Ho avuto la fortuna di conoscere don Maurizio Patriciello quest’estate. Ho passato con lui un intero pomeriggio. Sono arrivato a Caivano senza sapere nulla di lui e – soprattutto – di quella realtà. Appena sceso dalla macchina mi è venuto da ridere. Io, torinese, non ero mai stato a nord di Napoli e mi sono sentito catapultato fuori dal mondo. Mi sono messo a ridere, ho pensato a Claudio Bisio in “Benvenuti al Sud” che indossa un giubbotto antiproiettile prima di partire per la Campania. Ho riso un po’ di meno quando, mentre aspettavo don Maurizio fuori dalla chiesa, mi sono sentito, diciamo così, “osservato” con una certa insistenza.
Ho smesso di ridere quando ho incontrato don Patriciello. Ho visto le ceneri dei roghi di rifiuti smaltiti illegalmente dovunque, ho visto i cumuli di copertoni pronti a bruciare anche di fronte alla chiesa, messi lì anche a mo’ di avvertimento. Ho respirato l’odore acre della diossina che la gente di Caivano e di decine di altri comuni è costretta a respirare ogni giorno. Ho visto don Maurizio passarsi un fazzoletto bianco sulla fronte sudata. Me lo ha mostrato subito dopo, era nero: “E guarda che oggi ho già fatto due volte la doccia”, ha tenuto a precisare sorridendo. Ma soprattutto ho visto la gente della sua parrocchia in fila per un pacco di pasta e qualche altro genere alimentare. Negli occhi di molti mi è sembrato di vedere piantata la secolare rassegnazione di questa gente di Sud. Rassegnazione che don Maurizio prova a smussare continuamente, senza proclami roboanti, ma solo con una carezza, una battuta di spirito e una parola di comprensione.
Di ciascuno di loro mi raccontava con discrezione la storia: “A volte non ho nemmeno il coraggio di guardarli in faccia – raccontava – nel Vangelo c’è scritto di dare da mangiare agli affamati e da bere agli assetati. Questo forse lo facciamo ancora, ma l’aria? Senza cibo si può resistere anche per giorni, ma senza aria si muore ogni minuto”. Ho avuto la netta impressione che quella gente abbia solo don Maurizio con cui parlare. Il resto è solo fumo nero di roghi e di assenza. Assenza di bellezza, di responsabilità, di Stato. Don Maurizio Patriciello è la voce pulita del quartiere “città verde” di Caivano, una zona in cui uno studio commissionato nel 2008 dalla marina militare degli Stati Uniti proibisce (non sconsiglia, proibisce!) ai cittadini americani di risiedere. Una voce che don Maurizio porta continuamente in giro perché non è possibile rassegnarsi a vivere in mezzo a una discarica abusiva a cielo aperto. Lo ha fatto anche ieri, in Prefettura, a Napoli. Ed è stato umiliato pubblicamente così dal prefetto di Napoli.
Ho provato subito – come tanti altri immagino – una gran rabbia. Poi ho pensato al sorriso di don Maurizio e mi piace pensare che sia uscito sghignazzando, sentendosi come l’involontario protagonista di un film alla Totò. La performance del prefetto è tanto avvilente quanto cinematografica ed è già un tormentone della rete. Ora sarà molto più difficile far finta di non sentire la voce della parrocchia di Città Verde. Sì, forse don Maurizio è davvero uscito sghignazzando.