati Comune di Milano” ma dal “Portale del riuso” (con mail mailbox.opendatamilano@csipiemonte.it). Si tratta di un sito di open data della Regione Piemonte, che utilizza un software creato dal Csi. Lo stesso software disponibile in open source, si legge tra le pagine del portale, è utilizzato anche dal Comune di Milano. Il presidente del Csi Piemonte, Roberto Moriondo, conferma: “Noi abbiamo elaborato una piattaforma software per gestire gli open data, e poi l’abbiamo ceduta al Comune di Milano, in modo gratuito, come prevede il Codice dell’amministrazione digitale”. E perché i dati meneghini sono ospitati su un server del Csi? “Si tratta di una situazione temporanea, adottata da Milano per partire in tempi brevi con il progetto, e che presto sarà aggiustata”, dice Moriondo.
Facendo le stesse domande a Palazzo Marino, Albertini risponde: “A fronte di questo scambio il Comune di Milano metterà a sua volta a disposizione propri software applicativi sempre seconde le logiche del riuso”. Intanto, però, non è stato chiarito se questi “scambi” tra Milano e il Piemonte siano avvenuti davvero a costo zero, e in nessuna nota ufficiale si citano bandi o contratti con cui ricostruire l’intero iter della ‘collaborazione’ a cui, peraltro, il Comune di Milano, inaugurando il suo portale, non ha fatto cenni espliciti. Una ragione di questo silenzio si può forse far risalire alle condizioni in cui versa il Csi Piemonte, società da 12mila dipendenti e 160 milioni di euro di fatturato annuo, la quale sta attraversando un difficile periodo di ristrutturazione generale, tra esuberi e trasferimenti, proteste e scioperi. E allora, cosa succederebbe se il Csi dovesse essere privatizzato o scorporato, eventualità assai probabili sul medio periodo? In che mani finirebbero i vari dati pubblici, tra cui quelli del Comune di Milano? È un problema avvertito a Torino, con particolare riguardo per la gestione della sanità locale. Eppure, pressoché sconosciuto a Milano.
Tecnologia
Milano, esordisce il portale ‘open data’ del Comune. Con poca trasparenza
L'amministrazione Pisapia ha messo a disposizione online decine di database municipali. Ha dichiarato che il sito è stato realizzato con risorse interne, ma in realtà si è appoggiato a una grande azienda informatica della Regione Piemonte, senza fare chiarezza sui costi
Un portale di open data, simbolo della trasparenza delle istituzioni, che nasce paradossalmente sotto il segno dell’opacità. È quello che succede a Milano, dove il Comune ha da poco inaugurato il sito dati.comune.milano.it, mettendo a disposizione di cittadini, giornalisti e aziende decine di database municipali, dalle banche dati elettorali degli ultimi trent’anni ai dettagli sui servizi pubblici locali (la promessa è quella di arricchire periodicamente gli archivi). Si tratta di un’iniziativa importante, almeno in teoria. Peccato che la gestione dell’intera vicenda non sia stata altrettanto limpida. Nel presentare il progetto, il 2 ottobre scorso, l’assessore allo Sviluppo economico milanese, Cristina Tajani, dichiarava che il tutto era stato realizzato “all’interno del Comune, valorizzando le competenze presenti nell’amministrazione”.
Però, guardando più a fondo, si scopre che Palazzo Marino si è appoggiato a una struttura esterna, una grande azienda informatica pubblica. Aspetto che non ha reso noto. A questo si aggiunge che l’ente in questione, il Consorzio Sistemi Informativi (Csi) della Regione Piemonte, si trova in fase di ristrutturazione societaria, e le prospettive più probabili, quelle di un suo scorporo o privatizzazione, si rifletterebbero sulla gestione degli open data, milanesi e non solo, in modi non ancora prevedibili. Non è tutto: anche sul titolo della collaborazione tra Milano e la in-house informatica della Regione Piemonte restano punti poco chiari. Sebbene Tajani faccia riferimento alle “norme che prevedono il riuso dei sistemi informatici tra soggetti pubblici”, e sia dal Csi Piemonte che da Palazzo Marino si parli di “scambi” gratuiti, rimangono comunque dubbi sui costi dell’operazione, e sulla mancanza di documenti pubblici che sanciscano l’accordo e l’avvio della partnership. E Guido Albertini, oggi numero uno della Direzione sistemi informatici e agenda digitale del Comune, fino allo scorso dicembre lavorava proprio per il Csi, come direttore dei progetti internazionali.
La presenza di Csi Piemonte, sin dai primi giorni del portale, era visibile anche per gli utenti. Infatti fino a pochi giorni fa, chi lasciava quesiti o commenti sulle pagine del portale del Comune di Milano, non riceveva le notifiche di risposta dal “Settore Dati Comune di Milano” ma dal “Portale del riuso” (con mail mailbox.opendatamilano@csipiemonte.it). Si tratta di un sito di open data della Regione Piemonte, che utilizza un software creato dal Csi. Lo stesso software disponibile in open source, si legge tra le pagine del portale, è utilizzato anche dal Comune di Milano. Il presidente del Csi Piemonte, Roberto Moriondo, conferma: “Noi abbiamo elaborato una piattaforma software per gestire gli open data, e poi l’abbiamo ceduta al Comune di Milano, in modo gratuito, come prevede il Codice dell’amministrazione digitale”. E perché i dati meneghini sono ospitati su un server del Csi? “Si tratta di una situazione temporanea, adottata da Milano per partire in tempi brevi con il progetto, e che presto sarà aggiustata”, dice Moriondo.
