“Non ho letto i giornali, non ho niente da dire”. Il presidente dell’Associazione Bancaria Italiana, Giuseppe Mussari, ha risposto così ai giornalisti a proposito di quanto ha scritto stamattina il Giornale secondo il quale lo stesso Mussari, già presidente del Monte dei Paschi di Siena, sarebbe stato iscritto nel registro degli indagati nell’ambito dell’inchiesta sull’acquisizione di Banca Antonveneta da parte della storica banca senese oggi in una situazione finanziaria disastrosa che ha visto lo Stato intervenire in due tempi con corposi aiuti pubblici.

Colpa, in buona parte, proprio della sconsiderata acquisizione di Banca Antonveneta per 9 miliardi di euro dal  Banco Santander Central Hispano del banchiere vicino all’Opus Dei, don Emilio Botin, operazione datata 2007  che aveva fatto registrare  un guadagno netto di quasi 3 miliardi in pochi agli spagnoli, che a loro volta avevano comprato l’istituto di Padova da pochi mesi per 6,6 miliardi. L’acquisizione, finita nel mirino dei magistrati la scorsa primavera –  manipolazione del mercato ed ostacolo alle funzioni delle autorità di vigilanza i reati ipotizzati dalla procura senese in relazione alle operazioni finanziarie di reperimento delle risorse necessarie – era stata portata avanti da Siena quando le redini del gruppo erano nelle mani dell’attuale presidente di Abi, Giuseppe Mussari.

Tra gli elementi più che sospetti dell’operazione, il fatto che venne decisa senza un’accurata verifica dei conti  (in gergo due diligence), come ricordato durante l’assemblea annuale della banca della scorsa primavera, quando il presidente del collegio sindacale, Tommaso Di Tanno ha detto che “il valore patrimoniale della banca era di 2,3 miliardi e fu acquistata per 9 miliardi. Non entro nel merito se il prezzo di 9 miliardi era appropriato” e ha ricordato appunto che la due diligence preventiva sulla banca veneta “non fu fatta”, tuttavia i dati “risultarono veritieri”.  Il Giornale, poi, parla di “indiscrezioni tutte da dimostrare di un altro bonifico partito lo stesso giorno (dell’acquisizione, ndr) per la Spagna”.

E ora, a cinque anni di distanza, la più antica banca del mondo si ritrova con l’azionista principale, la Fondazione Monte dei Paschi di Siena, praticamente in ginocchio dopo aver speso buona parte delle sue risorse nel vano tentativo di sostenere e mantenere il controllo dell’istituto che ha chiuso i primi sei mesi dell’anno con un rosso di 1,61 miliardi di euro e dopo aver beneficiato dei Tremonti-bond è ora costretta a far ricorso ai Monti-Bond. Si tratta di 3,4 miliardi, per i quali serve però il via libera di Bruxelles che è atteso entro la fine dell’anno. E che, visto l’andamento dei conti, verranno molto probabilmente ripagati in azioni, con lo Stato che ne diventerà socio di minoranza.

Accanto ai nuovi azionisti che dovrebbero entrare in scia all’aumento di capitale varato martedì 9 tra le proteste dei piccoli azionisti dal nuovo presidente di Mps, Alessandro Profumo, lo stesso che fu cacciato da Unicredit per aver fatto salire i libici nell’azionariato della banca milanese all’insaputa degli altri grandi soci e che ha più volte ha ricordato che da amministratore delegato della banca milanese  si era rifiutato di comprare Antonveneta “perchè mi sembrava troppo cara” anche se ora, in Mps, non ritiene ci siano elementi per un’azione di responsabilità verso chi l’operazione l’ha invece fatta. 

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