Il ddl anticorruzione è diventato legge. L’approvazione definitiva è arrivata stamattina alla Camera, dopo che ieri l’aula aveva votato la fiducia al governo sul provvedimento. Contro il ddl ha votato l’Idv, mentre la Lega, che ieri ha votato no alla fiducia, ha detto sì al provvedimento. Astenuti i radicali e Alfredo Mantovano (Pdl), in dissenso dal proprio gruppo. I sì sono stati 480, i voti contrari 19 e gli astenuti 25. Tra questi ultimi 10 deputati Pdl, un parlamentare della Lega, 3 di Popolo e Territorio, 4 del Gruppo Misto e, appunto, i Radicali.
L’Idv ha ribadito la sua contrarietà a un testo – frutto di un’estenuante contrattazione politica tra il ministro della Giustizia Paola Severino e un Pdl refrattario a norme troppo dure – giudicato inefficace nella lotta al sistema delle mazzette. “Rivolgo un accorato appello al Capo dello Stato affinché rimandi” la legge “al Parlamento per la rilettura”, ha affermato il leader Antonio Di Pietro nel suo intervento in aula, perché così com’è la legge “è un raggiro per fini elettorali”, “un’amnistia mascherata“. Lo stesso ministro Severino, ha aggiunto Di Pietro, “ha detto pubblicamente che trattasi di un compromesso politico, di una legge chiamata anticorruzione ma formulata in questo modo altrimenti non sarebbe stata approvata”. Il Guardasigilli, dunque, “disconosce questo provvedimento” e “chiede un voto di fiducia su un compromesso politico”.
Tra le principali novità della nuova legge, l’aumento delle pene per reati come il peculato e l’abuso d’ufficio, la discussa riforma della concussione in due distinte fattispecie, i nuovi reati di corruzione tra privati e di traffico d’influenze. Innovazioni che però non hanno affatto convinto tutti, a cominciare dai protagonisti della lotta alle mazzette, come Piercamillo Davigo, consigliere di Cassazione e, da pm, protagonista dell’inchiesta Mani pulite. A legge approvata, si aggiunge un duro intervento di Magistratura indipendente, la corrente delle toghe moderate: ”E’ stato un errore mettere la fiducia sul ddl anti corruzione e non tener conto dell’apporto costruttivo e tecnico proveniente dalla magistratura, che ha fornito tanti spunti per rendere l’intervento efficace, ma evidentemente non hanno suscitato l’interesse della politica” afferma il segretario generale Cosimo Maria Ferri, che usa le stesse parole di Di Pietro. “Con questo intervento legislativo, si è introdotta un’amnistia mascherata, molti processi verranno conclusi con una declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione”. Inoltre “per quanto riguarda il reato di concussione per induzione, che nella prassi è l’ipotesi più diffusa – prosegue – sono stati ridotti i limiti edittali e conseguentemente i termini della prescrizione”.
Il provvedimento contiene inoltre una delega al governo per varare entro un anno l‘incandidabilità a tutti gli incarichi elettivi dei condannati in via definitiva per reati gravi, in particolare mafia e contro la pubblica amministrazione. Per gli altri reati le condanne previste sono quelle oltre i tre anni, altro punto che ha scatenato polemiche, data la relativa facilità di ottenere condanne inferiori, anche attraverso il patteggiamento, per i crimine dei “colletti bianchi”.
Ma su quest’ultimo punto il governo promette un’accelerazione: “Con il ministro Patroni Griffi e il ministro Cancellieri ho ritenuto di poter raffigurare in parlamento che da parte del governo c’e’ l’intenzione di riempire immediatamente la delega”. Il ministro risponde anche indirettamente alle accuse di Di Pietro: “Si può sempre fare di più, ma non ci sono stati compromessi politici al ribasso. In questo provvedimento si doveva regolare il fenomeno della corruzione”. Sulle altre materie rimaste fuori, in particolare prescrizione, falso in bilancio, voto di scambio e autoriciclaggio c’è “la seria intenzione del governo dare un contributo”.
“Ho votato a favore” ha commentato in aula il senatore leghista Umberto Bossi, “è un buon passo. La fiducia è una cosa, la legge è un’altra”.