Facendo le stesse domande a Palazzo Marino, Albertini risponde: “A fronte di questo scambio il Comune di Milano metterà a sua volta a disposizione propri software applicativi sempre seconde le logiche del riuso”. Intanto, però, non è stato chiarito se questi “scambi” tra Milano e il Piemonte siano avvenuti davvero a costo zero, e in nessuna nota ufficiale si citano bandi o contratti con cui ricostruire l’intero iter della ‘collaborazione’ a cui, peraltro, il Comune di Milano, inaugurando il suo portale, non ha fatto cenni espliciti. Una ragione di questo silenzio si può forse far risalire alle condizioni in cui versa il Csi Piemonte, società da 12mila dipendenti e 160 milioni di euro di fatturato annuo, la quale sta attraversando un difficile periodo di ristrutturazione generale, tra esuberi e trasferimenti, proteste e scioperi. E allora, cosa succederebbe se il Csi dovesse essere privatizzato o scorporato, eventualità assai probabili sul medio periodo? In che mani finirebbero i vari dati pubblici, tra cui quelli del Comune di Milano? È un problema avvertito a Torino, con particolare riguardo per la gestione della sanità locale. Eppure, pressoché sconosciuto a Milano.
MANI PULITE 25 ANNI DOPO
di Gianni Barbacetto ,Marco Travaglio ,Peter Gomez 12€ AcquistaArticolo Precedente
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Roma, 18 feb. (Adnkronos) - Martedì 25 alle ore 15.30 si svolgeranno le commemorazioni dell'Ambasciatore Attanasio e del carabiniere Iacovacci. Poi il primo punto all'ordine del giorno è la mozione di sfiducia a Daniela Santanchè.
(Adnkronos) - La sede opportuna, ha sottolineato Ciriani, "è il Copasir che è un organo del Parlamento e non del governo, ed è presieduto da un componente delle opposizioni. E' quella la sede in cui il governo fornisce tutte le informazioni del caso: oggi è stato audito Valensise, la settimana scorsa Caravelli e la prossima settimana sarà audito Frattasi. Da parte del governo non c'è alcun volontà di non dare informazioni, ma di darle nelle sedi opportune".
E anche sulla richiesta delle opposizioni di sapere se Paragon sia stato utilizzato dalla polizia penitenziaria, Ciriani ribadisce che saranno date "riposte nelle sedi opportune. C'e' un luogo in cui dare risposte e un altro luogo in cui non si possono dare, ma questo è la legge a disporlo, non è il governo". Infine viste le proteste dei gruppi più piccoli che non sono rappresentati nel Copasir, Ciriani ha ricordato che "è la legge che lo prevede, non dipende dal governo".
Roma, 18 feb. (Adnkronos) - Martedì 25 al mattino si terrà discussione generale sulla mozione di sfiducia al ministro Carlo Nordio. Lo ha stabilito la conferenza dei capigruppo della Camera.
Roma, 18 feb. (Adnkronos) - La conferenza dei capigruppo ha stabilito che domani dalle 18 votazione si svolgerà la chiama per la fiducia sul dl Milleproroghe. Le dichiarazioni di voto inizieranno alle 16 e 20. Il voto finale sul provvedimento è previsto per giovedì.
Roma, 18 feb. (Adnkronos) - Le opposizioni protestano con il governo e con il presidente della Camera Lorenzo Fontana sulla mancata interrogazione al question time sul caso Paragon. "Il governo si sottrae al confronto con il Parlamento. Siamo totalmente insoddisfatti sulle motivazioni apportate dal ministro Ciriani" che ha ribadito come il governo ritenga "non divulgabili" le informazioni sul caso, ha detto la presidente dei deputati Pd, Chiara Braga, al termine della capigruppo a Montecitorio. "E abbiamo chiesto anche al presidente Fontana di rivalutare la sua scelta".
"Il governo ha avuto l'atteggiamento di chi è stato preso con le mani nella marmellata: tutti hanno parlato, ma ora che abbiamo chiesto se lo spyware fosse utilizzato dalla polizia penitenziaria scatta il segreto...", osserva il capogruppo di Iv, Davide Faraone. Per Riccardo Magi di Più Europa si tratta "di un altro colpo alle prerogative del Parlamento. Si toglie forza a uno dei pochissimi strumenti che si hanno per ottenere risposte dal governo".
Roma, 18 (Adnkronos) - "Si tratta di informazioni non divulgabili" e come tali "possono essere divulgate solo nelle sedi opportune" come il Copasir. Lo ha detto il ministro Luca Ciriani al termine della capigruppo alla Camera a proposito delle interrogazioni al governo da parte delle opposizioni sul caso Paragon. "Da parte del governo non c'è alcun volontà di non dare informazioni, ma di darle nelle sedi opportune".
Milano, 18 feb. (Adnkronos) - "Sono molto sollevato per la decisione del giudice Iannelli che ha escluso la richiesta di arresti domiciliari a mio carico. Ciò mi permette di proseguire il mio lavoro di architetto e anche di portare a termine l’incarico di presidente di Triennale e di docente del Politecnico di Milano". Lo afferma Stefano Boeri dopo la decisione del gip di Milano che ha disposto un'interdittiva che gli vieta per un anno di far parte di commissioni giudicatrici per procedure di affidamento di contratti pubblici.
L'archistar è indagato insieme a Cino Paolo Zucchi e Pier Paolo Tamburelli per turbativa d'asta nell'inchiesta per la realizzazione della Beic, la Biblioteca Europea di Informazione e Cultura. "Ribadisco la mia piena fiducia nel lavoro della magistratura e non vedo l’ora di poter chiarire ulteriormente la mia posizione. Non nascondo però la mia inquietudine per tutto quello che ho subito in queste settimane e per i danni irreversibili generati alla mia vita privata e professionale" conclude Boeri in una nota.