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L’Italia per le Nazioni Unite: libertà di informazione come in Iran

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E’ uguale a zero il valore che i nostri governanti – passati e presenti – danno alla libertà di informazione che, evidentemente, ritengono più un fastidio dal quale difendersi che non un indispensabile strumento di promozione e garanzia della democrazia nel nostro Paese.

A condurre ad un tanto duro giudizio non è la paradossale vicenda – pure di per sé significativa – del disegno di legge sulla diffamazione, nato per proteggere la libertà dei giornalisti e finito con l’imbavagliarli in via preventiva, ma quanto emerge dalla relazione che nelle prossime ore il Relatore Speciale per la promozione e tutela della libertà di informazione, Frank La Rue presenterà alle Nazioni Unite.

La Relazione è dedicata alle misure spesso censoree attraverso le quali, in molti Paesi al mondo, i Governi hanno scelto di combattere il fenomeno del c.d. hate speaking.

All’Italia è dedicata una sola riga, nell’introduzione della Relazione.

Si tratta, tuttavia, di un pugno di caratteri straordinariamente e drammaticamente significativi.

Il Relatore Speciale, infatti, cita l’Italia tra i Paesi nei quali, benché abbia fatto richiesta al governo di un invito quale osservatore per verificare lo stato della libertà di informazione, non ha ancora ottenuto risposta.

Assieme al nostro Paese, solo l’Iran, la Thailandia, lo Sri Lanka, la Tunisia, l’Uganda il Venezuela e la Bolivia.

Hanno, invece, risposto alle richieste di invito ed invitato il Relatore speciale, solo per citare i più recenti, l’Algeria, Israele ed i territori occupati della Palestina, l’Honduras il Pakistan e l’Indonesia.

Non noi. Non l’Italia i cui governanti, evidentemente – e, forse, a ragione – sono seriamente preoccupati dalle conclusioni cui le Nazioni Unite potrebbero pervenire qualora fossero poste nella condizione di osservare da vicino regole e politiche che governano il sistema dell’informazione nel nostro Paese.

La richiesta di invito, ad oggi ancora senza una risposta – neppure negativa – è datata 2009, quando a Palazzo Chigi sedeva Silvio Berlusconi.

Comprensibile, forse, la resistenza del Cavaliere a non inserire nell’elenco dei suoi tanti invitati eccellenti come l’ex leader libico Gheddafi o il fedele amico russo Vladimir Putin, anche il relatore speciale delle nazioni unite.

Meno facile – anzi davvero difficile – accettare l’idea che eguale silenzio è stato riservato alla richiesta delle Nazioni Unite dal governo del Professor Monti che non solo non ha avvertito l’esigenza di riscontrare la richiesta di invito rimasta inevasa sulla scrivania del suo ministro degli esteri ma ha, addirittura, ostinatamente scelto di restare sordo alla nuova richiesta indirizzatagli dallo stesso Relatore Speciale delle nazioni unite nell’aprile dello scorso anno allorquando, in Italia, si discuteva dell’annosa questione delle nomine dei componenti delle Autorità indipendenti.

Un silenzio assordante ed un gesto ingiustificabile nel sistema della diplomazia internazionale.

Siamo un Paese che continua deliberatamente a sottrarsi ad un osservatore internazionale che chiede di verificare quale sia la condizione della libertà di informazione esattamente come fanno alcuni regimi totalitari.

Da noi, la libertà di informazione vale zero e da domani, grazie all’inaccettabile comportamento del governo Berlusconi prima e del governo Monti dopo, lo sapranno tutti i Paesi i cui rappresentanti siedono nell’assemblea delle Nazioni Unite.

Un altro caso Italia ed un’altra vergogna tricolore.

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