Con questo articolo – poche ore prima di conoscere i risultati delle elezioni in Sicilia, per le quali tutti parlano di «incognita M5S» – comincio a pubblicare alcune osservazioni sul linguaggio e lo stile di comunicazione di Beppe Grillo. È da tempo che volevo approfondire l’argomento, non soddisfatta né dalla rappresentazione folcloristica che spesso ne danno i media, né dall’etichetta di «antipolitica» con cui molti, anche nel mondo accademico, tendono a liquidare il Movimento 5 Stelle. Comincio dall’uso che Grillo fa del corpo, cruciale per come comunica sul territorio (teatri, piazze, strade), ma anche per i numerosissimi video che circolano su internet.
Grillo usa il corpo sempre in modo estremo: non afferma, esclama; non parla, grida fino a perdere la voce; non suda, s’inzuppa; non gesticola, si scompone. Inoltre sul palco non si limita a camminare, ma lo percorre a grandi falcate da un lato all’altro, o addirittura corre; non si limita a rivolgersi agli spettatori, ma si piega a novanta gradi, s’abbassa, si sporge oltre eventuali sbarre e transenne, come se volesse tuffarsi nel pubblico. Analogamente nelle videointerviste: con la testa sempre protesa, pare che voglia letteralmente (e non solo metaforicamente) bucare lo schermo, fino a raggiungerci in casa.
E poi la faccia: sempre mobilissima, sempre pronta a trasformare ogni emozione in maschera di teatro, sempre capace di passare in un lampo dal comico al tragico, dall’euforico al disforico e viceversa. Andata e ritorno, andata e ritorno. Rabbia, allegria, stupore, dolore sono le emozioni che più spesso gli leggiamo in faccia: rabbia per le storture della politica, dell’economia, della “casta”; dolore empatico per le conseguenze che le storture provocano nella nostra vita; stupore quando le storture sono così esagerate «da non crederci»; e infine allegria quando dice o fa cose che fanno ridere: ridono gli altri e lui per primo, assieme a loro.
Buffone, guitto, guru, santone: sono questi gli appellativi con cui di solito i detrattori di Grillo svalutano l’uso emotivamente pregnante che lui fa del corpo, fin quasi alla caricatura (non a caso le sue caricature non solo proliferano, ma sono prodotte dallo stesso Grillo). I detrattori però dimenticano che il corpo è fondamentale per tutta la comunicazione politica (lo diceva già Cicerone, nel I sec. a.C., parlando di actio, che è la performance in pubblico). E dimenticano che Grillo lo usa solo in modo più vivace, intensivo e consapevole di molti politici italiani, facendo leva, oltre che su indubbie doti naturali, sulla lunga esperienza di attore comico.
Va perciò ricordato – mai dimenticarlo – che Grillo non è un politico, ma un uomo di spettacolo, e che non si candida – lo ribadisce di continuo – né mai si candiderà a nulla, ma vuole solo fungere da «aggregatore» di risorse e attenzione mediatica, affinché possano farlo i cittadini stessi. E dopo averlo ricordato, vale però comunque la pena chiedersi: che funzione svolge, cosa significa quest’uso tutto particolare del corpo?
Serve anzitutto a conferire autenticità a ciò che dice. Se chi parla mostra di essere emotivamente coinvolto mentre lo fa, è più probabile che sia considerato sincero. Se poi per giunta mostra di essere molto coinvolto, è più probabile che le persone credano che ciò che dice non solo rispecchi realmente le sue convinzioni (è sincero), ma corrisponda a quel che di fatto accade nel mondo (dice la verità). Con tutta l’energia che ci mette, saprà ben quel che dice, viene da pensare.
Ma l’uso estremo del corpo serva anche a conferire autenticità alle azioni, non solo alle parole di Grillo. L’abbiamo visto da poco, con la traversata a nuoto dello stretto. Gli interpreti più superficiali hanno paragonato Grillo a Mao, dimenticando che è stato lui stesso il primo a farlo, in un video del 24 aprile scorso, intitolato “Grillo meglio di Mao”, che mostrava il comico allenarsi in piscina. Altri hanno ripescato per l’occasione il confronto ricorrente con Mussolini, trascurando a loro volta che è lo stesso Grillo a fare sempre autoironia sul tema, quando sul palco urla a petto infuori «I-ta-lià-ni!».
In realtà attraversando a nuoto lo stretto di Messina Grillo ha usato il corpo come una metafora, per significare una cosa precisa, che ha ripetutamente spiegato in tutte le tappe del tour siciliano: se un uomo di 64 anni, anziano e con la pancia, può attraversare lo stretto di Messina a nuoto mettendoci 1 ora e 20 («venti minuti meno del traghetto, cazzo!»), cioè può farcela nonostante i bookmaker scommettessero 1 a 15 contro di lui, ebbene può farcela solo perché si è allenato duramente («mi sono allenato sei mesi!»), ma questo vuol dire semplicemente che «se uno vuol portare a casa un risultato lo porta, cazzo!». Allo stesso modo anche i siciliani – e gli italiani – possono riuscire nell’impresa da tutti considerata impossibile di cambiare politica e classe dirigente, ma si devono impegnare e preparare duramente per farlo, e devono farlo in prima persona con tutti loro stessi, corpo incluso. È questo che significa per Grillo la metafora della traversata a nuoto. Capiremo fra qualche ora se e come i siciliani l’hanno recepita. Continua (1).